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Mi piacerebbe condividere con voi, cari lettori e lettrici di “Missionari Saveriani”, un po’ della mia esperienza missionaria nelle Filippine, il grande arcipelago situato nel sud-est asiatico, con straordinarie bellezze naturali. A parte Timor Est, questa è l'unica nazione a maggioranza cristiana in Asia, eredità di quattrocento anni di colonizzazione spagnola.

Dalle campagne alla metropoli

Sono un saveriano di 46 anni, originario del Brasile. Sono nelle Filippine dal 1997, e ho sempre vissuto nella grande Metro-Manila, immensa metropoli con oltre 12 milioni di persone che definirei una “foresta elettronica”. Qui s’incontra tutto quello che c’è di più avanzato nel mondo della tecnologia e delle nuove attrazioni, dal mercato nero della pirateria fino al lusso dei Lamborghini.

A Manila la gente viene da tutte le isole in cerca di opportunità e di una vita migliore. La vita nelle campagne dell'interno è molto difficile, senza alcun conforto e con poche speranze di miglioramento. Arrivando in città, le persone si accumulano nelle periferie e per sopravvivere fanno quello che possono. È in mezzo a tale realtà di periferia che ho vissuto tutti questi anni.

Il vangelo nelle periferie

Qui ho imparato molte cose. Per esempio, mi sono reso conto che oggi la sfida più grande della chiesa è quello di evangelizzare le masse nei centri urbani e nelle periferie delle grandi città. In questa “foresta elettronica”, infatti, la gente smarrisce il senso e la direzione della vita e si sradica dalla propria cultura tradizionale.

Le famiglie si disintegrano facilmente, la religione perde significato e Dio viene dimenticato. È proprio questa massa umana che ha bisogno di missionari evangelizzatori.

Migliaia di persone purtroppo lasciano la pratica della chiesa ogni anno; questo potrebbe essere evitato se conoscessero veramente l'insegnamento del vangelo. Ma a volte la chiesa non riesce a compiere la sua missione, perdendo tempo, energie e risorse in tanti altri dettagli.

In tal modo, le persone che si sentono aride vanno a saziarsi in altri luoghi. La vera sfida missionaria non sta tanto nelle isole remote o nelle foreste dell’arcipelago, ma nel mare di umanità che si perde ogni giorno in queste immense e anonime periferie delle città.

La missione è la comunità

Ho imparato anche che io personalmente non ho una missione “mia”. La missione è di Dio e di Gesù.

Noi saveriani siamo solo al servizio di questa chiesa missionaria. Missionario non è solo l'individuo, ma la comunità. La testimonianza più autentica della missione non è data da una sola persona, ma da tutta la comunità. Nella complessità della realtà attuale, l'attività missionaria è veramente efficace quando è portata avanti tutti insieme, unendo le forze.

Oggi, non è più possibile che un missionario da solo sia specialista in ogni cosa. Piuttosto, è meglio che nella comunità siano in molti a specializzarsi in aree specifiche, in modo da poter offrire, anche come gruppo, una evangelizzazione di qualità.

Cerchiamo di dare l’esempio

Ho sempre fatto parte di comunità saveriane formate da persone che venivano da paesi diversi. Questa convivenza è la migliore testimonianza che noi stiamo dando anche agli altri. Quando la gente osserva un gruppo di persone (formato da vari colori e nazionalità, lingue e culture) che vivono insieme nel lavoro, nello studio, nella preghiera e nel servizio, allora si convince che è ancora possibile avere un mondo più unito, come Dio lo vuole.

Anche il nostro fondatore san Guido Conforti desiderava tutto questo quando fondò i saveriani, affinché aiutassero a trasformare il mondo in un’unica grande famiglia.



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