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ISRAELE: I MILITARI CHE NON CI STANNO - LA MISURA È COLMA

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Una voce molto forte si alza dal di dentro della società israeliana. È quella di 150 ufficiali e soldati. Dicono: “È troppo. Adesso basta”. Ci vorranno mesi prima che l’opinione pubblica nazionale recepisca quest’appello. Ma è pur sempre un inizio.

Per chi vuole contribuire, c’è il conto bancario, presso la Banca Popolare Etica, via Rasella 14, Roma, C.C. 111200, intestato a Il Manifesto Coop. Editrice Abi 05018 Cab 12100. Specificare: “Per il sostegno dei militari israeliani che dicono no a Sharon”.

ISRAELE: I MILITARI CHE NON CI STANNO

Cinquantatre militari israeliani – fra cui 16 ufficiali di unità scelte dell’esercito – rifiutano di combattere per Ariel Sharon e per le colonie. Questo l’annuncio pubblicato a pagamento, lo scorso 25 gennaio, sul quotidiano Haaretz. “Noi, ufficiali e soldati combattenti della riserva di Tzahal (l’esercito, ndr), che siamo stati educati nel grembo del sionismo e del sacrificio per lo stato di Israele, che abbiamo sempre servito in prima linea, che siamo stati i primi, per ogni compito, facile o difficile che fosse, a difendere lo stato di Israele e a rafforzarlo.

Noi, ufficiali e soldati combattenti dell’esercito che serviamo lo stato di Israele durante lunghe settimane ogni anno, nonostante l’alto prezzo che abbiamo pagato. Noi che siamo stati in servizio di riserva in tutti i territori e che abbiamo ricevuto ordini e istruzioni che non hanno niente a che fare con la sicurezza dello stato, e il cui unico obiettivo è la dominazione sul popolo palestinese.

Noi che con i nostri occhi abbiamo visto il prezzo di sangue che l’occupazione impone su entrambe le parti di questa divisione. Noi che abbiamo sentito come gli ordini che ricevevamo stavano distruggendo tutti i valori di questo paese. Noi abbiamo capito che il prezzo dell’occupazione è la perdita dell’immagine umana di Tzahal e la corruzione dell’intera società israeliana. Noi che sappiamo che i territori occupati non sono Israele, e che tutte le colonie sono destinate ad essere rimosse…

Noi dichiariamo che non continueremo a combattere in questa guerra per la pace delle colonie, che non continueremo a combattere oltre la linea verde per dominare, espellere, affamare e umiliare un intero popolo. Noi dichiariamo che continueremo a servire Tzahal in qualsiasi obiettivo che serva la difesa dello stato di Israele. L’occupazione e la repressione non hanno questo obiettivo. E noi non vi parteciperemo”.

  • (Seguono le firme dei militari)

ORMAI LA MISURA È COLMA

“Abbiamo oltrepassato una linea rossa. Moralmente, la situazione è insopportabile. Ho visto cose che non voglio più vedere”. Dany, 29 anni, è un ufficiale dello Tsahal, l’esercito israeliano. Insieme a 16 ufficiali e 36 soldati, per lo più impegnati nelle unità di combattimento, ha firmato l’appello riportato qui sopra. L’abbiamo raggiunto giovedì sera (il 24 gennaio) per telefono a Tel Aviv. Dall’inizio dell’Intifada, ha servito come ufficiale nei territori occupati. “A Nablus, a Hebron, ci ho passato intere giornate. Sono un riservista, come molti altri israeliani. Non ho paura dei pericoli. Ma non ne posso più. Ormai i civili hanno paura di noi”.

Dany non si è mai tirato indietro, quando si trattava di difendere il suo paese. E non nega che Israele subisca attacchi terribili da parte dei gruppi armati palestinesi. Ma, da qualche mese, non si riconosce più nella politica di Sharon. “Perché questa guerra? Si tratta davvero di una guerra? Che limiti ci sono all’azione di un soldato?”

In apparente rottura con il consenso in materia di sicurezza che regna in Israele, Dany e i suoi commilitoni vogliono mettere in allerta l’opinione pubblica. “Molti ufficiali la pensano come me. Ma la maggioranza ha paura di parlare”. Con tali dichiarazioni, questi soldati rischiano l’espulsione dall’esercito. Se non peggio: forse li attende il carcere. Ci spiega Dany. “Lo so che un esercito è fatto per combattere. I francesi hanno commesso atti riprovevoli in Algeria. Lo stesso hanno fatto gli Stati Uniti in Afghanistan. Ma ormai la misura è colma. So bene che ci vorranno mesi per convincere gli israeliani delle nostre opinioni”.

Dany non ha particolari proposte per una soluzione pacifica del conflitto israelo-palestinese. Ritiene solo che l’occupazione dei territori debba finire. “Penso che Sharon debba ritornare al tavolo negoziale. Fa una politica sbagliata. Come faceva una politica sbagliata in Libano. Conosco bene la storia del mio popolo. Ma oggi paghiamo tutti un prezzo morale troppo alto per questa politica”.

NICOLAS VERDAN, giornalista svizzero @ 24 Heures.



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