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Un binomio in crisi: Cristianesimo e Occidente

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Per la settimana culturale dei saveriani, al filosofo Salvatore Natoli, profondo e onesto conoscitore del pensiero laico e religioso, è stato chiesto di dare "il tono" con il primo intervento sul tema, "Cristianesimo e occidente: un binomio in crisi", che egli ha svolto in modo convincente. Ne hanno dato prova le domande rivoltegli dai partecipanti, che hanno prolungato il dibattito. La sintesi che pubblichiamo non è stata rivista dall'autore.

Occidente e cristianesimo sono identificabili?

L'occidente è un'idea geopolitica ellenica che precede il cristianesimo. E con l'occidente nasce anche l'idea di Europa. Nella sua origine, il cristianesimo è una religione orientale; non sboccia in occidente.

Inoltre, nella sua forma cattolica il cristianesimo è universale, per cui non può essere considerato semplicemente "occidentale". Anzi, identificare cristianesimo con occidente è pericoloso, anche se spesso si dice che nel portare il cristianesimo si sia portato anche l'occidente.

D'altra parte, si può considerare "occidentale" il cattolicesimo romano e il papato, le cui vicende sono state spesso legate all'impero romano e alle nazioni europee. Quindi, se cristianesimo e occidente non sono identificabili, tuttavia sono co-implicati.

In che cosa consiste questa "implicazione"?

Cosa sarebbe stato del cristianesimo se non fosse stato adottato dall'impero romano? Sarebbe durato così a lungo? Si sarebbe divulgato così largamente? Con Costantino il cristianesimo assume una struttura simile all'impero. Dopo la caduta dell'impero romano è il cristianesimo che continua e reimposta il processo di civilizzazione. Costruisce un "edificio nuovo" e nasce la cristianità medievale. Il libro alla base di questo progetto nuovo è "La città di Dio" di sant'Agostino. In Agostino c'è lo stacco vero dalla romanità. E l'altra grande sintesi è il pensiero teologico elaborato da Origene, dove c'è un'interazione con la filosofia greca.

Il cristianesimo non si presenta nella forma di culto tradizionale "cosmico". Dio è il Creatore del mondo: è prima del cosmo e non fa parte della natura. Dio è perciò inaccessibile, o se è accessibile, perché è lui che parla. Dio che parla all'uomo è il Dio di Gesù Cristo: è l'esperienza, il racconto che Cristo fa di Dio. Per cui il cristianesimo è il racconto che Cristo fa di Dio. Gesù rivela il Dio di Israele, così come lo sperimenta. Il grande problema del cristianesimo è il rapporto tra la realtà storica di Gesù e questo Dio.

Come viene risolto questo "problema"?

La dimensione trinitaria si sviluppa su questo terreno: che rapporto c'è tra Gesù e Dio? Cosa vuol dire Figlio di Dio? Si deve ancorare l'esperienza di Dio a qualcosa di storico, per non scadere nella mitologia. E la filosofia greca offre gli strumenti razionali per costruire la "formula Trinitaria". Questo evento per essere comunicato doveva essere incarnato nel linguaggio di tutte le culture. Dio deve abitare la parola degli uomini, prendere un culto locale e interpretarlo. Così il cristianesimo diventa una grande architettura culturale, organizzazione di pensiero e di società.

Qual è il nucleo dell'identità cristiana?

C'è stato un evento che sarebbe sparito se non avesse avuto una comunità che l'avesse raccontato e vissuto come sua radice e fondamento. Il nucleo è la risurrezione di un Crocifisso e l'incarnazione di Dio in rapporto alla sua eternità. L'unicità di questo evento (il Crocifisso) diventa il punto cruciale della storia del mondo e tutta la storia si può leggere alla luce di quella storia. Questo è il nucleo dell'identità cristiana in tutte le sue metamorfosi.

C'è anche il mistero della redenzione!

