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Chiamati alla missione: Mettere in gioco tutta la vita

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Poche settimane fa, ho letto il libro di una teologa austriaca, Erna Putz, su un contadino che da solo osò resistere al nazismo. Il titolo del libro: Franz Jägerstätter. Un contadino contro Hitler (Editrice Berti, Piacenza 2000).

Siamo in Austria, nel febbraio del 1943, in piena guerra mondiale. Sposato, padre di tre bambine in tenera età, Franz viene chiamato alle armi nella Wehrmacht. A motivo dell'inconciliabilità tra il nazismo e la sua fede cristiana, rifiuta di indossare la divisa. Per questo viene condannato a morte e decapitato il 9 agosto 1943. Aveva 36 anni.

Non conoscevo la storia di questo contadino, la cui personalità e le cui azioni sono state apprezzate in modo controverso tanto prima quanto dopo la sua morte. Alcuni, infatti, hanno visto nella sua coerente decisione un modello di cristianesimo coraggioso. Altri lo hanno considerato un pazzo irresponsabile, che ha piantato in asso moglie e figlie.

Dalla sua storia, emerge una vicenda umana e religiosa di grande attualità, capace di orientare anche oggi il comportamento, spesso confuso, non solo dei cristiani, ma di tutti coloro che vogliono vivere con responsabilità la propria condizione di cittadini.

E' un esempio illuminante soprattutto per i giovani che faticano a discernere la loro vocazione in un tempo di incertezza come il nostro, che, sebbene più democratico di quello vissuto da Franz Jägerstätter, non offre necessariamente più capacità di assumere responsabilità e di resistere al male.

Anche in un mondo diverso da quello del nazismo, il contadino Franz può essere indicato come un esempio di vocazione umanamente e cristianamente realizzata, attraverso l'ascolto paziente della propria coscienza e della voce di Dio. Che altro, infatti, è la vocazione se non l'ascolto della propria coscienza e della voce di Dio, che ci chiamano a compiere responsabilmente la nostra missione nel mondo?

La storia di Franz lascia trasparire limpidamente che la risposta alla vocazione non è un'operazione facile, immediata, scontata, ma enormemente sofferta. Cozza, infatti, contro ciò che ha di più caro nella vita, la famiglia, moglie e figlie; contro i pastori della chiesa, che non appoggiano la sua decisione; contro i suoi stessi concittadini, di cui sente la disapprovazione, lui che era stato richiesto di diventare sindaco.

Il più delle volte, la risposta all'appello di Dio è un dialogo che si protrae nel tempo, tra paura e abbandono, tra esitazioni e certezze. Il sì a Dio non è un abbandono idillico, rassegnato, ingenuo, ma sofferto ed accompagnato dalla "notte oscura" delle incomprensioni. E' una risposta che fa maturare la fede; a volte, può invece portare ad una crisi di fede.

Mi rivolgo soprattutto ai giovani in ricerca: la vocazione mette in gioco tutta la vostra vita nei confronti del mondo circostante e voi vi mettete davanti a Dio nella vostra totalità.

Propongo a voi due agganci al vangelo di Luca 21, 1-4, per una riflessione vocazionale, da fare personalmente o in gruppo: un aggancio agli occhi di Gesù; un aggancio al cuore della vedova povera. Gli occhi di Gesù ci svelano un segreto importante: come guardare alle persone e al mondo. Il cuore della vedova ci rivela la misura del dare.

Insomma, se tu, giovane, se tu, ragazza, contempli il mondo con gli occhi di Gesù, allora puoi sperare di cambiarlo… anche come missionario o missionaria del suo vangelo. Se il tuo cuore dà tutto con gioia, anche quando crede di non dare nulla, allora puoi senz'altro metter mano all'avventura della vocazione missionaria.

A tutti, un Buon Anno… un anno vocazionalmente nuovo!



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