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APPUNTI DAL SINODO / NON DELUDERE LE ASPETTATIVE

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Mentre i giorni passano sembrano aprirsi dei piccoli varchi nella consegna del “digiuno della parola pubblica” richiesto dal papa.

La sala stampa si è fatta meno avara di informazioni, qualche vescovo si esprime, restando nello strettissimo varco della personale valutazione in coscienza della riservatezza e della confidenzialità imposte dal Regolamento assembleare.  

1. Il vescovo di Milano parla alla diocesi
2. L’intervista di un vescovo australiano: LGBTQ, le tensioni, il diaconato femminile 

IL VESCOVO DI MILANO PARLA ALLA DIOCESI 

Monsignor Delpini ha pensato di raccontare alla diocesi, attraverso un diario videoregistrato, la sua esperienza sinodale. Una scelta squisitamente pastorale e difficilmente criticabile. 

Nel primo video del 12 ottobre e nel secondo del 18 ottobre, fa un po’ il punto dei lavori sinodali e annota che “Un esercizio di ascolto interessante, ma anche molto faticoso, ascoltare molto, ascoltare a lungo". 

Il Sinodo c’è tutta la Chiesa.  “Abbiamo visto vescovi, laici, consacrati e consacrate di tutto il mondo e quindi potremmo dire che qui c'è tutta la Chiesa […] in più interventi è stato ricordato che non ci sono qui soltanto quelli che sono fisicamente presenti ma potremmo dire che è presente tutta una vicenda di Chiesa che ha percorso gli anni passati come anni di consultazione molto capillare. È presente quindi tutta la Chiesa che si è espressa per rispondere alle domande che il sinodo ha posto”.

Non bisogna deludere le attese. “L’assemblea sinodale sente anche molto quello che c'è intorno, quello che abbiamo sperimentato nelle nostre comunità: si sono create delle attese, la gente che ha partecipato alla consultazione si aspetta di avere risposte alle domande che sono state presentate. Anche coloro che non hanno partecipato ma che ne hanno notizia esprimono un'aspettativa e più volte nell'aula sinodale è risuonata questa parola: non dobbiamo deludere la gente che aspetta una parola che incoraggi a vivere la fede, che incoraggi ad affrontare la complessità delle situazioni. Noi dobbiamo invocare lo Spirito, che ci aiuti a trovare le risposte e i percorsi promettenti a cui chiamare e incoraggiare tutte le nostre comunità”.

L’assemblea vive i drammi del mondo. “L’assemblea non è un mondo che si isola, in questi giorni sono entrati nell’aula sinodale gli strazi, le lacrime, gli interrogativi per tante guerre e per questa situazione della Terra Santa. Siamo partecipi in modo speciale perché ci sono persone che provengono dall’Ucraina, dalla Siria, dal Libano. Qui si vive insieme con il mondo, si raccolgono i drammi del mondo. Talvolta le voci che si alzano in assemblea sono delle riflessioni più che sulla sinodalità, sono testimonianze di come vivono alcune comunità in situazioni di povertà, di persecuzioni”.

L’INTERVISTA DI UN VESCOVO AUSTRALIANO
LGBTQ, LE TENSIONI, IL DIACONATO FEMMINILE

Il vescovo Shane Mackinlay di Sandhurst (Australia), da poco eletto nell’importante Commissione che dovrà redigere l’ormai attesissimo documento finale di questa sessione del Sinodo, ha rilasciato un’intervista esclusiva a “The Vatican Briefing”, un nuovo podcast settimanale del “National Catholic Reporter", un media americano online indipendente ed espressione di posizioni progressiste.

Mackinlay, che è stato vice presidente del quinto Concilio Plenario della Chiesa australiana (2020-2022), incalzato dalle domande dei vaticanisti Joshua J. Mcelwee e Christopher White si è espresso sul dibattito sinodale sui cattolici LGBTQ, su come l'assemblea sta gestendo le tensioni tra i membri e sulla questione del diaconato femminile. 

McElwee: Sappiamo che ci sono norme su come i membri del Sinodo possono parlare in pubblico delle discussioni che avvengono in Assemblea, ma nelle conferenze stampa degli ultimi giorni ci è stato detto che alcune delle discussioni si sono concentrate su come la Chiesa può includere meglio i cattolici LGBTQ. Ci può dire qualcosa che su come sono state quelle discussioni o sull'atmosfera dell’aula sinodale?

