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CONGO RD / NUOVE FRIZIONI TRA IL PARTITO DEL PRESIDENTE E LA CHIESA CATTOLICA

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Alcuni membri del partito del presidente Tshisekedi, l’Udps (Union pour la démocratie et le progres social), hanno reagito in modo piuttosto aggressivo al Messaggio dei vescovi del 1° marzo, soprattutto alla raccomandazione di “fare il possibile per vincere la scommessa di organizzare elezioni credibili, trasparenti e pacifiche nel 2023”. Il 3 marzo, lo stesso incaricato stampa del presidente, Kasongo Mwema, ha sottolineato in un tweet che c’era stata “precipitazione” nel comunicato dell’ufficio stampa, senza rispettare “tutte le procedure per essere messo in rete”. Quanto basta per riconoscere il tentativo maldestro di risposta. Fatto sta che l’8 marzo, il presidente ha nominato un nuovo direttore dell’ufficio stampa, Eric Nyindu Kibambe, un giornalista formato in Belgio.

Queste dispute hanno però irritato la base del partito presidenziale, che ha iniziato una campagna denigratoria nei confronti della Chiesa cattolica e dei suoi rappresentanti. Nella capitale Kinshasa i raduni dell’Udps iniziano con un segno di croce trasformato: “Nel nome del Padre Ya Tshitshi (il defunto Etienne Tshisekedi), del Figlio Ya Fatshi (l’attuale presidente figlio di Etienne) e dello Spirito Santo (“il popolo prima di tutto”, slogan del partito). L’ironia nei confronti della Chiesa cattolica è evidente. Il partito poi è sempre più irritato che si “ricordi” costantemente che il vero presidente eletto è un altro e che l’accesso al potere è frutto di un accordo segreto tra Tshisekedi e Kabila.

Alcuni membri importanti del partito stanno già lasciando intendere la possibilità di un rinvio delle elezioni. Il 15 marzo il presidente dell’Udps, Jean-Marc Kabund-a-Kabund, ha rilasciato questa dichiarazione a Radio Top Congo: “Siamo pronti per le elezioni del 2023, ma saremo pronti anche a piegarci ai capricci e alle realtà politico-sanitarie a cui il paese deve far fronte”. Più chiaro ancora è stato Victor Wakwenda, presidente del direttorio dello stesso partito, il 16 marzo intervenendo a Radio Okapi: “Vogliamo convincere la nuova maggioranza parlamentare a convalidare il fatto che il presidente inizia un nuovo mandato, mettendo fine al terzo mandato fraudolento del predecessore. È ora di azzerare il contakilometri”. Affermazione da intendere come un nuovo inizio del mandato, per cui si possono rimandare di due anni le elezioni del 2023. “Chi fa politica – continua Wakwenda – è chiamato a modificare i testi (la Costituzione) in funzione dell’interesse del popolo”. Affermazioni per saggiare il terreno o per renderle operative in caso di un eventuale consenso? Annunci propagandistici o prove di aggregazione per misurarne la fattibilità? E ancora si tratta di affermazioni e annunci fatti con il consenso o meno di Tshisekedi? Si vedrà!

Nel frattempo la Cenco (Conferenza episcopale nazionale del Congo), il 18 marzo, attraverso il suo segretario generale, l’Abbé Donatien Nshole, ha ufficialmente lanciato “L’agenda della Cenco per le elezioni del 2023”.  Una tabella di marcia che non vuole sostituirsi agli attori politici o rispondere alle dichiarazioni dell’Udps. Si tratta invece di un programma per chiamare l’attenzione della popolazione sulla questione elettorale, per venire incontro alle aspirazioni del popolo. Un programma di educazione civica ed elettorale per una partecipazione più attiva e competente.

Anche la società civile sta rivendicando con sempre più coraggio i diritti della cittadinanza dopo anni di abusi. Più di una trentina di oppositori politici e attivisti dei diritti umani si sono costituiti in comitato e con l’aiuto dell’Acaj (Association congolaise pour l’accès à la justice) hanno denunciato l’ex direttore dei servizi segreti Anr (Agence nationale de reinsegnement), Kalev Mutond, uno degli uomini chiave del sistema Kabila, per arresti arbitrari, torture e sevizie. Oltre a non aver risposto alla convocazione del tribunale, alcune agenzie di notizie lo darebbero in fuga. 

Mentre il gruppo di Ong “Le Congo n’est pas à vendre” (Il Congo non è in vendita) chiede a Tshisekedi di congelare i conti bancari dell’israeliano Dan Gertler, altro ingranaggio del sistema Kabila. Considerato il re delle industrie del diamante, accusato di aver saccheggiato per anni il sotto-suolo del paese, grazie a transazioni opache e corrotte. La nuova amministrazione statunitense lo ha nuovamente sanzionato, bloccando i suoi conti, dopo che il presidente Trump, negli ultimi giorni del suo mandato, lo aveva scagionato. Avrebbe frodato al paese 1,3 miliardi di dollari Usa. Due impiegati della banca Afriland First Bank, che hanno denunciato queste transazioni, sono stati condannati a morte. Human Rigts Wach reclama l’annullamento della pena.

Altro affare ritornato alla ribalta per l’insistenza di 117 organizzazioni per i diritti umani, è l’assassinio di Floribert Chebeya presidente dell’organizzazione “La voix des sans voix” (La voce dei senza voce) e del suo autista, avvenuto dieci anni fa. La testimonianza di due poliziotti, rilasciata da un altro paese, fa risalire l’ordine di uccisione al generale John Numbi, all’epoca capo della polizia e uomo di fiducia di Kabila. Queste Ong chiedono l’arresto del generale per questo assassinio di Stato. Numbi si è rifugiato in Zimbabwe.

Da parte sua, l’organizzazione Greenpeace interpella il governo congolese affinché siano annullati quattro contratti forestali illegali conclusi dal ministro dell’ambiente con ditte cinesi. Questi contratti sono stati assegnati in violazione della moratoria conclusa nel 2002. La deforestazione del Bacino del Congo, infatti, costituisce una minaccia nella lotta contro il cambiamento climatico e la corruzione ne è il nemico numero uno.



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