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TRA DISUGUAGLIANZE SOCIALI E CRESCITA INCLUSIVA

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Negli ultimi quattro anni, l’economia delle Filippine è cresciuta molto più in fretta di quelle degli altri paesi del sud-est asiatico. È una buona notizia per una nazione che negli ultimi decenni è rimasta indietro rispetto ai suoi vicini.

Considerate le vaste risorse, naturali e umane, l’alto livello di alfabetizzazione e la disponibilità di manodopera specializzata, non c’è ragione per cui le Filippine debbano essere sottosviluppate. La buona notizia sul progresso del paese è stata però ridimensionata dal fatto che solamente alcune famiglie si avvantaggiano di gran parte della crescita economica. I lavoratori comuni, specialmente nel settore agricolo, non traggono vantaggio dalla crescita come sarebbe giusto.

Questo fatto, confermato dalle statistiche e dalle condizioni di vita, sta preoccupando il governo, il settore commerciale, le comunità di fede e le organizzazioni popolari. Si può, infatti, parlare di una vera e autentica crescita economica, se molti cittadini ne sono esclusi? Quali strutture o sistemi economici, sociali, politici e culturali mantengono le disuguaglianze anche nel pieno della crescita del Pil (Prodotto interno lordo)? Come possiamo promuovere una crescita inclusiva?

Sono queste alcune delle domande che ci stiamo ponendo oggi nelle Filippine. L’intera nazione si sta facendo un esame di coscienza, che si è intensificato con la recente visita pastorale di papa Francesco. Nelle sue omelie e nei suoi messaggi, egli non ha mai mancato di menzionare le disuguaglianze sociali quale scandalo a cui si deve porre rimedio.

La Chiesa nelle Filippine sta dando il suo contributo alla ricerca di una crescita che sia inclusiva e che possa sanare le disuguaglianze sociali. A partire dalla luce che ci giunge dalle Scritture e dal ricco insegnamento sociale che esse contengono, la Chiesa ha richiamato l’attenzione su alcuni punti chiave su cui orientare gli interventi. In primo luogo, abbiamo chiesto a tutti i settori di indirizzare i loro piani, i loro progetti e i loro programmi verso l’obiettivo del bene comune.

Da un lato, il bene comune è il contesto sociale giusto in cui ciascun individuo può svilupparsi, crescere e vivere pienamente. Dall’altro, l’esatto opposto è la ricerca esclusiva dell’interesse individuale o di piccoli gruppi, consentendo il deterioramento sociale.

Nel lungo periodo un contesto sociale malato danneggerebbe comunque gli individui e i loro interessi. In secondo luogo, abbiamo ricordato alla gente che i beni del creato sono destinati a tutti. Senza negare il valore di guadagnare uno stipendio e di possedere delle proprietà, frutto del proprio lavoro e della propria iniziativa, il valore della condivisione, specialmente con i poveri, ha la precedenza.

Siamo convinti che Dio intenda la creazione come bene per tutti. Gli individui e le società sono sfidati a dare la precedenza al popolo e ai suoi bisogni, coscientemente e deliberatamente, anziché al profitto. In questo modo potremmo anche eliminare la corruzione che impedisce ai poveri di soddisfare i bisogni essenziali, come cibo, lavoro, casa, scuola e sanità.

In terzo luogo, abbiamo incoraggiato gli uomini politici e gli imprenditori a mettere i poveri al centro della loro visione, dei loro piani e progetti. Ma perché ciò possa accadere, è necessario che incontrino personalmente i poveri, entrino nelle loro case, stringano le loro mani e vedano le loro sofferenze.

I poveri non sono un gruppo anonimo. Non sono un concetto o un’etichetta. Sono esseri umani, vicini di casa, fratelli e sorelle. Un incontro personale può essere di stimolo per risolvere le disuguaglianze sociali, rendendole più reali per tutti.

Infine, abbiamo detto che i poveri non sono solamente i destinatari delle buone azioni di altre persone. Ai poveri si deve chiedere di partecipare alla trasformazione della società. Un aspetto penoso delle disuguaglianze sociali è che i poveri non riescono a scrollarsi di dosso l’immagine di vittime indifese che essi stessi si sono attribuiti.

I loro preziosi doni, talenti e risorse, dovrebbero essere sfruttati per il loro stesso sviluppo e per il bene della società. Le loro idee e desideri devono essere presi seriamente in considerazione in progetti che li coinvolgano.

La Chiesa sta facendo la sua parte nell’eliminare le disuguaglianze sociali e nel promuovere una crescita inclusiva, non soltanto insegnando, ma anche grazie ai suoi servizi sociali e di aiuto allo sviluppo, al sostegno ai poveri con programmi di recupero e di riabilitazione dai disastri naturali, alle borse di studio, alla formazione dei piccoli imprenditori, all’assistenza spirituale e organizzazione delle piccole comunità cristiane.



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