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Il Burundi, una folgorazione!

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Sono andata in Burundi per la prima volta nella primavera del 2011. La mia conoscenza dell'Africa era molto parziale e si limitava a percorsi turistici. L’associazione Luson, che sostenevo, mi ha chiesto di partecipare a un viaggio, per un impegno più fattivo in qualche progetto.

A Bujumbura, ho incontrato un gruppo di ragazze disabili che aveva un sogno: aprire un atelier. E ho cominciato a sognare anch’io. Sono tornata nell’autunno dello stesso anno e tra noi si è creato un clima di fiducia, che dura solido anche oggi. L'incontro con i saveriani è stato una folgorazione... Ho avuto il privilegio di incontrare, primo fra tutti, p. Giuseppe De Cillia (scomparso nel 2015), considerato da tutti un vero santo. Poi ho conosciuto un missionario dall'aspetto dolce e il sorriso mite, ma con un vigore da vero gigante: p. Modesto Todeschi. Avevamo un comune desiderio: io di riuscire in un'impresa quasi impossibile con le mie ragazze disabili, lui aiutare i poveri ed i più deboli, come da vocazione.

Mi ha aiutato a trovare una sede più che dignitosa nella loro casa e, con entusiasmo, abbiamo cercato gli arredi, pulendo, lucidando, lavando, riciclando tutto quello che trovavamo. Ogni mattina ci accoglieva con il suo sorriso, i frutti degli alberi del giardino e con qualche abito spedito dall'Italia. Aveva sempre parole d'incoraggiamento per tutte le ragazze. P. Modesto era un riferimento, un porto sicuro nelle difficoltà. E ora, che spesso è lontano da Bujumbura, sentono la sua mancanza.
Un viaggio con lui in macchina è un'esperienza di vita, perché si ferma continuamente e carica più persone possibili per offrire un passaggio: “dobbiamo accogliere tutti, sono nostri fratelli!”.

In particolare, la sua determinazione l'ho riscontrata quando volevamo accogliere una ragazza, che viveva in montagna non lontana da Bujumbura. La famiglia si opponeva, era irremovibile, anche perché logisticamente era difficile per lei raggiungere la città... Alla fine, ci siamo messi sulla strada e abbiamo fermato tutti i motociclisti (con moto sgangherate) finché non abbiamo trovato un ragazzo disponibile ad accompagnarla ogni giorno. Oggi, Violette è una delle più brave, ha avuto una bimba ed è rispettata in famiglia.

Quando ho visitato il manicomio e un centro per disabili fisici e mentali, è stato come piombare in un girone infernale, perché le loro condizioni sono incredibili e per me inaccettabili. Le cure per questi veri derelitti sono inesistenti (eccezion fatta per alcuni fisioterapisti stranieri che operano come volontari), le strutture fatiscenti e il personale distante e anaffettivo... ln questo panorama desolante, gli unici sorrisi radiosi erano per p. Modesto, che si aggirava dando tante carezze e prendendosi cura di loro... Una via crucis di dolore, ma anche una grande testimonianza d’amore, di cui p. Modesto è l'esempio vivente! Grazie per quello che mi hai insegnato e donato. Conoscerti per me è stato un privilegio.



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