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In Brasile con Lucia e don Enzo di Pey

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Tra povertà e bellezze naturali.

Come forse già avete letto nelle pagine centrali del numero di luglio/agosto, a inizio anno ho avuto la possibilità di andare in Brasile per un viaggio missionario. Con me c’erano Lucia Marcheselli di Pey di Zerba, che da vari anni opera come volontaria laica in Brasile, e il parroco di Pey, don Enzo, che desiderava vedere dal vivo dove lavora la sua parrocchiana.

L’importanza di esserci

Anche di Lucia abbiamo già scritto su questa pagina, ma stavolta ho potuto rendermi conto personalmente di cosa significhi fare della propria vita un dono gratuito agli altri, un atto di amore verso i più piccoli, verso i più poveri, senza chiedersi o sapere chi c’è di fronte a noi, ma con l’unica certezza che c’è bisogno della nostra disponibilità, di un sorriso, di un aiuto. Insomma, l’importante è essere lì, in qualunque modo, ma esserci.

Racconta don Enzo: "La prima volta che Lucia mi ha parlato del desiderio di recarsi in Brasile, ho avuto qualche dubbio, i poveri ci sono anche qui, a Pey. Poi, riflettendo sui talenti che ci sono stati posti tra le mani, mi sono convinto che dietro ogni vita c’è un progetto di Dio".

La missione nasce dalla disponibilità di ascoltare il Cristo, per capire che cosa vuole da noi e metterci poi a servizio degli altri.

È possibile vivere così?

La prima tappa del nostro viaggio, inizia a Buerarema con la visita dei centri di accoglienza dei bambini. Qui da poco tempo è parroco l’infaticabile Josè Carlos, amico di Lucia e fondatore di tante iniziative in favore di bambini e adolescenti. Il buio avvolge rapidamente la cittadina, ma non tanto da impedire di osservare l’ambiente circostante. La visione è di quelle che agghiacciano il cuore: un susseguirsi di miseri tuguri, disposti lungo un tratturo sconnesso, senza illuminazione. Cartoni, stracci, brandelli di stoffa fanno da intonaco a queste tane, qualsiasi altro oggetto, trovato chissà dove, serve per rattoppare brandelli di muro crollati. Sull’uscio di questi abrigos intravedo delle persone, mute, come perse nel silenzio della notte.

"Ma come vivono?", mi chiedo ad un primo impeto di smarrimento interiore.

La foresta incombe a ridosso di queste catapecchie e le piante sembrano chinarsi come a proteggerle. La foresta ha tanti segreti, ricchezze ancora inesplorate, la frutta tropicale... Forse la natura dà loro quanto è necessario. Così tranquillizzo il mio cuore. Lucia, notando forse il mio disagio, mi dice che lì si costruirà un Centro di accoglienza per i bambini del bairro.

Arriviamo alla chiesa parrocchiale per la messa delle 19,00. Le luci danno subito un senso di gradevolezza dopo tanto buio. Le ombre improvvisamente si dileguano al ritmo dei canti, ma il mio cuore non canta.

 

Come in un film western

Due giorni dopo, raggiungiamo Canavieiras dove visitiamo un Centro di accoglienza di bambini di strada e le rispettive famiglie. Proprio lì, Lucia ha avuto il primo impatto con questa realtà di povertà e di abbandono. Era accompagnata da suor Chiara, l’iniziatrice di questa missione in favore dei più poveri.

"E’ stato un amore a prima vista", mi dice Lucia mentre in viaggio racconta la sua prima esperienza a Canavieiras. Il paesaggio, lungo la costa atlantica, è sempre tonificante. La brezza marina lambisce i nostri volti e dona all’animo una certa felicità.

La prima impressione, entrando in città, è quella di trovarsi in uno di quei villaggi che si vedono nei film western: bar, negozi dove si vende di tutto, copertoni ammassati ai bordi della strada, panni stesi alla rinfusa sui fili, carne esposta al sole…C’è grande animazione per il caotico andirivieni di gente; nelle lanchonette, una specie di saloon, alcuni giovani seduti scompostamente consumano l’immancabile birra, skol, che costa molto poco ed è alla portata di tutti.



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