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La solidarietà vicina e lontana

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Sabato 10 ottobre ho partecipato al funerale di don Pierluigi Pazzi, sacerdote associato delle Case della Carità, conosciute per il simbolo dei “tre pani” che rappresentano Parola, Eucaristia e servizio. Tre caratteristiche che don Luigi ha vissuto per 44 anni nella concattedrale di Bertinoro con i suoi parrocchiani. Le Case della Carità hanno missioni dal Madagascar all’India, perché la carità non ha confini.

Avevo incontrato don Luigi l’ultima volta domenica 27 settembre nel teatrino del seminario alla conferenza sull’ospitalità di Abramo. Ci teneva che il museo interreligioso di Bertinoro avesse visitatori e fosse attivo per le scuole. 

La comunità Giovanni XXIII

Nel pomeriggio ero sceso nel chiostro di Santa Lucia a Forlì per vedere la fiera delle realtà missionarie presenti in diocesi. Mi sono fermato al tavolo dell’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII che vuole realizzare il progetto del compianto don Oreste Benzi del 1968: essere famiglia con chi non ce l’ha. Dal 1985 sostiene il diritto al cibo con il progetto Un pasto al giorno; l’altro impegno è sorto nel 1992 durante la guerra in Jugoslavia con l’operazione Colomba per proteggere le vittime civili delle guerre e favorire percorsi di pace attraverso il dialogo e la condivisione.

I progetti sostengono cooperative di lavoro, programmi di microcredito per favorire l’autosviluppo e la liberazione dall’assistenzialismo, idee di inserimento lavorativo per le persone disagiate.

Dal 2006 la Comunità Giovanni XXIII siede alle Nazioni Unite con lo status consultivo nel consiglio economico e sociale. È portavoce dei poveri nel mondo e tenta di rimuovere le cause che generano ingiustizie, disuguaglianze e miseria.

L’indifferenza del nostro vivere

Nella veglia della sera, attraverso quattro poster, abbiamo ribadito di stare dalla parte dei poveri, dei profughi, dei carcerati, delle famiglie deboli, dell’ambiente maltrattato. La richiesta del perdono è stata mimata da quattro giovani che rappresentavano casi di indifferenza: gli occhi bendati di chi non vede o non vuole vedere i deboli; gli auricolari che impediscono di ascoltare i lamenti del vicino bisognoso; il cellulare che ci impedisce di servire il prossimo; un sasso in mano per indicare il nostro cuore di pietra.

Per chiedere il dono della compassione c’è stata l’unzione delle mani con l’olio per i fedeli presenti che volevano vivere la loro missione nella chiesa.

La filosofia del dono e della relazione

Libero da impegni, dopo chiese e chiostri, nel pomeriggio ho potuto fotografare con il sole la Festa del volontariato delle Ville Unite in piazza Foro Boario a San Pietro in Vincoli. Nei vari stand, alcune associazioni come Avis, Croce rossa, Caritas parrocchiale e Acli esponevano cartelli con la richiesta di volontari. C’era anche il gruppo “Magicamente clown” che negli ospedali rallegrano pazienti grandi e piccoli. C’erano l’associazione Friedrich Schurr e l’Universitè de dialet Travarsera che faceva l’esame di dialetto romagnolo, mentre la Proloco Decimana ricordava i sapori e i gusti della tradizione. Gruppi musicali hanno animato il tardo pomeriggio, accanto allo stand di abiti da scena e all’associazione “Soloidea”, duemila idee di solidarietà per San Pietro in Vincoli.

Ogni età della nostra vita ha bisogno della filosofia del dono e della relazione, altrimenti ha ragione lo spagnolo Jaime De Armian che ha scritto

“il Clown è una delle poche cose serie di questo mondo”.

La filosofia della festa, insomma, invitava a scoprire le ragioni per cui fare la scelta del volontariato e a considerarne il valore prezioso per gli altri e per sé.



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