Le varie stagioni dell’annuncio
Vent’anni fa p. Vittorino Ghirardi, dopo un viaggio nella missione saveriana in Ciad, prese i miei filmati e quelli di p. Gigi Signori e ne fece un film. Il titolo era: “Le stagioni dell’annuncio”. Mi è tornato in mente, dato che sono al 30° anno di missione, e varie sono state le “stagioni” in questi trent’anni.
La semina in Ciad!
La prima stagione, quella della giovinezza e del primo amore che non si dimentica mai, è il Ciad: diciassette anni. Era il 1985 e la missione tra i masa e i marba era agli inizi. Rimpiazzavamo gli oblati di Maria Immacolata, che avevano cominciato vent’anni prima, ma ancora c’era molto da fare. Le comunità, sparse nella savana, erano costituite in gran parte da catecumeni e simpatizzanti; pochi erano i battezzati.
Alcune comunità le ho fondate io in villaggi che ancora non avevano sentito l’annuncio del vangelo. Begli anni: tanto tempo nei villaggi con la gente, dormendo in casa loro, sulla stuoia, mangiando con loro la polenta di miglio... Ero giovane e pieno di entusiasmo, e ho macinato chilometri di savana, spesso senza strade, seguendo con l’auto i sentieri percorsi a piedi dalla gente. In certi posti non avevano mai visto un’auto. È stata la stagione della semina.
Camerun, un’altra chiesa
Poi nel 2003, il mio trasferimento in Camerun, non lontano: ho passato semplicemente la frontiera, ma si capiva subito che era un altro paese, che non aveva conosciuto guerre civili come il Ciad. Si poteva star sicuri che un uomo in divisa non era un bandito né un ribelle.
Ed era anche un’altra chiesa. La diocesi di Yagoua aveva il suo terzo vescovo camerunese, con già parecchi preti locali e i missionari erano ormai ridotti al minimo. La lingua della nuova missione di Jugumta, anche se della stessa famiglia del masa, è comunque a parte. Ho dovuto rimettermi a studiare, e da lì è nato il secondo vocabolario, dopo quello masa-francese, fatto in Ciad.
Ma la differenza è stata soprattutto nella vita pastorale. Qui ho trovato una chiesa locale già avanti nella ricerca della sua autonomia, grandi comunità e grandi folle la domenica a Messa, battesimi dei bambini a Natale e a Pasqua di giovani adolescenti, in maggioranza figli di cristiani.
La stagione del raccolto
Con il tempo, abbiamo tradotto il lezionario domenicale dei tre anni liturgici e proprio quest’anno abbiamo stampato, grazie alla generosità di un sacerdote della mia diocesi di Ales, i quattro vangeli in lingua gizey. Di questa lingua ho pure completato e stampato il Messale.
Mi è mancata la savana, i grandi spazi abitati solo da gazzelle e faraone. La piccola tribù dei gizey (neanche 20mila abitanti) ormai coltiva tutto il suo territorio: non c’èrimasto niente di “selvaggio”, e i villaggi si susseguono uno dietro l’altro. La parrocchia, con i suoi 21 villaggi, occupa molto tempo tra Messe e sacramenti. È la stagione del raccolto, con famiglie cristiane già da tre generazioni.
E adesso… la saggezza
Da un anno, sono entrato nella terza stagione della missione. Ho lasciato la parrocchia nelle buone mani di un sacerdote camerunese e ho iniziato una nuova avventura nella cittadina di Yagoua, dove sta nascendo il centro culturale e il museo della Valle del Logone. Un progetto certamente ambizioso, rivolto soprattutto ai giovani di oggi, che si trovano in un guado: da una parte c’è la cultura dei loro padri e dall’altra la cultura mondializzata che oggi arriva anche nei villaggi più sperduti dell’Africa.
Il centro, già dotato di una biblioteca e di un internet point, ha l’ambizione di aiutare i giovani in questo passaggio: cercando di prendere il bene della modernità, ma senza tagliare le radici.
È, lo spero, la stagione della saggezza, quando si trasmette alle giovani generazioni il meglio della tradizione, sperando di vivere ancora un po’ in questo meraviglioso Paese.