Salerno: Cinque giovani in Camerun
Un’estate missionaria speciale.
Il mese da tutti più atteso è agosto. C’è chi pensa al mare, chi preferisce la montagna, i laghi o le città d’arte. Ma c'è anche chi decide di trascorrere persamente il mese di agosto, come i cinque giovani salernitani: Michela, Antonio, Gianluca, Simona e Valentina. Infatti, hanno deciso di passare venti giorni in Camerun, insieme a me che faccio loro da guida.
Posso subito chiedervi una cosa? Accompagnate questi cinque giovani con la preghiera, perché possano vivere questa esperienza in modo intenso ed efficace. Grazie!
La passione per la missione
Li unisce una grande sensibilità missionaria. Sono giovani impegnati nelle parrocchie e nel sociale, ma non perdono mai di vista la loro appartenenza al mondo. Attraverso i missionari e grazie ai tanti incontri di formazione, hanno scoperto quanto sia ancora attuale l’invito che il Conforti faceva ai suoi missionari: andare dove ancora Cristo non è conosciuto.
Il suo slogan "fare del mondo una sola famiglia", è pentato per loro un tormentone; li accompagna sempre e soprattutto lancia loro una sfida: impegnarsi a far sì che - pur nelle persità culturali, religiose e storiche -, pentiamo tutti fratelli perché siamo figli dello stesso Padre.
È il momento di partire...
Non si è mai pronti per partire. Ma è importante fare un’esperienza diretta della missione per capire meglio come possiamo realmente vivere e sperimentare la nostra appartenenza a un’unica famiglia. Dopo un anno di formazione, i cinque giovani stanno per raggiungere una delle tante nazioni africane dove i saveriani lavorano da tanti anni: il Camerun. I missionari hanno subito accettato di accoglierli, consapevoli dell’importanza che quest’esperienza può avere per i giovani.
Guardandoli mentre fanno i preparativi, noto in loro un po’ di preoccupazione per il clima, le malattie, la situazione di povertà... Ma noto anche tanta gioia, perché possono finalmente vedere, anche se per poco, una parte dell’Africa amata dai missionari che, nonostante le difficoltà, restano "contagiati" dal "mal d’Africa".
Ecco cosa dicono i nostri giovani, alla vigilia della partenza.
Ma perché partite?
Michela - Parto per rispondere a una vocina che sento dentro di me. Mi chiede di rimboccarmi le maniche, di spalancare gli occhi, di aprire le braccia, di ascoltare e non sentire altre voci... Parto per imparare da coloro che sorridono nonostante tutto, per capire dai loro sguardi che non bisogna mai smettere di sperare. Parto perché sono innamorata dell'Africa, dei tramonti, della natura, della gente.
Valentina - Diceva don Tonino Bello: "Noi cristiani siamo troppo abituati a riempire la bisaccia per andare a scaricarla addosso agli altri. Invece, ce la dobbiamo portare vuota, per riempirla dei valori che possono darci gli altri". Questo mi aspetto dal viaggio: tornare con la mia bisaccia tanto colma, da doverne riempire più di una!
Simona - Parto perché non potevo che dire sì a un richiamo che aveva radici lontane. È il richiamo dell'incontro con Cristo, che ci vuole come unica famiglia; è il richiamo di guardare con i miei occhi altri popoli, altre culture, e di stare tra loro. Parto per andare verso gli altri, perché i miei confini sono spesso troppo stretti.
Gianluca - Mi sento come Tommaso che cercava Cristo, smaniando dalla voglia di vederlo. Andando in Camerun, potrò vedere "un altro mondo", scoprire cos’è la povertà. Voglio capire quale fascino l’Africa esercita su di me, per comprendere meglio me stesso e camminare secondo il progetto di Gesù.
Antonio - Questo viaggio che conpido con altri quattro amici, mi farà vivere in sintonia con il cammino di fede che ho già iniziato. Sento entusiasmo per una nuova terra da visitare, per nuove tradizioni e culture da conoscere, per altri stili e modi di vita da osservare; ma soprattutto per gli incontri da fare con tante persone "nuove"!.