Skip to main content

Amazzonia: La professoressa geologa del Trentino

Condividi su

Vivono tra fiumi e foreste

Manaus è una città moderna, curata, con ampie distese di verde che sembrano voler abbracciare la città. Il solito caldo-umido, ma alleviato da una leggera brezza che arriva da ovest. Qui c’è la sede dei cappuccini. Le strade sono più animate del solito, per il carnevale in corso.

L’incontro con Elena Franzinelli e Juacanam è cordiale. Elena è una professoressa universitaria in pensione. Da quando aveva 18 anni, ha lasciato le valli e i monti del Trentino per vivere in Brasile. Dopo aver compiuto gli studi di scienze geologiche a San Paolo, è venuta all'università di Manaus. Per quarant’anni si è interessata di studi legati alla conoscenza delle foreste tropicali e al mantenimento degli eco-sistemi, oggi compromessi dalla deforestazione che procede a ritmi vertiginosi.

Se si rompe il rapporto con la natura

Manaus ha due milioni e mezzo di abitanti. È anche la città delle contraddizioni, soprattutto sociali, che la caratterizzano. "La città sta perdendo la propria identità", mi dice Elena, di fronte alla mia sorpresa di vedere una città pulita... "Vuole assimilare lo stile europeo. Ma dimenticare le proprie tradizioni, precisa Elena, è mettere a rischio il proprio futuro". Sul Rio Negro si affacciano alberghi lussuosi, che stridono comunque con le estese baraccopoli delle periferie, invase dai senza terra. "Parlando dell’Amazzonia in generale e di Manaus in particolare - aggiunge Elena - non ci si deve limitare a parlare delle foreste immense o dei fiumi imponenti. Bisogna soprattutto parlare di chi ci vive".

Ci si incontra, allora, con il problema dell’uomo in rapporto con la natura, alla quale vorrebbe ancora adeguarsi e camminare con il suo stesso ritmo. Quando questo rapporto si rompe, sorgono negli indio - che vivono queste terre - fenomeni di disadattamento e, peggio ancora, fenomeni di depressione. Al remo della canoa è subentrato il motore; alla lanterna a petrolio, la corrente elettrica; al tam-tam, il telefono e così via.

Ma questa invasione di prodotti moderni non si è adeguata alla sua effettiva capacità di comprenderla o dominarla. In una casa povera di periferia, ho visto un bel televisore, ma non c'era la corrente per farlo funzionare...

Elena, oltre il suo impegno culturale all’università, si è confrontata anche con questi problemi pratici. È convinta che il progresso è una condizione dello spirito; non dipende dagli oggetti che uno possiede.

In barca lungo il grande Rio Negro

Ci rechiamo al porto, di primo mattino. Ci attende un lungo viaggio in barca sul Rio Negro. Il cuore fibrilla di fronte alla massa d’acqua che avanza: un senso di grandioso e maestoso, un senso di paura per quello che non riesco a dominare mentalmente. Mi sento piccolo, ma il cuore si apre a tanta bellezza. Contemplo e basta: "Laudato sii, mio Signore!".

Siamo sulla barca di Juacanam, un laico fedele che, aiutato a tirarsi su dalla miseria in cui si trovava, ora aiuta coloro che sono rimasti indietro, lungo la strada. Risaliamo le acque del Rio Negro, lambite dal vento. L’ambiente suggestivo attenua improvvisi moti di paura che salgono dal cuore. Lungo le rive, case in legno su palafitte segnalano la presenza di donne e di bambini che, incuranti dei piranha, trasformano lo specchio d’acqua davanti alla loro capanna in una sorta di piscina in cui si tuffano, giocano, piroettano con movimenti rapidi e continui.

Da una di queste capanne, ci viene fatto cenno di fermarci. Rapidamente, una canoa si accosta alla nostra imbarcazione. Un giovanotto dal volto olivastro ci mostra un sukuri - serpente d'acqua lungo 8 metri - appena catturato, che teneva saldamente in mano. Una bambina ci mostra il suo trofeo, la priguiça, una specie di simpatica scimmietta. Mentre la più piccola, con un certo orgoglio, tiene in mano un minuscolo coccodrillo che si dimena, tentando di liberasi dalla stretta in cui è tenuto. Lo spettacolo merita i 20 reais che diamo ai simpatici "circensi" in canoa.

