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Padre Vavassori: L’uomo che ci voleva!

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In Congo, tra la sua gente

Padre Rino, superiore generale dei missionari saveriani ha comunicato la notizia della morte di p. Simone con questo messaggio.

Oggi 10 febbraio, alle 5,50 ora di Bukavu, è morto padre Simone Vavassori, superiore dei missionari saveriani del Congo. La morte è stata causata da un ictus cerebrale intervenuto ieri sera verso le 18,30. Il padre non ha più ripreso conoscenza e questa mattina è deceduto. P. Vavassori aveva 67 anni essendo nato a Trescore Balneario (BG) il 9 ottobre 1936. Per espresso suo desiderio, accolto dalla famiglia, il suo corpo resterà in Congo.

Una vita intensa

Dal 1972, padre Simone è stato missionario in Congo, formatore di saveriani congolesi, maestro dei novizi e superiore dei saveriani per quindici anni, fino alla morte. Attualmente in cinque diocesi del Congo lavorano circa 50 saveriani.

Un protagonista discreto

Padre Vavassori era una figura di primo piano nella chiesa di Bukavu, soprattutto in questi anni di guerra e di sofferenza. Come missionario  e come superiore dei saveriani, egli è stato un protagonista - umile e discreto ma fondamentale - delle vicende ecclesiali di questi ultimi anni.

Con grande coraggio, unito ad altrettanto grande umiltà, semplicità, equilibrio e saggezza ha saputo tenere unite le comunità saveriane, aiutare le comunità religiose maschili e femminili, consigliare i sacerdoti che si rivolgevano a lui.

Sensibile ai bisogni della gente, moltissimi sono stati aiutati da lui in questi anni tristi per tutti. Mentre era maestro dei novizi, aveva accolto e assistito migliaia di rifugiati rwandesi.

L’angelo custode

Da tutti era considerato «l’uomo che ci voleva» in questo periodo così turbolento. La sua affabilità e pazienza gli permettevano di correre ovunque ce ne fosse bisogno per sostenere i missionari e le missionarie, nonostante le fatiche dei viaggi sulle strade del Congo, i pericoli, i piccoli ‘aiuti’ necessari per passare i posti di blocco e le barriere.

Visitava anche la missione di Bunyakiri, a 60 chilometri da Bukavu, zona controllata dai miliziani mai- mai, dove nessun altro si arrischiava ad andare. Sapeva vedere le cose anche con una vena di umorismo, coprendo con esso il magone per l’impotenza di fronte a quello che stanno vivendo queste popolazioni.

Spesso, tornando dai suoi viaggi rischiosi, scriveva al superiore generale raccontando le sofferenze viste e aggiungeva: “Anche questa volta l’angelo custode ci ha protetto!”.



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