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UNA MEZZA DOZZINA DI BUONE NOTIZIE DAL SAHEL

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Per l’anno che finisce quelle del quotidiano ‘Le Monde’ una dozzina. Una buona notizia per mese. Distillata di proposito per assecondare i gusti dei lettori di Parigi e dei paesi circonvicini. Buone notizie e levigate per la circostanza che dicono dello spirito dell’occidente una volta al centro del mondo. Per il gennaio scorso il giornale annota la scoperta di un nuovo antibiotico. Per febbraio si celebra la diversità degli i Phone che si aprono alla diversità. Alcune delle faccine che indicano i sentimenti a seconda del disegno sono diventate nere. A marzo si racconta che è partito un aereo per fare il giro del mondo coi pannelli solari. Ad aprile Castro e Obama si salutano per fecondare i commerci del capitale cubano. A giugno ‘le Monde’sottolinea un’atipica aurora boreale in Normandia, quella dello sbarco nel giorno più lungo.

A luglio si nota che una signora si è definitivamente liberata dell’AIDS, contattato dalla nascita. Ad agosto l’atleta francese Florent vince la medaglia d’oro di natazione ai mondiali in Russia. A settembre si annovera una famiglia di rifugiati siriani salvata dal naufragio. Per ottobre il Canada si oppone al sistema tariffario di una ditta farmaceutica americana contro la medicina più cara del mondo.Per novembre il quotidiano mette come buona notizia il primo matrimonio di omosessuali in Irlanda. Mentre per dicembre non poteva mancare lo storico accordo della COP 21 di Parigi sul clima  e l’effetto serra da contenere in poco spazio. Per il gennaio che viene per il giornale la buona nuova ancora non si sa.

Qui da noi invece le buone notizie sono altre. La prima è che quest’anno ci sono due natali. Uno è quello per i musulmani e l’altro quello cristiano. Che le date dei due natali coincidano succede ogni cinquecento anni circa. Entrambe sono date fittizie eppure a loro modo importanti. Maometto e Cristo, ognuno in tempi e luoghi differenti, sono nati da una donna e dunque apparentati di umano. Dopo mesi di attentati, lotte, bombardamenti, esecuzioni mediatiche, profughi, migranti, rifugiati e guerre di eliminazione, spunta una data incerta e fragile da un calendario dissidente e politicamente poco corretto.

Rachel è nata qualche mese fa con padre insicuro e madre al solito certa. Juliette era arrivata da migrante da Lomé nel Togo col camion. Cercava da sola quella fortuna che le era sfuggita dalla nascita, alla morte della mamma per il suo parto.Voleva capire cosa vuol dire diventare come sua madre.

È così nata Rachel che sorride quando le si prende una foto ricordo. Sua madre Juliette sbarcava il lunario come inserviente in vari bar della capitale Niamey. Guadagnava soprattutto con le mance ed eventuali arrangiamenti fuori orario. Ha preso, piangendo, il diploma di sarta l’altro sabato con le compagne di classe che non mollavano Rachel. Mostra con fierezza il vestito confezionato per passare l’esame. La sfilata di moda l’ha dedicata a sua madre, che le sorrideva da lontano.

Siamo vivi, malgrado le carestie, gli attacchi dei briganti e dei politici, malgrado le guerre che ci assediano e il deserto che avanza ogni giorno. Una bella notizie sono i bambini che sulle strade arrivano salvi dall’altra parte quando l’attraversano. Le autorità sfornano sofisticati cavalcavia che lasciano indifferenti persino i conduttori di taxi. Sono loro che a centinaia trasportano la città dal battesimo del nome a un matrimonio  combinato allo stesso prezzo. Vivi siamo anche se impolverati dal vento di sabbia che sfiora l’arroganza di stagione.

Una bella notizia è che i migranti liberiani della città fondino un’associazione per la settima volta consecutiva prima di Natale. Invitano alla festa ormai vicina chi se la sente di partecipare.Siamo vivi malgrado le chiese bruciate a gennaio di quest’anno.

L’ultima buona notizia, per ora, è che nel Sahel si trovino ancora ‘spacciatori di umanità’.

  • MAURO ARMANINO.
  • Niamey, dicembre 2015.


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