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Un comandamento nuovo: "Amatevi"

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È la pericope del capitolo 28 di Matteo cosiddetta della "missione", con la quale ha inizio il tempo della Chiesa o della Comunità cristiana, che ha, come origine, la chiamata alla sequela-discepolato; come centro di gravità, la persona di Cristo; come dovere, l’annunzio di questa "buona, notizia"; come fine, il progetto-destino di Cristo.

È molto importante il termine discepolo che, forse, è il più preciso per qualificare la natura della sequela nel senso che indica meglio la "completa" dipendenza-docilità-fedeltà alla persona di Cristo: si tratta d’un legame di natura "affettiva" che ne è l’elemento costitutivo-fondamentale.

Sarà utile chiedersi quale sia l’insegnamento esclusivo-totalmente-nuovo di questo "nostro" unico maestro. Possiamo rispondere, con una certa garanzia di sicurezza: l’amore! Ce lo dice Gesù stesso, che ce lo individua con le parole: "Vi do un comandamento nuovo", dove "nuovo" significa straordinario-inaudito-eccezionale: e ce lo formula: "Amatevi come e perché io vi ho amati".

Con il termine come si indicano le dimensioni dell’amore e cioè: l’altezza-profondità-lunghezza-larghezza del cuore di Cristo devono essere l’elemento-misura del nostro amore per il prossimo; perciò la sua misura è quella di non aver misura. Non potremo mai trovare un qualche motivo "ragionevole" che possa stancare il nostro amore per il prossimo: non potremo mai dire, ad un certo momento, basta! Lo diremo di certo; però dobbiamo capire e ammettere che non ci comportiamo da cristiani: il prossimo non si può amare un-po’-e-a-determinate-condizioni.

Il termine perché vuol dire che dobbiamo amare il prossimo, prima di tutto, perché-Cristo-lo-ama. E Cristo perché lo ama? Questa domanda può avere una risposta sola: Cristo ama-perché-ama, cioè gratuitamente-disinteressatamente-oblativamente.

Questo dev’essere anche "il" nostro motivo, quello che fa "essere" il nostro amore per il prossimo. Il cristiano è, di sua natura, una persona "regalata" all’altro fratello cristiano. Perciò, anche qui, dobbiamo concludere che il cristiano non potrà mai trovare un motivo "ragionevole" che possa stancare il suo amore per il fratello: lo troverà, però dovrà confessarsene. Il cristiano ama suo fratello perché-lo-ama: "indipendentemente e prescindendo" da qualsiasi motivo "umano".

Ci chiediamo se questo messaggio sia alla portata dell’uomo-in-quanto-uomo. In altri termini se l’uomo, con le sole sue forze, possa amare "gratuitamente" e quindi se possa salutare-amare-stimare anche chi non lo stima-ama-saluta. Ci sembra decisamente di no: sembra di voler affermare che proprio in questo consiste la novità "totale" del Vangelo: che proprio per questo è esclusivamente di Gesù, che proprio per questo si qualifica come Figlio di Dio e proprio per questo ci comunica Colui che è tanto potente da compiere in noi questo purissimo miracolo di farci amare anche chi non ci ama: è lo Spirito che ci infonde questa capacità "propriamente" miracolosa!

C’è forse qualcosa d’impossibile per Dio? Tale è il messaggio cristiano nella sua esistenza: tale è "la" legge del progresso e del rinnovamento dell’umanità: tale è la cosiddetta rivoluzione dell’amore cantata al 38 della Gaudium et Spes.

Beati noi se lo Spirito ce la farà capire-amare almeno un po’ di più.



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