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Padre Nico Macina, saveriano pugliese, è salito al cielo il 13 gennaio presso la casa madre di Parma. 

Padre Nico era nato il 21 febbraio 1943 presso il borgo agricolo di Modugno (BA). La sua famiglia era molto industriosa; anche le ragazze gestivano una sarto-lavanderia e partecipavano alle funzioni religiose della parrocchia.

Nicola era molto vivace, se pur rispettoso e sottomesso al papà, che dovette presto rassegnarsi a tenerlo d'occhio e a riprenderlo quando esagerava. Con gli amici chierichetti della parrocchia e della scuola organizzava spesso veri tornei di calcio che rubavano tempo... alle lezioni scolastiche.

Il “Pelé” del seminario

La frequenza gioiosa alla Messa lo portò gradualmente a sognare di diventare sacerdote, grazie anche alle visite dei padri vocazionisti e al loro oratorio, per cui ha sempre nutrito affetto e amicizia. Entrò nel seminario minore di Bari dopo le elementari. Vi rimase cinque anni, poi il liceo nel pontificio seminario maggiore di Molfetta. Qui era diventato il “Pelè” delle camerate, che si accalcavano attorno ai campetti tutte le volte che lui toccava il pallone.

Era un entusiasta conquistatore di ragazzi per il gioco e le iniziative di carattere ricreativo del seminario.

Fu attratto così da un nuovo ideale di vita sacerdotale, intraprendendo una profonda amicizia con il saveriano Walter Gardini. Decise di diventare missionario, nonostante l’opposizione della sua famiglia, a tal punto che Nico dovette lasciare segretamente il suo paese per andare nel noviziato dei saveriani a Nizza Monferrato (AT).

Il giullare delle feste

Era il 1961. Il maestro dei novizi era un altro pugliese di Bari, p. Francesco Cavallo, che consentì al giovane Nico di sgranchirsi le gambe assieme agli altri novizi nel campetto improvvisato, accanto alla piantagione di pioppi, fiancheggiante la strada principale. Arrivato da tanto lontano, quel ragazzo inquieto aveva portato da casa solo gli scarpini del pallone.

Passò a Parma nel 1962, dopo aver professato i voti religiosi. A Parma rimase sempre un “giullare”. Tra i comici che animavano le feste lui non mancava mai, sempre disponibile a organizzare partite di pallone nel campetto della casa madre o alla “Cittadella” di Parma. Suo compagno di ventura era l’immancabile p. Vittorio Bongiovanni.

Dopo l’ordinazione sacerdotale del 15 ottobre 1967, Nico si prese cura degli apostolini di Salerno come educatore. Partì per l'Indonesia nel 1973.

Il saluto… in pugliese

A Padang era diventato il principe dei gruppi giovanili, che lo adoravano per il suo brio e la sua intraprendenza. Il suo apostolato a Pasaman con p. Filiberto Corvini, tra i giavanesi trasmigranti, fu ricco di frutti.

Era impossibile non voler bene a p. Nico, malgrado gli scherzi a volte esagerati, che però piacevano molto alla gioventù, con la quale aveva instaurato un clima gioioso e attivo nell’esistenza povera e piena di mille pericoli.

Il suo saluto ai bambini, che lo aspettavano sugli usci delle capanne dei villaggi che lui visitava, dopo varie ore di marcia a piedi, tra rovi da evitare e fiumiciattoli da guadare, era sempre lo stesso e incomprensibile ai piccoli indonesiani: “Statte citte... - State zitti”, in dialetto pugliese.

Padre Nico continuò la sua missione in Indonesia e poi in Italia, dove fece l'animatore vocazionale e anche il rettore della comunità saveriana a Taranto. Continuò a interessarsi dell'Indonesia organizzando una Onlus per l'aiuto scolastico e l'adozione a distanza di migliaia di studenti.

L’ho rivisto a Parma, già sofferente di Alzheimer, una malattia che l’aveva fortemente provato e costretto in carrozzina. Sono sicuro che la sua storia continui in cielo, dove miriadi di angeli attendevano un capitano che organizzasse per loro una… celeste partita di pallone.



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