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La scoperta del tesoro nascosto, Intervista a p. Fernando García

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Padre Fernando ha partecipato al corso di tre mesi a Tavernerio. Serio, con il sorriso appena accennato sul volto, ha risposto in modo esauriente alle mie domande. Quando gli ho chiesto se tornerà volentieri in missione, con il sorriso sulle labbra ha risposto: “Sì, è la mia seconda patria”.

A lui e a tutti i missionari in Ciad, gli auguri di un proficuo apostolato.

Come hai scoperto la vocazione?

In seguito alla scoperta di Gesù. Avevo 15 anni, quando qualcuno mi ha aiutato a conoscere Gesù e il suo vangelo. Gesù mi ha affascinato. È stato come scoprire il tesoro nascosto. E così in me si è fatta viva e insistente la domanda: se Gesù è il tesoro, che cosa sarà di coloro che ancora non l’hanno trovato?

E sei diventato saveriano

Dopo un periodo trascorso nel seminario diocesano, a 21 anni sono entrato nella congregazione saveriana per consacrarmi alla missione. Ho completato la mia formazione in Ciad per tre anni e sono diventato sacerdote nel 1990. Per sette anni mi sono dedicato all’animazione missionaria e vocazionale in Spagna. Dal 1997 sono tornato in Ciad, nella diocesi di Pala.

Da quando i saveriani lavorano in Ciad?

L’esperienza missionaria saveriana nella diocesi di Pala è iniziata nel 1982, dopo l’espulsione dei saveriani dal Burundi. Il vescovo ci ha affidato il territorio di Gounou-Gaya, dove tre comunità continuano a lavorare anche oggi. Siamo dodici saveriani di quattro nazionalità diverse e lavoriamo in tre missioni. Nel 2003 la missione ha celebrato i 50 anni dell’arrivo degli oblati di Maria, i primi missionari che ci hanno preceduto nell’evangelizzazione. Su una popolazione di 200mila abitanti che parlano la lingua musey, soltanto il 5 per cento sono cristiani.

Com’è la situazione del Paese?

La situazione è critica. Lo Stato non riesce ad assicurare i servizi di base, come l’istruzione scolastica e la sanità. Il Ciad ha un’economia di sussistenza che dipende dal clima e si basa sulla produzione del cotone che sta attraversando una grave crisi mondiale. È a rischio anche il salario ai lavoratori e produttori del cotone.

Cosa fanno i saveriani?

Dove il cristianesimo è una piccola minoranza sono prioritari tre impegni. Il primo è la formazione di comunità cristiane adulte e responsabili, autonome a livello ministeriale ed economico. Il secondo è la formazione della famiglia nella quale si possa vivere la bellezza della vocazione cristiana. Il terzo è l’impegno per lo sviluppo umano, sociale ed economico attraverso l’istruzione, i dispensari, i granai comunitari, le casse di risparmio. Particolarmente forte è l’impegno per la giustizia e la pace.

I cristiani come vivono la fede?

Possiamo dividere i cristiani in tre gruppi. La maggioranza sono praticanti non impegnati: si sforzano di vivere la loro vita cristiana, ma manca qualcosa di più profondo. Alcuni sono cristiani di nome: coloro che sono stati battezzati, ma si fanno vedere solo a Natale e Pasqua. Infine, un 20 per cento, sono quelli che ricevono e danno. La loro fede scandisce il ritmo della vita quotidiana; considerano la chiesa come la “madre” che ha dato loro la vita. Sono la migliore espressione del laicato cattolico. A loro sono affidati i ministeri propri del laico: la catechesi, la gestione delle comunità, l’impegno per la giustizia e la pace, l’accompagnamento dei malati di Aids.

Sono difficili le conversioni?

Le difficoltà più grandi vengono dalla cultura locale: l’immagine tradizionale di Dio, la magia, il significato oscuro della malattia, la poligamia. Coloro che hanno travato in Cristo il tesoro nascosto, vivono la gioia di far parte della famiglia di Dio nella vita individuale, in famiglia e nella società.



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