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Padre Giovanni Gargano, saveriano di Salerno, è animatore missionario a Dhaka.

Dalla mia semplice esperienza di vita in Bangladesh, l’uso della parola misericordia è qualcosa di astratto, che non aiuta a comprendere il vero significato di questa termine che nasconde diverse sfaccettature.

Ho imparato l’attenzione per l’altro

Camminando lungo le strade di Dhaka, la capitale del Bangladesh, non ho visto la misericordia, ma mi sono imbattuto in “gesti di misericordia” ricchi di gratuità e sincerità. Per essere più preciso, la gente mi ha insegnato la misericordia, ma soprattutto l’invito a compiere “gesti quotidiani di misericordia”. È nella quotidianità della vita, infatti, che siamo chiamati a metterci in gioco. Di fronte ci troviamo diverse realtà umane che chiedono solo semplici gesti di misericordia.

Il rischio è “sparlare” della misericordia, senza cogliere a quale orizzonte ci spinge per incontrare l’altro nella vita di tutti i giorni, condividendo le gioie, le tristezze e le speranze. Questi gesti di misericordia li ho visti per esempio davanti al parlamento in Bangladesh con i venditori che portano sulla testa grandi e pesanti ceste con la verdura o la frutta. La cosa bella è che quando devono mettere in terra la cesta per riposarsi, allora si avvicina sempre qualcuno ad aiutarli. Da questo gesto ho imparato l’attenzione per l’altro, nei suoi bisogni e nelle sue necessità.

Ho imparato la condivisione…

Un altro gesto di misericordia si realizza lungo la strada, dove ci sono piccoli negozi che vendono diverse cose da mangiare. Quando un bambino, oppure una povera donna anziana, si avvicina chiedendo qualcosa da mangiare, vedi subito che il negoziante gli offre un pezzo di ciapati (una specie di piadina), oppure un piccolo assaggio fritto. Da questa azione ho compreso l’importanza della condivisione quotidiana che ti spinge non tanto ad accumulare, ma ad essere solidale con gli altri.

Infine, un altro gesto l’ho vissuto personalmente. Abbiamo invitato sei bambini di strada a sedersi davanti a un negozietto. Qui abbiamo offerto loro qualcosa da mangiare e alcuni chador per coprirsi dal freddo. Come risposta, ecco che i bambini mi hanno preso per mano e mi hanno accompagnato fino a casa, cantando pieni di gioia.

Con questo piccolo atto ho imparato che la misericordia non ha confini e si serve anche dei piccoli per mostrare agli adulti la grandezza di compiere gesti quotidiani di misericordia.



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