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Lungo la carretera verso Buenaventura siamo stati fermati da un posto di blocco delle Farc, le temibili Forze armate rivoluzionarie colombiane. L'esercito regolare era fermo ad alcuni chilometri con quattro carri armati e una pattuglia di soldati. Ognuno difende la propria zona di influenza: l'esercito sta dove c'è campo per i telefoni cellulari; la guerriglia dove non c'è campo.

La sosta con i guerriglieri è durata cinque ore. Ci hanno detto di non temere, perché loro sono nella foresta per difendere e proteggere il popolo; ci hanno anche assicurato che non ci avrebbero sequestrato. A loro premeva che provassimo il freddo dei 3.000 metri di altitudine. Il tempo è cambiato almeno quattro volte e la pioggia si alternava a un pallido sole.

Non avevamo paura: eravamo più di 200 persone colombiane, due italiani, due inglesi e una giovane olandese. Siamo scesi dagli autobus, dai taxi o dai camion che trasportavano derrate alimentari, legna e pelli di animali per... familiarizzare con loro. Li abbiamo conosciuti tutti, poiché si alternavano tra il pattugliamento sulla strada e i nascondigli nella foresta.

Il comandante Sergio (del XIII Fronte) ci ha spiegato come va il mondo secondo lui e il ruolo dell'imperialismo americano: un sermone di 40 minuti. Quando ha iniziato a piovere forte, abbiamo chiesto che ci lasciasse riparare sulle corriere. Mentre parlava, il suo kalashnikov era a terra, ma eravamo sorvegliati da una bella guerrigliera bionda sui vent'anni, che teneva ben stretto il kalashnikov. Dopo averci indottrinato, hanno dato l'ordine di partire in colonna. Loro ci avrebbero "protetti" per tutto il tratto dell'alta montagna.

Abbiamo evitato di visitare la regione dei fiumi proprio per paura della guerriglia, ma la guerriglia si è mostrata a noi. Il buon padre Eulogio ha commentato il fatto dicendo: "Mira, che suerte ustedes! - Che fortunati che siete: in trent'anni di vita missionaria non mi sono ancora imbattuto nei guerriglieri e non so se avrò mai questa esperienza! E voi, appena arrivati...".



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