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GRAZIE, PADRE SAVIO, SEI STATO UN GRANDE DONO PER I PICCOLI E I POVERI

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La redazione di “Missione Oggi” si unisce al ricordo dei saveriani e delle saveriane, dei parenti e degli amici di padre Savio Corinaldesi, venuto a mancare giovedì 7 marzo 2024, in Casa Madre a Parma, dove si trovava dal 2015 per cure mediche. Originario di Jesi (AN), Savio ha vissuto la sua missione soprattutto – oltre quarant’anni – in Brasile, nella regione amazzonica, con periodi di servizio anche nella capitale, come direttore del Corso di preparazione alla missione in Brasile per missionari/e che vengono dall’estero presso il CCM (Centro Culturale Missionario) di Brasília, ma anche come direttore della PUM (Pontificia Unione Missionaria) per conto della CNBB (Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile). Era un lettore attento di “Missione Oggi”, che seguiva anche da quando, nel 2015, la malattia lo costrinse a lasciare il suo amato Brasile. 

Qui di seguito il ricordo della sorella saveriana, Elena Loi, che ha condiviso con Savio soprattutto gli anni tormentati della dittatura brasiliana, e alcuni articoli correlati firmati da Savio per la nostra rivista.

Padre Savio Corinaldesi è stato il primo missionario saveriano che ho incontrato in Brasile, quando sono arrivata la prima volta a Belém, nel settembre 1972. Lui e la mia consorella Lina Bascapè vennero da Abaetetuba all’aeroporto, senonché l’aereo arrivò un’ora prima ed io, non vedendo nessuno di mia conoscenza, presi un taxi e diedi all’autista l’indirizzo della chiesa della Mercês, dove nel retro c’era la comunità dei saveriani. Lascio immaginare il disappunto di Lina e Savio quando, giunti all’aeroporto, verificarono il mio nome tra i passeggeri arrivati, ma della sottoscritta neppure l’ombra. Dopo vane ricerche, tornarono alla Mercês e mi trovarono con doccia e colazione fatte, pronta a proseguire il viaggio per Abaetetuba. 

Furono anni turbolenti a causa della dittatura militare, ma pastoralmente ricchi, grazie al Concilio Vaticano II, a Medellín e all’Assemblea delle Chiese dell’Amazzonia. Si tentavano vie nuove per l’evangelizzazione, d’accordo con le priorità dell’Assemblea. Si passava dalla pastorale  del missionario solitario alla pastorale di equipe e quando Savio fu nominato parroco di Abaetetuba non volle svolgere da solo questo servizio, ma formò un’equipe, così da programmare e portare avanti insieme, alla pari, il piano pastorale della parrocchia (la prima equipe era formata dai padri Primo Battistini e Pino Leoni, dalle saveriane Tea Frigerio e la sottoscritta). Mise in opera la sua intelligenza, il suo equilibrio, quella buona irrequietezza che lo spingeva a non adagiarsi, ma a guardare sempre avanti, e quella sobrietà di vita, di amore e preferenza per i poveri. Fu un’esperienza nuova nella diocesi, non continuata dai successivi parroci.

Savio era uomo dell’accoglienza. Nelle sue permanenze a Brasília, più volte ebbi l’occasione di sperimentarla. Mi recavo nella capitale per motivi diversi: accompagnare alcune consorelle nei Consolati per il rinnovo dei passaporti o al CCM (Centro Culturale Missionario), partecipare ad assemblee nazionali della CRB (Conferenza dei Religiosi del Brasile) o a giornate di formazione. Per l’ospitalità mi rivolgevo a Savio, alle POM (Pontificie Opere Missionarie), dove mi faceva sentire il calore della sua fraternità attraverso gesti concreti di accoglienza e attenzione.

E come non ricordare quando, in occasione della tomada de posse (insediamento) del presidente Lula fui contattata dal presidente della sezione del PT (Partito dei lavoratori) di Cidade Tiradentes (São Paulo), per aiutarlo a trovare un luogo a Brasília per pernottare e fare una doccia. “Quanti sarete?”, gli chiesi. “Un pullman pieno”, mi rispose. Con qualche perplessità, pensai subito a Savio, per trovare una sistemazione, cosa alquanto difficile per il gran numero di gente che da tutto il paese si stava recando a Brasília per lo storico evento. Savio mi disse che ci avrebbe ospitati lui alle POM. Gli organizzatori del pullman vollero che io li accompagnassi, dal momento che nessuno di loro era mai stato a Brasília, cosa che accettai ben volentieri. Partimmo all’alba del 31 dicembre 2002 da Cidade Tiradentes con un pullman piuttosto sgangherato: donne, uomini e giovani di periferia, gente battagliera, con pochi soldi e molti sogni e aspettative dal nuovo governo, finalmente popolare.

Erano previste 13 ore di viaggio, ma il nostro pullman di periferia ne impiegò molte di più, sicché arrivammo nelle vicinanze di Brasilia verso mezzanotte, vigilia di capodanno. Preoccupata del ritardo sull’orario dato a Savio e non avendo possibilità di avvisarlo, avrei voluto che si continuasse verso il centro città, ma i companheiros vollero scendere in strada e scambiare gli abbracci augurali per l’anno nuovo. Arrivammo alle POM verso l’una di mattina e Savio era sul marciapiede davanti alla casa, a scrutare il nostro arrivo. Ci accolse con la cena pronta e si mise a servirla. Rimase con noi fino a che una parte decise di andare a visitare Brasília di notte e gli altri di concedersi alcune ore di sonno prima del grande evento.

Grazie Savio per la tua testimonianza. Sei stato un grande dono per i piccoli, per i poveri e per tutti quelli che da te si sono sentiti amati.

di Elena Loi


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