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Una vita con gli indio del Brasile

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Una sfida difficile ma affascinante

Padre Diego Pelizzari, saveriano di Villa D’Ogna (BG), ha lavorato per molti anni tra i popoli indio del Brasile. Racconta qualcosa della sua esperienza missionaria, anche per suscitare la nostra solidarietà (il “progetto” è a pagina 7).

Sono missionario in Brasile da 17 anni. I primi 14 li ho passati al nord, nella regione dello Xingu, vivendo nei villaggi con vari popoli indigeni. L’esperienza si è interrotta quando sono stato espulso da un capo-villaggio, istigato dai “madereros” - i mercanti del legname - che vedevano nel missionario un ostacolo allo sfruttamento della foresta amazzonica. Ho perciò fatto una “sosta” a San Paolo, dedicandomi allo studio della bibbia. Ora sono tra gli indio guaranì, nel sud del Brasile.

I guaranì sono famosi nella storia delle missioni perché evangelizzati dai gesuiti a cavallo del 1500 e 1600, attraverso le cosiddette “riduzioni”. Erano comunità di soli indigeni che, sotto la direzione dei missionari, formavano una realtà sociale ed economica autonoma. Quest’esperienza è terminata quando i governi di Portogallo e Spagna, vedendo nelle “riduzioni” una minaccia al loro potere, le hanno distrutte. La vicenda è stata ricostruita nel film “Mission”.

A scuola di diritti e doveri

È tra i discendenti di quel popolo che sto lavorando insieme ai laici missionari, per aiutare questa gente a sopravvivere agli attacchi dei nuovi invasori: latifondisti e industriali che, anche con la connivenza di persone di governo, vogliono occupare le loro terre. La situazione non è molto cambiata da quella di 400 anni fa. Il prepotente vuole sopraffare il debole, il ricco non è mai sazio e vuole spogliare il povero dell’unica risorsa che gli rimane: la terra sulla quale vive.

Noi missionari cerchiamo di stare dalla parte dei poveri. Con un gruppo di laici missionari, inviati dalla chiesa brasiliana, ci adoperiamo soprattutto a formare i capi-villaggio. Cerchiamo di renderli consapevoli dei pericoli ai quali vanno incontro, perché possano dotarsi degli strumenti adatti per affrontare l’impatto con il mondo esterno “civilizzato”. L’obiettivo è far sì che loro stessi sappiano difendere i diritti alla terra, alla lingua e cultura, alle tradizioni e alla spiritualità del popolo guaranì.

Insegnare senza imporre

Attraverso l’istruzione scolastica si stanno formando persone aperte al mondo e, allo stesso tempo, in grado di conservare le proprie origini. Donne e uomini si preparano ad affrontare un futuro non facile, capaci di favorire l’incontro con “l’altro Brasile”, stimolando un’integrazione arricchente per tutti, dove le diversità siano viste come ricchezze e non come ostacoli.

La presenza dei missionari nei villaggi guaranì è un piccolo segno per dire che non tutti i bianchi sono lì per scacciarli dalle loro terre. Al contrario, è la dimostrazione che ci sono sorelle e fratelli bianchi che li stimano e vogliono il loro bene.

Stiamo con gli indio in modo discreto e rispettoso. Non vogliamo imporre qualcosa, ma li incoraggiamo ad avvicinarsi al mondo esterno senza perdere la propria identità. Un esempio è la scuola, dove non viene imposta una conoscenza estranea, ma si cerca di armonizzare la necessità del sapere con le loro stesse esigenze. Imparano nella loro lingua, che è il mezzo principale per salvaguardare la cultura, ma anche in portoghese, lingua ufficiale del Brasile.

La spiritualità dei guaranì

I guaranì sono alla ricerca della “terra sem males”: la terra senza mali, il paradiso. Vivono un rapporto di dipendenza da Dio e hanno un profondo senso della preghiera. Piccoli e grandi vanno nella “casa della preghiera” al mattino e soprattutto verso sera. Celebrando i loro riti tradizionali, seguendo i cicli delle stagioni.

I missionari cercano di valorizzare tutti questi aspetti positivi di una religiosità che si è sviluppata lungo i 13mila anni di presenza dei guaranì nel continente sudamericano. Il compito più impegnativo del missionario è scoprire il modo in cui il Signore si manifesta in mezzo a questo popolo, nelle sue espressioni culturali e religiose. Scoprire qual è il messaggio di salvezza che ancor oggi il Padre trasmette agli indio e, come missionari, renderci docili testimoni di questa speranza annunciata, è una sfida difficile ma affascinante.



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