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PADRE PIER LUIGI MACCALLI / UN ANNO DI SILENZIO

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di P. Vito Girotto, SMA, parroco della missione vicina a quella di p. Maccalli

Quella notte del 17 settembre dello scorso anno ha segnato una svolta nella mia vita. Il rapimento di p. Pier Luigi Maccalli mi ha fatto capire che tutta la zona di Bomoanga, Makalondi e dintorni, la mia zona di missione, era stata colpita dal “clima di insicurezza”.

Ho vissuto il rapimento in diretta audio attraverso il cellulare del mio confratello indiano Dass, che alloggiava nella casetta accanto a quella di p. Pier Luigi. 15-20 minuti di comunicazione, che hanno sconvolto colui che telefonava e colui che riceveva, impotente, quella terribile testimonianza.

I rapitori hanno sparato alcuni colpi in aria e subito dopo uno di loro è entrato nell’ufficio del parroco senza bussare né sfondare alcuna porta, perché la porta era aperta.

Mentre continuavano a intimidire la gente del villaggio di Bomoanga, hanno cominciato a dare ordini perentori al nostro confratello p. Pier Luigi, per farsi consegnare il denaro che pensavano si trovasse in quella casetta sempre aperta.

Infine, dopo aver recuperato quello che cercavano, hanno intimato a p. Pier Luigi di salire sulla loro grossa moto, con la quale erano arrivati. P. Pier Luigi stava seduto in mezzo tra il conducente e il secondo rapitore che lo sorvegliava.

Dopo averlo privato della sua libertà l’hanno pure spogliato della camicia: è stata ritrovata sul far del giorno sulla strada sterrata che conduce verso la frontiera con il Burkina Faso.

E poi silenzio. Silenzio sul movente, silenzio su un eventuale riscatto da consegnare ai rapitori, silenzio sulla vita del confratello, che sembra essere svanito nel nulla. Questo silenzio pesa come un macigno, un macigno troppo pesante.

E poi l’insicurezza generalizzata nella nostra regione, che ha fatto sì che tutti i missionari europei presenti nella zona di Makalondi, Bomoanga, Kankani e Torodi hanno dovuto lasciare il territorio e trovare un altro luogo di missione altrove in Niger.

In quella stessa notte, io stesso, avvisato da alcuni ragazzi inviati dalla polizia, ho dovuto rifugiarmi mio malgrado nella capitale Niamey, lasciando missione, persone e progetti nelle mani di Dio.

Sostenuti dalla fede orante dei cristiani della zona, appartenenti all’etnia gurmancé, e di tanti amici sparsi nel mondo, siamo fiduciosi che il momento di prova passerà, anche se questo tempo di attesa sembra diventare molto lungo. Ci sostiene la testimonianza di sacerdoti diocesani e catechisti dei villaggi che non hanno abbandonato le numerose piccole comunità delle quattro parrocchie gurmancé.

E p. Pier Luigi? Crediamo sia vivo, tenuto lontano dai nostri occhi, ma unito spiritualmente a noi in una preghiera silenziosa.



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