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Popoli indigeni e la Speranza nel futuro

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A partire dal 1° giorno di quest’anno, i 315 popoli indigeni nel Brasile riacquistano quella Speranza (sì, con la S maiuscola) mai persa, ma minacciata dal governo genocida sconfitto nelle elezioni dell’ottobre 2022. Lungi dall’aver superato i numerosissimi problemi accumulati negli ultimi sei anni, si apre ai popoli indigeni una opportunità unica nella loro storia: per la prima volta potranno contare con il neo creato Ministero dei Popoli Orginari.

Voluto dal Presidente della Repubblica, Luís Inácio Lula da Silva, il ministero è presieduto dalla signora Sônia Guajajara, leader del popolo indigeno, abitante della pre-amazzonia maragnense. E per la prima volta nella storia, la Fondazione Nazionale dell’Indio, organo statale subordinato al neo creato ministero, è guidato da un’altra leader indigena, Joénia Wapichana, prima donna indigena laureata in giurisprudenza ed ex deputata federale.
Nonostante le premesse positive, il 2023 è iniziato portando alla luce una crisi che, in parte, era già nota, almeno negli ambienti delle Ong, della Chiesa (Consiglio indigenista missionario) e di altri organismi: la tragedia umanitaria vissuta dal popolo Yanomami. Negli ultimi quattro anni, l’ex presidente Bolsonaro ha favorito l’invasione delle aree indigene, mirando alle risorse strategiche presenti e mettendo in pratica la torbida politica da lui sostenuta: “le minoranze debbono adeguarsi alla maggioranza; le leggi servono per proteggere la maggioranza” (sic)!

Invasa da oltre 20mila garimpeiros (cercatori d’oro e cassiterite), la tragedia che ha colpito gli Yanomami è definita come genocidio. I garimpeiros hanno per anni violentato donne e bambine Yanomami, minacciando di morte quante di loro si fossero ribellate, attaccando i villaggi con mitragliatrici, fucili e candelotti di dinamite. La presenza degli invasori responsabili del disboscamento di quattromila ettari di foresta nativa ha provocato l’inquinamento delle acque a causa dell’uso del mercurio. Il contagio degli indios ha portato in dote malattie a loro sconosciute.

Dei trentamila Yanomami, si calcola che la metà sia stata ridotta alla fame e che negli ultimi quattro anni siano deceduti per fame 570 bambini (tremila di loro sono denutriti). Questa politica non ha toccato solo gli Yanomami di Roraima, che soffrono di una possibile sparizione fisico-culturale, ma anche i 115 gruppi indigeni che vivono isolati nella foresta amazzonica, i Guaraní Kaiowá, gli Xetá, gli Awá-Guajá, gli Uru-Eu-Wau-Wau, i Waimiri Atroarí e numerosi altri. Le cause sono sempre le stesse: invasione ed occupazione delle aree indigene, estrazione illegale di minerali e legnami preziosi, installazione di mega progetti idroelettrici, minacce, sequestri, torture ed uccisioni dei leader, proselitismo di stampo neo-pentecostale, razzismo...



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