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Il più piccolo è partito senza dire niente a nessuno. Aveva quindici anni scarsi e di nascosto è arrivato fino in Libia. La guerra era appena terminata e lui, sbagliando, sperava nella ricostruzione. Il primo Traoré ha lavorato per un anno nel paese e alla fine ha messo da parte i mille euro per il transito per l’Italia in barca. Proprio alla vigilia un gruppo di giovani l’assaltano e lo derubano. Decide allora di tornare in Algeria dove era già passato un paio d’anni prima. Lì farà il manovale come quanti vogliono sopravvivere ad Algeri. Dorme sul cantiere e si infortuna il dorso. In Libia aveva imparato il mestiere di piastrellista. Un mestiere che non potrà più esercitare per motivi di salute. A vent’anni Traoré torna nella capitale Abidjan, in Costa d’Avorio. Farà il commerciante di sogni. Il suo è sepolto nella sabbia del Sahel. Il padre passa il tempo ad aspettare il figlio minore, partito con l’eredità che gli doveva. Passano gli anni e il figlio minore non torna.

Il fratello maggiore è andato in Algeria per ricondurlo a casa. L’unico padre l’ha mandato a cercare il fratello  perduto da cinque anni. Stesso padre e madri differenti. Si chiama anche lui Traoré. Uno di nazionalità maliana e l’altro di nazionalità avoriana. Solo una questione di certificati legati alle circostanze geografiche della nascita.Arrivato ad Algeri il fratello minore prova a convincerlo di scappare in Libia. Dice che assieme, stavolta, ce la faranno. L’altro Traoré rifiuta la proposta. Gli ricorda che il padre l’ha mandato in Algeria per condurlo a casa prima che sia troppo tardi. Lavora anche lui per mettere da parte quanto i doganieri gli ruberanno sulla via del ritorno. Portano lo stesso nome perché hanno l’unico padre. Madri diverse e un padre comune che rischia il figlio maggiore per cercare l’altro. Il padre era rimasto ad aspettare, con la seconda madre. Ora che anche l’altro figlio, il maggiore, è partito, sono rimasti soli a guardare lontano.

Mamadou invece il padre l’ha perso in fretta. La famiglia lo elegge capo famiglia e gli paga il viaggio. In aereo fino a Rabat, nel Marocco, accolto da un amico sconosciuto. Si fa mandare i soldi, 2 500 euro, per passare la frontiera della Spagna. Lo nascondono nel portabagagli dove Mamadou perde conoscenza. Alla dogana è scoperto  e , mezzo morto, resta in ospedale per due mesi. Guarito non gli rimane che tentare la fuga in Algeria. Senza documenti la vita si fa impossibile e solo i cantieri edili mascherano la fame di pane e dignità. Senza nessun padre ad aspetttarlo Mamadou torna dalla madre e dai fratelli che lo avevano eletto migrante in Europa. Un connazionale, lontano parente, gli affida 250 euro da portare alla sua famiglia, frutto di due annni di risparmi. Alla frontiera col Niger, ad Assamaka, la polizia sequestra i soldi. In cambio gli danno un documento, firmato da nessuno, per un rimborso che mai avverrà. Mamadou ha perduto il padre troppo presto.

Mentre stava ancora lontano il padre dei Traoré corse loro incontro. Abbraccia entrambi e invita il maggiore a preparare il necessario per il banchetto. Lui trova un vestito nuovo per il figlio tornato e lo stesso giorno incominciano a fare festa.

  • MAURO ARMANINO.
  • Niamey, novembre 2015.


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