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Domenica 24 marzo, nella grande cappella del seminario diocesano di Taranto, ho avuto l’onore di guidare un ritiro spirituale per un numeroso gruppo di catechisti provenienti dalle varie parrocchie dell’arcidiocesi.

Trattandosi non di una lezione cattedratica, ma di un ritiro quaresimale in preparazione alla Pasqua, ho preferito focalizzare la riflessione sulla dimensione “profetica” del catechista, ossia sulla sua intima relazione con la Parola di Dio, che si è incarnata nel Signore Gesù. A prescindere dal fatto che siate o meno dei catechisti, ne parlo a voi, cari lettori e lettrici, perché questa dimensione “profetica” (insieme a quella sacerdotale e regale) caratterizza anche la vostra vita cristiana, a partire dal momento del battesimo. In quel momento, infatti, siamo stati tutti innestati vitalmente in Cristo, che è appunto Profeta, Sacerdote e Re. Quindi, quello che ho proposto ai catechisti di Taranto lo dono anche a voi, a beneficio della vostra vita cristiana.

Prima di occuparsi di chi lo ascolta, il catechista (e anche ogni fedele) deve anzitutto intendere sé stesso come un discepolo (dal latino “discere” - “imparare”) e discepolo di Cristo, ossia deve sentirsi/mettersi alla sua scuola per imparare. Solo dopo ciò, con la sua catechesi, egli sarà in grado di far conoscere adeguatamente il Signore ai suoi figli, coinvolgendo la loro mente, il loro cuore, al fine di farli innamorare di Gesù. In altre parole, il catechista deve sentirsi chiamato a trasmettere non “fredde” nozioni libresche, ma notizie molto “calde” e avvincenti che sgorgano dal suo cuore, tanto da far “ardere” il cuore degli ascoltatori, proprio come fece Gesù nella sua catechesi ai due discepoli, che si trascinavano tristi e scoraggiati verso Emmaus.

Come può il catechista realizzare tutto ciò? E qui torniamo al tema del ritiro quaresimale: solo instaurando una relazione interpersonale con la Parola di Dio. Essa non è una parola morta, scolpita o stampata, ma è una viva Persona divina, ossia è il sapiente, onnipotente e misericordioso Verbo di Dio, che ha scelto di farsi uomo. Da questo principio scaturiscono per il catechista tre esigenze nella sua relazione con la Parola: ascoltarla per conoscerla, conoscerla per amarla, amarla per annunciarla. È evidente che questi tratti essenziali della spiritualità del catechista delineano un itinerario di annuncio autenticamente missionario.

Tale annuncio ha il catechista come prezioso protagonista umano, però in stretta collaborazione con il divino progettista, che è lo Spirito del Signore Gesù. Quindi, com’è l’anima per il corpo, così la cura di queste tre esigenze spirituali (relazione con Cristo-Dio) deve prevalere sulla pur necessaria cura intellettuale (relazione col discepolo) riguardo la preparazione dottrinale e la metodologia didattica, oltre che un doveroso aggiornamento religioso-culturale. Diversamente, invertendo o sminuendo questa priorità, il catechista farà indottrinamento e non evangelizzazione.



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