Nei giorni scorsi, in compagnia di mio fratello, ho fatto una camminata verso un paese vicino e ci siamo inerpicati verso le ultime case aggrappate al monte. Un nuvolone nero imprevisto si è trasformato presto in pioggia, goccioloni e poi pioggia fitta. Sprovvisti di ombrello, ci siamo rifugiati sotto la stretta tettoia di un garage e da lì sotto un piccolo riparo all’ingresso di una casa circondata da un giardino. La pioggia però cominciava a cadere sbieca e quel piccolo riparo non bastava più.
Prendendo coraggio, abbiamo suonato il campanello, per chiedere un riparo vicino alla casa, dove la tettoia era più larga. È uscito un giovane. Come ci ha visti, ci ha detto: “Entrate!”. Gli abbiamo detto che ci bastata stare fuori, finché fosse passato il temporale. Lui però ci ha invitati in casa, ci ha portato due asciugamani, ci ha invitati a sedere. “Sono appena tornato dal lavoro. Sedetevi. Che cosa posso offrirvi?”. Siamo andati sul terrazzo del salone e per discrezione abbiamo preferito rimanere lì, a guardare la vallata sulla quale stavano sciogliendosi le nubi.
Finalmente, la pioggia andava acquietandosi. “Volevamo rendere visita a Maria, una nostra amica, che abita su questa strada ma con le nuove costruzioni non ci ritroviamo più”. “Sì, la conosco, vi accompagno.” Fornendoci l’ombrello per ripararci dalle ultime gocce di pioggia, Luca – così ci ha detto che si chiamava – ci ha accompagnato fin da lei.
Ho pensato al vangelo aggiungendo un nuovo caso: “Ero bagnato di pioggia e mi avete messo al riparo”… E ho pensato a quanto scriveva Etty Hillesum nel luglio 1943 a due mesi dal suo internamento ad Auschwitz : “A ogni nuovo crimine o orrore dovremmo opporre un nuovo pezzetto di amore e di bontà che avremo conquistato in noi stessi”.
E a quanto scriveva nel 1999, in piena guerra nella Repubblica Democratica del Congo, la nostra sorella Bernardetta Boggian, poi uccisa a Kamenge, in Burundi: “Lasciarci pervadere dalla benevolenza di Dio per questo popolo che soffre, e lasciarci provocare anche noi, attraverso la prova, a un sovrappiù di umanità, tra di noi anzitutto, per contribuire a esorcizzare la violenza”. E alle parole dell’arcivescovo di Bukavu, Emmanuel Kataliko, che dal suo esilio di Butembo scriveva l’anno dopo: “La sola risposta all’eccesso del male è l’eccesso dell’amore”.
Ho pensato: “Sì, ci sono i Talebani, c’è la vendicatività e ipocrisia del fronte opposto. Una cosa che ciascuno può fare nel quotidiano è mettere un sovrappiù di umanità in tutto ciò che fa".
[Fonte: sito missionarie saveriane] *