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LETTERA - 6: BOR, UNA TERRA PER I SAVERIANI?

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Mons. Giorgio Biguzzi, vescovo emerito di Makeni (Sierra Leone) continua la sua visita in Sud Sudan, per esplorare la possibilità di una presenza saveriana in quel paese. Il 29 ottobre ha scritto questa lettera al superiore generale dei saveriani, p. Luigi Menegazzo, dove traspare che i vescovi vorrebbero la presenza dei saveriani in una regione abbastanza trascurata dal punto di vista dell’evangelizzazione, nella città di Bor, diocesi di Malakal, dove i cattolici sono molto pochi [n.d.r.].

Carissimo p. Luigi, qui tutto “normale”.

Otto giorni fa è venuto a trovarmi l’arcivescovo di Giuba, assieme al vescovo emerito di Malakal. Abbiamo avuto una lunga e piacevole conversazione. I vescovi hanno detto di aver trascurato l’evangelizzazione di una parte della nazione e hanno riproposto [ai saveriani] una zona nella diocesi di Malakal, a qualche centinaio di chilometri dal capoluogo Malakal.

Ho fatto la domanda che avevi proposto tu: che tipo di missionario vi aspettate?

“Vogliamo missionari che predichino il vangelo attraverso l’istruzione". C’è un analfabetismo e un’arretratezza spaventosa. Mancano comunicazioni. I missionari dovranno fare lunghi safari a piedi per incontrare la gente nei villaggi. C’è bisogno di catechesi, scuole, sviluppo. Mi pare che si tratti di una situazione in qualche modo simile a quella del Kivu [RDCongo]. La parte occidentale del Sud Sudan confina con la Repubblica Democratica del Congo.

P. Daniele, superiore dei comboniani, mi ha detto che qui ci vogliono le “teste di cuoio”. Questo weekend sono andato a visitare la zona indicata dai vescovi. Si tratta della “città” di Bor, capoluogo dello Stato di Jongley. (Le virgolette indicano che si tratta di concetti relativi). Si trova sulla riva destra del Nilo Bianco, a mezz’ora di volo dalla capitale nazionale Giuba. Sono andato in aereo, una carriola volante da dodici posti. Bor si può raggiungere anche per strada. È una strada sterrata, problematica durante le piogge, ma ora percorribile in qualche ora.

Bor è un paese pianificato sopra una immensa palude. C’è fango e acqua dappertutto. Poi ci sarà polvere.

Ti mando le foto di alcune strade e dell’ingresso alla chiesa e alla casa dei padri. Si tratta di una casa molto modesta e mezzo saccheggiata durante la guerra. Sono stato accompagnato da un sacerdote locale, parroco di Bor. Il parroco mi ha chiesto di pagargli il materasso e così è rimasto a dormire nella casa, mentre io sono andato in albergo. La parrocchia di Bor è estesa qualche centinaio di kilometri. Alcuni posti non hanno mai visto un missionario. Forse in passato qualche comboniano si è avventurato nell’interno.

I cattolici sono molto pochi, perché secondo le leggi e la politica coloniale inglese, Bor e tutto lo Stato di Jongley era riservato ai protestanti. Gli Anglicani, che qui sono chiamati Episcopaliani, e i Presbiteriani sono la maggioranza. Moltissimi sono cristiani di nome per distinguersi dai musulmani durante la guerra d’indipendenza. Il potenziale di evangelizzazione è immenso.

Oggi ho visto nuovamente l’arcivescovo e l'emerito di Malakal. Mi hanno chiesto come è andata la visita a Bor e l’arcivescovo mi ha detto di non essere mai stato a Bor. L’emerito di Malakal, nella cui diocesi si trova Bor, ha detto: Non vado, perché mi uccidono! L’emerito è di una etnia diversa.

Ci sono timidi segni di speranza verso la riconciliazione.

La settimana scorsa c’è stato un incontro in Tanzania tra i due rivali principali, che hanno riconfermato la loro volontà di pace. Preghiamo perché alle parole seguano i fatti. Oggi il presidente ha incontrato i governatori.

In questi giorni però c'è un problema per la benzina che da una settimana è quasi introvabile. C’è anche criminalità diffusa. Domenica in piena giornata, all’una e mezzo del pomeriggio, cinque uomini armati sono entrati nel convento delle suore indiane qui vicino, le hanno un po’ malmenate e hanno portato via computer, telefonini e i soldi che hanno trovato. Ladri armati sono andati anche in seminario e hanno assalto un fratello comboniano tedesco, incaricato delle costruzioni. Siamo nelle periferie esistenziali, economiche e... altro.

Questa settimana farò ancora qualche puntata in giro per la nazione assieme al superiore comboniano. Qui coi padri indiani mi trovo bene. Il cibo è un po’ troppo... indiano. Quel che mi manca di più è l’eucaristia. La chiesa parrocchiale è ancora in costruzione e la casa dei padri è molto piccola e senza cappella.

Uno dei padri dorme su di una stuoia vicino alla tavola da pranzo. Dopo la S. Messa del mattino, ciao Gesù! 

  • GIORGIO BIGUZZI.
  • Giuba, 29 ottobre 2014.


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