Crocifissione e resurrezione sono legate al tema della redenzione. Crocifisso perché? "Per i nostri peccati...". Il patire per noi ha il significato di prendersi le colpe degli uomini senza imputarle a loro, se non nella forma del giudizio, ma non ferita per ferita, perché questo perpetua all'infinito il male. Solo il perdono cancella il passato e neutralizza il delitto. Non replicare male con male: sciogliere i peccati è un'azione di salvezza. Ecco perché la misericordia è più alta della giustizia. Il cristianesimo è tutte queste cose insieme ed è passato nella storia.

Ma oggi cosa sta succedendo?

Il cristianesimo è stato fonte di vita, dove la trascendenza era presa sul serio. Tutti i cristiani erano persuasi che c'era un'eternità della vita personale e una vittoria sul tempo; il dramma non era morire, ma morire nel peccato! Questa umanità è esistita e ci ha creduto in modo esistenziale.

Con la modernità avviene una curvatura: l'emancipazione dell'uomo, che prende fiducia nelle sue forze e diventa produttore della sua salvezza senza avere più bisogno di Dio. Il cristianesimo diventa di fatto evanescente; evapora senza il bisogno di negarlo. Nietzsche diceva: "Il conflitto tra atei e credenti è sempre esistito; ma più ci si sforzava di negare Dio, più si dimostrava che Dio era importante". Oggi questo non si dibatte più, è diventato una questione irrilevante; significa perdere tempo, perché non è più il fuoco di una esperienza.

Andiamo verso la fine del cristianesimo?

A questo punto, la traduzione del cristianesimo diventa difficile, perché viene meno il riferimento alla trascendenza, che era la condizione ideale per comunicarlo. Viene meno il riferimento a un "Tu eterno", che ti ha parlato e a cui corrispondi. Se questo non è più centrale, allora diventa difficile comunicare l'esperienza che Cristo ha avuto di Dio, cioè del Padre.

Chi è Gesù per l'uomo e la donna di oggi?

Oggi è forte la secolarizzazione dei comportamenti. Nell'ottocento, se c'era un problema ci si rivolgeva a Dio. Oggi, nell'epoca del disincanto, ci si rivolge a Dio all'ultima istanza. Ciò ha reso Dio "funzionale": ognuno si aggiusta nel mondo trovando elementi che in qualche modo diano senso alla sua esistenza. Ci troviamo di fronte a una religione senza chiesa, a credenti e a cristiani senza chiesa, con operazioni di auto certificazione: io mi aggiusto su Gesù ma, per l'altro verso, Gesù è aggiustato alla mia vita.

In base alle condotte che osservo, posso dire che nella pratica, si attua un sincretismo religioso, un "fai da te" religioso: nei momenti drammatici dell'esistenza si va a vedere cosa le varie religioni offrono. Rimane una spiritualità, ma senza dogmi. Le grandi chiese non sono più nella situazione di dare risposte accettate, soprattutto in occidente. In altre parti del mondo c'è maggiore disponibilità, legata soprattutto alla dimensione sociale (ad esempio, la teologia della liberazione).

Posso dire che c'è l'atmosfera del mistero, c'è l'esigenza di dare un senso alla propria vita: alcuni lo fanno attraverso l'incontro con Cristo (specialmente nei "movimenti" ecclesiali); altri lo fanno anche attraverso una dimensione sociale (Cristo nella carità). Quello che più viene meno - o quantomeno impallidisce - è il "Tu eterno".

Gesù è sempre meno vissuto come "la primizia dei risorti", ed è sempre più vissuto come colui che sta in compagnia degli uomini. Si parla di un Gesù, non come colui che salva dalla morte, ma come compagno nel dolore, che sostiene nella fatica. La grande architettura della trascendenza cade; si profila un cristianesimo giocato nell'immanenza, dove solo l'atto caritatevole si presenta come trascendente rispetto all'uomo. Pare che del cristianesimo rimanga solo la carità.

La carità è un modo per rendere il mondo migliore. Ma un conto è rendere il mondo migliore, un altro conto è riscattare i morti per sempre. Il cristianesimo deve annunciare la fede e, laddove c'è sventura, deve produrre salute, che è un'anticipazione della salvezza.

Voi missionari, quale Gesù raccontate? Quale Dio presentate?



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