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Carissimi, in questi giorni ho incontrato un catechista incaricato di una cappella alla periferia di Giuba, capitale del Sud Sudan. Si chiama Joseph Agaak. Ha 25 anni ed è originario della stato del Nord Bahr el Ghazal, Sud Sudan. Viene da una famiglia di Religione Tradizionale Africana. Suo padre ha cinque mogli e una trentina di figli e figlie. Joseph è uno dei sei figli della stessa madre (4 maschi e due femmine). Da piccolo è stato mandato alla scuola elementare nella città di Wau, dove ha conosciuto la religione cattolica. Finite le elementari, ha frequentato le scuole superiori nella città di Juba, dove è rimasto come catechista.

Mi ha raccontato che suo padre gli insegnava che la vita viene da Dio. Questo gli ha facilitato il passaggio alla vita di Dio in Cristo. “Da quando sono diventato cristiano e ho conosciuto Cristo non mi interessa alcuna altra religione. Il cristianesimo mi offre un sistema di vita basato sulla verità e la giustizia. Ho cambiato le pratiche della religione tradizionale. Si va al Padre attraverso Gesù. La Chiesa cattolica è quella fondata da Gesù e a questa è stato promesso lo Spirito Santo”.

Joseph desidera entrare in seminario. Gli ho chiesto che cosa lo attira verso questa scelta. “Desidero servire Dio e portare la mia gente alla conoscenza completa di Dio. La gente deve abbandonare le cattive abitudini e vivere la vita cristiana. Per esempio: noi crediamo che se uno ha soldi e potere, può fare ciò che vuole: uccidere, rubare, commettere adulterio ecc. Nella mia tribù spesso prevale la vendetta. La mia gente deve essere evangelizzata. Purtroppo la mia preparazione è ancora insufficiente. Ho bisogno di maggior formazione. Il mio impegno come catechista è totalmente volontario. Non voglio essere pagato per il lavoro nella casa del Padre”.

“Ora anche la mia famiglia ha iniziato ad andare in chiesa. Mio padre non può abbandonare la famiglia tradizionale, ma viene in chiesa e così pure i miei fratelli e sorelle. Siamo le nuove generazioni di cristiani”.

Il Sud Sudan ha ottenuto l’indipendenza appena tre anni fa, dopo una lunga guerra di liberazione dal regime arabo-islamico di Khartoum. “Abbiamo lottato per la libertà, continua Joseph, e abbiamo difeso la nostra fede, la nostra cultura e la nostra gente. Personalmente credo che se in una comunità manca Cristo, manca qualcosa di fondamentale. Non voglio che alla mia comunità manchi Cristo”.

Ho fatto un’ultima domanda a Joseph: “Vorresti che venissero ancora missionari nella tua nazione?”. Joseph non esita: “Certamente, perché i missionari hanno il fuoco nelle loro mani!”. È una risposta sorprendente e impegnativa. La risposta di Joseph è anzitutto un riconoscimento dell’impegno dei primi missionari in questo paese, soprattutto dei missionari comboniani; ma è una sfida per tutti i missionari e tutti i cristiani. Abbiamo ancora il fuoco nelle mani e nel cuore? “Sono venuto a portare il fuoco sulla terra...”.

Ciao. Saluti a tutti.

  • GIORGIO BIGUZZI.
  • Giuba, 29 ottobre 2014.


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