Mackinlay: Certamente c'è stata, com’era prevedibile, una riaffermazione molto chiara dell'importanza della dottrina e degli insegnamenti della Chiesa. Ma ci sono state anche grandi intuizioni derivate dall’esperienza personale, dall’incontro personale e sul cammino di conversione che alcuni membri avevano intrapreso; si è affermato quanto sia fondamentale l’incontro personale, la cura pastorale e la genuina risposta cristiana alle persone. E, certamente, ciò è stato accolto molto, molto calorosamente dall'assemblea.

White: Siamo stati colpiti lunedì [9 ottobre] durante la sessione di apertura, dalle riflessioni del domenicano p. Timothy Radcliffe e anche dall'esortazione del cardinale lussemburghese Jean-Claude Hollerich di accettare le tensioni presenti in sala e a non averne paura. Come ha recepito questo invito? È giusto accogliere le tensioni?

Mackinlay: Occorre essere molto chiari sull'importanza che le persone parlino liberamente e i facilitatori dei nostri gruppi sono tornati su questo argomento diverse volte. Quindi fa parte delle indicazioni che vengono date a loro: non cerchiamo l'unanimità o l'uniformità.

Ciò che cerchiamo particolarmente in questa prima assemblea, con la metodologia della “Conversazione nello Spirito”, è che ci sia spazio affinché tutti possano essere ascoltati. L’obiettivo dei gruppi non è risolvere quelle tensioni, ma nominarle, per assicurarsi che tutti siano ascoltati in modo rispettoso e aperto. Certamente questa è stata la mia esperienza ed è ciò di cui ho sentito parlare anche in altri gruppi.

Ciò su cui ci viene chiesto di votare, ed è un voto formale alla fine di ogni modulo, non è se siamo d'accordo con tutto ciò che è detto nella relazione, ma se la relazione è una presentazione accurata della discussione avvenuta nel gruppo.

Non ho esaminato tutti i rapporti, ma non ne ho ancora visto uno che non sia stato approvato all'unanimità. E, certamente, non ci sono resoconti di gruppi che non siano in grado di avere quella discussione aperta, e talvolta quella discussione piuttosto difficile. 

Sono fiducioso che il documento che probabilmente ci verrà offerto da questa assemblea sia in grado di raccogliere tutte quelle voci e tutte quelle tensioni. E così facendo, daremo spazio e una direzione alla riflessione della Chiesa in tutto il mondo nei prossimi 12 mesi.

White: Dalla sua esperienza in queste ultime due settimane qui a Roma, come ha visto e valuta personalmente la presenza dei laici, e soprattutto delle donne, che contribuiscono a questa Assemblea sinodale?

Mackinlay: Abbiamo una vasta gamma di donne in mezzo a noi. Stanno partecipando pienamente. Stanno parlando apertamente. Stanno apportando contributi molto sostanziali, sia come membri che come esperti. E stiamo guadagnando enormemente da questo. Ora, nel contesto di altri approcci sinodali, so che non è stata questa l’esperienza, ma qui sono una presenza molto chiara e molto preziosa.

McElwee: Approfondendo questa questione, sappiamo che le discussioni al Sinodo nella prossima settimana si concentreranno sulla sezione del documento di lavoro che tratta del ministero delle donne nella Chiesa, o anche sulla possibilità che le donne possano essere ordinate diacono, come il documento specificatamente evidenzia. Ha qualche speranza particolare per le discussioni a questo riguardo nella prossima settimana?

Mackinlay: Penso che si possa certamente anticipare che ascolteremo una discussione chiara su tutta la gamma di opzioni disponibili.

La ragione per cui l'ordinazione delle donne al diaconato viene menzionata nell'Instrumentum laboris è perché c’è stata una rappresentanza molto ampia che ha posto questa domanda nel processo di consultazione durato due anni.

Sono felice che sia qui. Sono felice che se ne parlerà. Penso che debba essere discusso a livello universale. Una delle cose che è stato chiesto di fare all’assemblea è identificare su quali aree sarebbe meglio muoversi in modo appropriato a livello locale piuttosto che a livello universale.

La questione dell’ordinazione delle donne è chiaramente qualcosa che deve essere affrontata a livello universale. E questa è stata la richiesta del Concilio Plenario in Australia. Perciò, sono felice, che la questione venga affrontata a questo livello. E se il risultato fosse che l'ordinazione diaconale sia aperta anche alle donne, lo accoglierei sicuramente con favore.



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