Il loro peso si è fatto più leggero…
Cosa facciamo nell’infermeria, al quarto piano della casa madre dei saveriani di Parma? Niente di eccezionale o faticoso. Portiamo a spasso i missionari in carrozzina o sorreggiamo chi ha bisogno di aiuto per muoversi, li ascoltiamo nei racconti della loro infanzia, giovinezza e missione, guardiamo la tv insieme, chiacchieriamo… In una parola, “teniamo loro compagnia”.
Cerchiamo di essere per loro un contatto con il mondo esterno, li incoraggiamo a parlare, perché non si chiudano nel silenzio del dolore e della solitudine.
E poi preghiamo insieme: ogni giorno alle 18 recitiamo il rosario insieme; poi, durante la cena, come in famiglia, aiutiamo servendo, imboccando e sparecchiando.
A volte si sente dire che chi soggiorna al quarto piano è “più di là che di qua”. Non è vero, perché al quarto piano c'è vita! Sicuramente una vita sofferta, ma la vita c'è ed è di grande valore, perché segnata dal peso dell'età e della malattia; una vita che ha ancora voglia di essere vissuta, fino all'ultimo istante. Questo è chiaro, quando vedo un missionario, bisognoso lui per primo, che aiuta un suo confratello.
Qui c'è la storia dei missionari saveriani: quella storia che non è raccontata nei libri sulla missione; quella storia di missione che ognuno in prima persona ha vissuto, a modo suo, con quello che è stato capace di essere e di dare.
Ogni missionario è portatore di una storia, personale e comunitaria. Essere a contatto con loro contribuisce alla mia crescita personale, come donna e come cristiana.
Quando sono con i missionari i miei problemi non esistono più; non importa quanti ho potuto aiutare; per me ha senso quando almeno uno di loro, con tutta la sua sofferenza, ha risposto a un mio sorriso: vuol dire che almeno per un secondo il peso della malattia si è fatto più leggero.
Prendersi cura degli anziani va fatto sempre con discrezione e rispetto, perché non dimentico ciò che qualche mese fa mi ha detto un missionario: “Com'è difficile lasciarsi aiutare per chi in una vita intera ha pensato solo ad aiutare gli altri!”.
Il mio ultimo pensiero va ai missionari che ci hanno lasciato, ma che hanno tracciato un segno nel mio cuore: con loro ho trascorso ore preziose, mi hanno voluto bene gratuitamente, mi hanno coccolata come una figlia.
Per loro ho pianto e il distacco è stato doloroso: a loro va un mio infinito grazie.