I cristiani del "Villaggio del Sole"

Arriviamo all’Aldeia do Sol a - Villaggio del Sole -, abitato da indigeni. Una specie di Eden, lontano dai clamori e dal chiasso della città, che avevamo lasciato da due ore. Una capanna centrale, aperta da ogni lato, funge da luogo di incontro degli abitanti del villaggio. Attorno, ci sono le loro abitazioni, capanne costruite sul greto del fiume, là dove la riva degrada in un ampio pianoro. Notiamo una semplice chiesetta, dedicata alla Vergine. La parola di Dio è arrivata fin qui. Il missionario viene qui due volte all’anno: ascolta le confessioni, celebra la Messa, visita i malati, regolarizza i matrimoni, battezza i bambini nati nel frattempo.

I bambini, con la tipica fisionomia indio, giocano a gruppi tra le piante o nella piana che si apre sul greto del fiume. Una mamma, mentre allatta il bambino, ci accoglie con un ampio sorriso. Ci indica la levatrice che avanza verso di noi. Ci spiega che il villaggio è auto gestito. Lei stessa aiuta le gestanti a mettere al mondo i bambini, che vengono lavati nelle acque del fiume assieme alle mamme.

Proponiamo di fare una piccola celebrazione, con la lettura della Parola. Accolgono con gioia la nostra proposta. Il suono della piccola campana, sul tetto della chiesetta, richiama gli uomini che sono nella foresta a raccogliere i frutti. Rapidamente la chiesetta si riempie all’inverosimile di uomini, donne e bambini. Questi ultimi occupano rapidamente i primi posti delle panche, davanti all’altare. Annunciamo la speranza che viene da Gesù, morto e risorto. Regalo a tutti la corona del rosario missionario, che avevo portato con me.

Ave Maria, donna del fiume

Mi raccontano la storia dell’Ave Maria, che un missionario salesiano aveva sentito recitare dagli indio, ai primi tempi dell’evangelizzazione. Nell’Ave Maria essi avevano sostituito "piena di grazia" con "rive del fiume", parole che l'angelo non aveva pronunciato. Cos'era successo?

Quando il missionario insegnava agli indio la preghiera dell'Ave Maria, con l'aiuto di un interprete, non capendo l’espressione "piena di grazia", questi chiese: "piena di che?". Il missionario, per indicare qualcosa di strapieno, indicò le sponde del fiume, colme d’acqua. Così l'interprete tradusse a modo suo e tutti impararono la preghiera mariana dicendo:

"Ave Maria, cheia da beira do rio" - Ave Maria, stracolma dalle rive del fiume...". Amen.



Scarica questa edizione in formato PDF

Dimensione 2602.3 KB

Gentile lettore,
Continueremo a fare tutto per portarvi sempre notizie d'attualità, testimonianze e riflessioni dalle nostre missioni.
Grazie per sostenere il nostro Giornale.


Altri articoli

Edizione di Maggio 2023

La cavalleria brasiliana

Le attuali autorità sanitarie hanno denunciato la totale mancanza di medicine, anche quelle basiche come i vermifughi, nonostante i 52 milioni di r...
Edizione di Gennaio 2003

Mozambico: La gente è orgogliosa di noi

Il primo saveriano friulano in Mozambico I missionari saveriani sono arrivati in Mozambico nel marzo del 1998, invitati da mons. Laime Gonçalves a...
Edizione di Dicembre 2012

Una storia secolare, Dall’idea iniziale al museo di oggi

Museo d'Arte Cinese ed Etnogragico - Storia: 1895 Inaugurazione dell'istituto, il cui nome ufficiale è: "Seminario Emiliano per le Missioni Ester...
Logo saveriani
Sito in costruzione

Portale Unico dei Saveriani in Italia

Stiamo finalizando la nuova versione del portale

Saremmo online questa estate!

Ti aspettiamo...

Versione precedente del sito