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IN MEMORIA DI DON BRUNO MAGGIONI, AMICO E MAESTRO DEI SAVERIANI

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P. GABRIELE FERRARI, SX
TAVERNERIO (CO), 1 NOVEMBRE 2020

Il 29 ottobre il Signore ha chiamato a sé don Bruno Maggioni, 88 anni, presbitero della Diocesi di Como, per lunghi anni docente di esegesi neotestamentaria nel Seminario di Como e nella Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale a Milano; teneva corsi anche all’Università Cattolica e dirigeva la Rivista del clero Italiano. Da due anni la sua salute destava preoccupazioni fino a quando le sue condizioni si sono aggravate nel lockdown di primavera. Il pomeriggio della sua morte, la badante, che da anni lo accudiva, aveva acceso una candela per iniziare, come ogni giorno, la preghiera del rosario. Così, in quella posizione orante, don Bruno si è trovato sulla soglia della casa di Dio. Il cordoglio che ha accompagnato la sua morte e la partecipazione al funerale in cattedrale a Como hanno dato la misura della stima e dell’affetto verso quest’insegnante brillante, ma semplice e cordiale, nel mondo ecclesiale e civile. Chissà quanti possono vantare di averlo avuto come amico! Don Bruno, infatti, aveva il dono di farsi amici quelli che lo incontravano e più ancora quelli che lo ascoltavano. E non solo nel mondo ecclesiale. Il suo ministero, infatti, si svolgeva anche fuori delle aule scolastiche. Avvicinava e ascoltava molta gente e per tutti aveva una parola, soprattutto per i poveri e chi era in difficoltà. Prova ne sia che per lunghi anni ha condiviso il suo appartamento a Muggiò (Co) con una famiglia di immigrati filippini, cui ha cercato anche un lavoro in città.Noi Saveriani possiamo dire in tutta verità di aver trovato sempre in lui, oltre che un maestro, un amico e un sostegno. È noto che don Bruno aveva un debole per i missionari e quindi anche per noi. Fin dall’inizio della nostra casa di Tavernerio, ha frequentato la comunità per ritiri e conferenze bibliche per i nostri novizi e poi per altri che venivano ad ascoltarlo, tanto che la sua presenza è diventata poco a poco stabile. Ogni anno, finché gli fu possibile in mezzo ai suoi mille impegni, tenne una settimana di riflessione su “Parola e missione” nel corso di “Tremesi” di formazione permanente per i Saveriani, lezioni affascinanti e indimenticabili per chi lo ha ascoltato parlare dei Vangeli e soprattutto di S. Paolo. 

Nella settimana prima o dopo Pentecoste, per molti anni, don Bruno ha tenuto un corso di esercizi spirituali per i Saveriani, aperto a tutti, che riempiva regolarmente la casa tanto che ci si doveva prenotare con molto anticipo. Alla nostra casa dava appuntamento al gruppo di laici e laiche Amici di don Bruno, che due o tre volte l’anno venivano ad ascoltarlo, fino all’anno scorso, quando, pur già malfermo in salute, venne accompagnato dai suoi fedelissimi, rimanendo con loro a cena. 

Grazie a questa sua familiarità con i Saveriani, a un certo punto gli chiedemmo di recarsi nelle nostre comunità di missione a tenere sessioni di aggiornamento biblico e corsi di esercizi spirituali. Iniziò con la Sierra Leone, nel 1974, e poi quasi ogni anno si recò in Congo RD (allora Zaire), Burundi, Giappone e Indonesia, seminando ovunque l’amore per la Sacra Scrittura e il desiderio di leggerla e approfondirne la conoscenza. Fu proprio a partire da queste conferenze ai Saveriani della Sierra Leone che, nel 1976, pubblicò il primo dei suoi fortunati commenti ai Vangeli, Il racconto di Marco (Cittadella), che dopo molte ristampe nel 2008 uscì rinnovato e ampliato. 

Don Bruno aveva il dono di essere molto chiaro e insieme profondo, ma sempre accessibile a tutti. Lui stesso rivela il segreto del suo approccio alla Parola nella prefazione de Il racconto di Marco del 2008. Dopo aver detto che la nuova edizione, pur mantenendo lo stesso titolo, era profondamente rimaneggiata, scrive: “Dal 1976 ad oggi sono apparsi molti studi sul Vangelo di Marco e nella misura del possibile ho cercato di servirmene. Tuttavia devo confessare che soprattutto è cambiato il mio modo di leggere un Vangelo e, più in generale, ogni altra pagina della Bibbia. In tanti anni non soltanto sono cambiati gli studi che mi hanno aiutato a capire, ma sono soprattutto cambiati i miei occhi che leggono. Credo di comprendere che la profondità della lettura di un testo non equivale sempre alla complessità, bensì – almeno a volte – anche alla semplicità. 

Mi pare di aver capito che l’essenziale non è sempre la ricerca di significati nuovi, ma la penetrazione della bellezza e della profondila di ciò che è detto, che è lì, quasi in superficie, ma di cui bisogna accorgersi. Per accorgersi è necessaria una lettura incessante e partecipata, capace sempre dì stupirsi” (p. 5). 

Ecco il segreto che don Bruno ci ha rivelato: una lettura semplice e profonda della Scrittura, fatta – certo – con l’intelligenza, ma soprattutto con il cuore pieno di stupore e di riconoscenza per il dono di Dio. Grazie, don Bruno, del bene che ci hai voluto e del segreto che ci hai consegnato.



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