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La situazione drammatica che si sta vivendo in varie nazioni a causa del coronavirus, ci spinge a scrivere come segno di vicinanza e solidarietà a tutti. Siamo in contatto con le varie comunità e cerchiamo di seguire da vicino il corso degli eventi, con particolare attenzione alla Casa Madre e alle comunità con anziani. Tutti abbiamo dovuto rivedere alcuni aspetti della nostra vita. Quando succedono queste cose (epidemie, terremoti, stragi e massacri per cause politiche…) in altri paesi, le sentiamo molto lontane, rischiando di dare - persino alle malattie e alle tragedie - una definizione etnica. Ciò che sta succedendo oggi dovrebbe far crescere invece in noi la consapevolezza che il mondo è una casa comune. A turno, si diventa separati, rifiutati, controllati… Il coronavirus sta dimostrando che, in un mondo globalizzato, difficilmente le crisi possono essere circoscritte. La prima lezione, affatto nuova, è che solo insieme si possono affrontare le sfide e le emergenze. Il personale medico e paramedico è un esempio luminoso, perché ciascuno dia il meglio di sé stesso anche in questa prova.
Anche noi saveriani siamo nella stessa situazione. Vari confratelli, così come alcune comunità, sono stati in quarantena. Pur non necessariamente collegati a questa pandemia, in pochi giorni alcuni di loro ci hanno lasciato. Attività, incontri, ministero sono stati sospesi. Sono tempi “strani”, dove la realtà ci conduce per deserti e penitenze quaresimali inaspettati, imposti. Indubbiamente la vita ci sta mandando dei segnali forti che ci riportano alle verità fondamentali che spesso diamo per scontate e che richiedono una vera e propria conversione. Come sostenere da cristiani questa prova? Come viverla? Come possiamo renderci utili agli altri per non lasciare solo il popolo di Dio? Quale è il nostro contributo?

La nostra missione di credenti è quella di trasformare il male in occasione di bene, come la Fede solo può fare. Gli occhi della Fede non negano e non cambiano la realtà ma permettono di leggerla e comprenderla in modo diverso. La forza dell’epidemia ci ricorda la nostra estrema fragilità, di fronte alla presunzione di invulnerabilità e di onnipotenza che la scienza e la tecnologia spesso ci hanno dato.

Ricordiamoci nella preghiera, il canale che fa respirare l’anima e impedisce di essere soffocati dalla paura. Telefono, Skype, WhatsApp, social… possono diventare occasioni di incontro con amici, parenti, confratelli, persone che ci sono care… In questo modo potremo ascoltare, soffrire o rallegrarci per e con loro. Ciascuno può essere una presenza amica, una forza capace di prendersi cura, di rafforzare legami. Così, insieme, si testimonia che la vita continua. Attraverso un uso responsabile dei vari mezzi digitali, mettiamo in circolo un vaccino sociale e spirituale.



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