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A Roma passano tanti saveriani. Alcuni sono solo in transito prima di raggiungere nuove mete. Altri frequentano corsi e università, per poi ritrovarsi, la sera, al Collegio Conforti. Ringraziamo p. Marcello Storgato che ha raccolto le testimonianze pubblicate in questa pagina.

Sono spagnolo delle Isole Canarie, nato nella piccola isola La Palma nel 1981, in una famiglia semplice: mio papà lavorava in ferramenta e mia mamma è sarta e insegna taglio e cucito. Ho un fratello più piccolo.

La vita in comunità

Da quando avevo 11 anni ho avuto il desiderio di diventare presbitero: mi piaceva come viveva il nostro parroco e volevo provare a essere come lui. Non è stato facile. Mio papà non voleva che andassi via, il seminario era in un’altra isola e sarei tornato a casa solo durante le vacanze.

“Sei troppo piccolo - mi diceva - e mi dispiace spendere altri soldi per venirti a riprendere e portarti a casa…”. Io, però, ero testardo: ho insistito e mi hanno lasciato andare.

Ho vissuto dieci anni in seminario, durante i quali spesso venivano a parlarci i missionari. Ho cominciato a pensare: “Qui i preti non mancano; in missione, invece, sono pochi e hanno tanto da fare”. Insomma, non mi sentivo a mio agio in seminario; mi faceva paura quella vita solitaria che i preti diocesani vivono: mi attirava di più la vita in comunità.

Alla ricerca di missionari…

Così ho cominciato a cercare: gesuiti, comboniani… I saveriani li ho trovati su internet, perché non ci sono nelle Canarie. Mi hanno risposto, facendomi conoscere il loro carisma e il loro stile, cosa fanno e dove sono… Ho cominciato un rapporto con loro attraverso p. Giuseppe Cisco, una persona che mi ha colpito per la sua semplicità. È venuto anche alle Canarie a trovarmi, così ha conosciuto la mia famiglia.

Non è stato facile decidere: il rettore era contrario, il vescovo non voleva perdere un prete… Comunque, mi hanno lasciato andare.

Ho iniziato la preparazione per essere saveriano a Madrid. Ad Ancona ho fatto il noviziato, inclusa un’esperienza molto bella a Udine, in una casa per immigrati.

In attesa dell’ordinazione sacerdotale, ho chiesto di partire subito per la missione del Ciad, in Africa. Noi delle Canarie siamo, in un certo senso, africani; apparteniamo al continente Africa. Sono partito a settembre del 2007.

Ciad, il ''primo amore''

Dopo alcuni mesi nella comunità degli studenti saveriani di teologia in Camerun, mi hanno mandato a Bongor, nella diocesi di Pala, dove mi sono trovato benissimo! È stato il mio vero “primo amore”! Mi è stato chiesto di imparare l’arabo ciadiano, soprattutto per lavorare nella pastorale con i giovani.

A Bongor ci sono molte comunità di base, suddivise per etnie, che sono varie e parlano lingue diverse: massa, musey, tupurri, mundang e altre. Tra gli studenti dell’università e nei vari villaggi sparsi sul territorio non era mai stata portata avanti una vera pastorale giovanile; perciò c’era bisogno che io mi dedicassi a questa importante attività.

Di nuovo lì dopo l’ordinazione

All’epoca, responsabile della missione era p. Giuseppe Pulcini; p. Marco Bertoni era incaricato della radio “Terra Nuova”; io seguivo i giovani. Poi sono arrivati p. Denis Iurigh, p. Felipe Rebollo e p. Antonio Serrano, che ora seguono le varie attività della missione, compresa la radio locale.

Dopo tre anni, ho fatto la professione perpetua e ho ricevuto il diaconato nella nostra missione di Bongor. Ordinato prete nelle Canarie nel giugno 2011, sono tornato in Ciad, dedicandomi alla pastorale giovanile, fino a due anni fa, quando è arrivato il saveriano indonesiano fratel Washington.



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