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GERUSALEMME CAPITALE DELL’UMANITÀ

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 Il volume è interamente dedicato a un’interessante e rivelatrice intervista a mons. Fouad Twal, Patriarca latino di Gerusalemme, condotta dallo scrittore e giornalista Nicola Scopelliti.

 L’interesse alla lettura di questa testimonianza risiede anzitutto nella biografia stessa di mons. Twal, affiorante in numerose pagine del testo, testimonianza vivente della sua ricchezza spirituale e umana: arabo palestinese, esponente di una delle più note tribù arabe cristiane di quella che è oggi la Giordania (all’epoca della sua nascita, nel 1940, la regione era sotto mandato britannico con il nome di Emirato di Transgiordania), dapprima svolge servizio come parroco nella diocesi patriarcale, poi, nel 1972, inizia gli studi di diritto canonico alla Pontificia Università Lateranense a Roma, dove, nel 1974 è ammesso alla Pontificia Accademia Ecclesiastica, l’istituto della Santa Sede destinato alla formazione dei diplomatici.

Conseguita la laurea in diritto canonico con una tesi sul diritto tradizionale beduino, nel 1977 entra nel servizio diplomatico della Santa Sede, ricevendo la sua prima destinazione nel 1978. Da allora, fino al 1992, ricopre numerosi incarichi in tutto il mondo fino alla nomina a vescovo di Tunisi (arcivescovo dal 1994), primo vescovo arabo della città da quando questa fu eretta in arcidiocesi regolare (1884).

Fino ad allora tutti i vescovi erano stati francesi. Nel 2005 è nominato arcivescovo coadiutore del Patriarca latino di Gerusalemme e nel 2008 succede al Patriarca Michel Sabbah.

L’intervista, centrata sulla condizione attuale dei cristiani in Terra Santa, sul senso di tale presenza, sui rapporti con i musulmani, sulla politica dello Stato d’Israele, sulle cosiddette “primavere arabe”, sul dramma di Gaza e su molte altre laceranti questioni politiche ed ecclesiali, riflette la ricchezza dell’esperienza di mons. Twal come esperto diplomatico e come attento pastore di cristiani arabi.

Ne emergono pagine di notevole spessore, in cui la sua sensibilità si riflette in primo luogo nello sforzo di far comprendere al lettore la grande complessità della situazione dei cristiani in Terra Santa, divisi sia geograficamente (tra Israele, Giordania e Gaza), sia dall’appartenenza ecclesiale (oltre alla chiesa latina, di cui mons. Twal è ordinario, vi sono le altre chiese cattoliche di rito orientale, la Custodia di Terra Santa, affidata ai francescani, e le chiese ortodosse e riformate).

Un mosaico di differenti identità con ripercussioni anche sulla vita civile, considerato che la mancanza di una pace tra tutti i soggetti politici della regione ha impedito il superamento del cosiddetto status quo, come viene definita l’antica legislazione ottomana che regolava i rapporti dell’impero con le comunità religiose, tenuta in vita dai dominatori britannici tra le due guerre mondiali e poi confermata dallo Stato d’Israele.

A ciò si aggiunge la difficile congiuntura sociale ed economica, che vede i cristiani diminuire costantemente: molti di essi scelgono di emigrare, lontano dall’instabilità politica, dalla disoccupazione, dal radicalismo islamico e dalle vessazioni del governo israeliano, che ostacola la libera circolazione delle persone e delle merci nella regione.

Le parole di Twal non sono improntate a facile ottimismo né cedono alla tentazione di fornire risposte semplici a problemi complessi e stratificati nel tempo.

Di qui il suo costante richiamo all’importanza dell’istruzione, sulla quale si concentrano in larga parte gli sforzi del Patriarcato con la gestione di numerose scuole, istituti ed università. Ne consegue un’attenzione speciale ai giovani e alle famiglie, perché possano continuare a vivere nella “terra in cui il cristianesimo è nato, perché è impensabile una Terra santa senza cristiani”.

Twal insiste sulla possibilità di un dialogo, da parte dei cristiani, sia con gli ebrei, sia con i musulmani, anche se l’irrisolto problema israelo-palestinese costituisce un ostacolo enorme, che solo una fede salda e matura potrà alla fine rimuovere.



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