Messico: La vocazione missionaria
Nella famiglia saveriana si sta bene
Padre Luigino, giovane saveriano padovano, da due anni è il superiore dei circa 50 saveriani impegnati in Messico. Ci racconta perché i giovani diventano saveriani e come avviene l'attività formativa.
In Messico noi saveriani abbiamo parecchi animatori vocazionali e sono tutti giovani sacerdoti. Purtroppo pochi hanno fatto l’esperienza della missione.
Come fate ad avvicinare i giovani?
Orientare i giovani nella vocazione è una grande sfida: significa accompagnare l’individuo in un cammino di responsabilità personale. I messicani, infatti, rispondono molto facilmente alle iniziative collettive. Ma per favorire il discernimento vocazionale occorre stare con il singolo giovane, capire la sua storia e l’ambiente da cui proviene; occorre entrare in contatto con la realtà familiare e sociale, umana e religiosa di ciascuno di essi.
Stiamo lavorando molto in questa direzione, in modo che i nostri animatori diventino sempre più esperti nell’incontro personale con i giovani e sappiano utilizzare gli strumenti psicologici e pedagogici più adatti. Abbiamo organizzato il primo incontro continentale di animazione missionaria vocazionale. Vi hanno partecipato tutti i saveriani che lavorano in questo ambito in Brasile, Amazzonia, Colombia, Messico e Stati Uniti. Hanno riflettuto proprio sui contenuti e gli strumenti utili al promotore vocazionale per avvicinare i giovani che sono nella fase di ricerca.
Cosa attira i giovani a diventare saveriani?
Spesso la risposta dei giovani messicani è immediata. Sono attratti molto dallo spirito di famiglia; vi trovano un ambiente fecondo ed educativo. Lo vivono come una grande possibilità di crescita. Non che gli altri missionari non ce l'abbiano. Certo è che lo spirito di famiglia caratterizza non solo il contenuto della spiritualità saveriana, ma anche le sue manifestazioni più immediate, vivaci e dirette. Il giovane se ne rende subito conto ed è particolarmente colpito da questo modo di vivere comunitario semplice, fraterno e spontaneo.
I saveriani messicani sono un bel numero!
Sono già 120 i saveriani messicani, di cui 40 sono giovani in formazione. Questo è un fatto positivo di grande speranza, non solo dal punto di vista numerico. Le grandi doti di sensibilità e di intuizione che caratterizzano i messicani sono una ricchezza per la missione e per tutta la congregazione.
Dobbiamo fare di tutto per creare quel clima fraterno e libero che fa sentire ciascuno a suo agio e lo incoraggia a dare il meglio di sé. Dobbiamo abituarci ad accettare le diversità, a convivere nella fiducia reciproca e ad apprezzare i valori culturali altrui. Per questo occorre un buon esercizio di maturità psicologica e una buona dose di ottimismo.
Avete anche una teologia internazionale…
A Città del Messico i saveriani hanno una delle loro teologie internazionali: una comunità di giovani saveriani di varie nazionalità, che si preparano al sacerdozio. Io sono convinto che la capacità di vivere con persone di cultura diversa contribuisce notevolmente alla formazione. Questi giovani giungeranno in missione più preparati, più convinti e allenati ad accogliere le sfide che il futuro riserverà loro.
E il centro di animazione missionaria?
Il Centro Xavier, famoso in tutto il Messico, è il nostro centro di animazione missionaria. Vi lavorano p. Tiberio Munari, p. Raffaele Piras e il saveriano messicano p. Alberto Morales che ha studiato scienze delle comunicazioni. Lavoreranno insieme su un progetto a tappe, in varie fasi. Stiamo cercando di fare in modo che l’annuncio del vangelo, con qualunque mezzo avvenga - un giornalino o un libro, un semplice dépliant o una proposta educativa più articolata - sia fatto in modo adatto e comprensibile al pubblico per il quale è destinato.
Il centro si occupa anche della produzione e diffusione di libri. Vogliamo aprirci a tematiche più direttamente missionarie. Ad esempio, vorremmo aiutare le parrocchie ad essere sempre più attente ai valori della mondialità.