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E sono passati cinquant’anni…

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A volte, nemmeno ci rendiamo conto, ma il tempo trascorre veloce; forse ce ne accorgiamo solo quando ricordiamo gli avvenimenti passati della nostra vita. Faccio questa osservazione perché, quasi senza accorgermi, sono trascorsi 50 anni dal giorno della mia ordinazione presbiterale.

Raggiunsi la sospirata meta dopo dodici lunghi anni di preparazione. Fin dall’adolescenza, il Signore mi aveva fatto sentire la sua voce per seguirlo, ma per vari motivi, quali la paura dello studio, la chiamata non aveva meritato la mia attenzione. Invece, avevo scelto la strada del lavoro, iniziando l'esperienza di apprendista falegname a Esine, mio paese natale, anche se papà Pietro avrebbe preferito che io seguissi la sua professione di muratore.
Già stavo raggiungendo i vent’anni quando, nonostante un buon impiego, l’amore per la mia famiglia, la partecipazione al movimento dell'Azione Cattolica, il desiderio di costruire una famiglia in futuro, con l'aiuto di p. Gianni Pedrotti e del curato don Bontempi, decisi di lasciare tutto per entrare nel seminario per vocazioni adulte dei saveriani, a Nizza Monferrato.

L'idea era quella di fare qualcosa in missione in favore dei più poveri e bisognosi, fosse anche solo insegnare a costruire tavoli e finestre. Non era certamente il momento più adatto per lasciare la famiglia: alcuni degli otto fratelli erano ancora piccoli e i due fratelli maggiori, Teodoro e Bettino, si trovavano per un lavoro stagionale in Svizzera. Ma iniziai gli studi, con l’appoggio di tutti, anche se papà Pietro si trovava da alcuni mesi in ospedale a Brescia per cure mediche. Mi disse: “Ricordati che la vocazione sacerdotale e missionaria esige molto impegno e sacrificio e tu non sei più un ragazzo, però se questa è la tua scelta io ti do il mio appoggio e la mia benedizione”.

I numerosi anni di formazione arricchirono la mia maturazione culturale e spirituale, ma esigevano anche molta fede e buona volontà, dal momento che avevo ripreso gli studi quasi dieci anni dopo la conclusione delle elementari. Superate le difficoltà, il 27 settembre 1970, circondato dalla mia numerosa famiglia e da alcuni compaesani, per le mani di mons. Angelo Frosi (poi mio vescovo in Amazzonia), nel santuario della Casa Madre dei saveriani a Parma, insieme ad altri ventiquattro confratelli (tra cui il bresciano p. Gianni Abeni) sono stato ordinato presbitero.

Completai gli studi di Teologia a Parma, frequentai un corso di cultura latino-americana a Verona e, dopo aver ricevuto con molta commozione il crocefisso nel Duomo di Brescia dal vescovo mons. Morstabilini, il 29 dicembre 1971, insieme ad altri due saveriani, mi sono imbarcato sulla nave Augustus a Genova. In quindici giorni di navigazione, sono approdato al porto di Santos, nell'immenso Brasile, la mia sospirata nuova terra d’adozione.
Quando di notte la nave sbuffava e io tentavo di dormire, nella mia mente esaminavo tutto quello che mi era successo: stanchezza, mal di mare, dolore per l'abbandono della mia famiglia e della mia terra natia, il ricordo di mamma Ester rimasta a Brescia dopo l'ultimo affettuoso abbraccio, il pianto dei miei fratelli sul molo… Ma quando vidi nelle comunità cristiane periferiche di Belem i miei confratelli saveriani, alcuni dei quali molto provati, prodigarsi per offrire assistenza spirituale e materiale a migliaia di persone ammucchiate nelle immense baraccopoli alla periferia della città, ho pensato che ne era valsa la pena.

La mia presenza in Amazzonia iniziò cercando di capire e amare la società brasiliana e i suoi abitanti. Dopo lo studio della lingua con una maestra indigena, con gioia ho ricevuto la mia prima destinazione nella diocesi di Abaetetuba, guidata proprio da mons. Frosi. Era costituita da numerose Comunità Ecclesiali di Base, che si raggiungevano in battello lungo il corso dei fiumi. Data la scarsa presenza di missionari, queste comunità erano seguite dai ministri dell'Eucaristia del luogo, mentre noi missionari le visitavamo solamente una volta al mese per la celebrazione dell’Eucaristia, confessioni e matrimoni; i defunti, invece, erano benedetti dai Ministri della Comunità.

Il vescovo mi aveva consegnato l’accompagnamento pastorale di una parte della diocesi ed io mi sentivo realmente realizzato nelle visite domenicali alle cappelle dell'interno. Provavo già un genuino amore e rispetto per gli indios, semplici e dotati di amore per la loro terra, una profonda religiosità vissuta in particolare per la devozione alla Madonna e ai santi. Ero troppo felice e soddisfatto del mio lavoro. Un bel giorno il Superiore mi disse di andare alla periferia di Belém, per aiutare p. Savino Mombelli nella casa provinciale dei saveriani. L’impegno come Direttore della casa e del Santuario attiguo durò tre anni, poi sono tornato nella diocesi di Abaetetuba.

Nel 1990 p. Josè Pedro, Superiore in Brasile Sud, mi invitò a recarmi nella sua Regione come responsabile di un seminario privo di direzione. Così, volai a San Paolo e raggiunsi Laranjeiras do Sul, dove ho iniziato il mio lavoro di collaboratore parrocchiale e di animatore vocazionale: 20 giovani brasiliani, in quegli anni, passarono al Liceo di Curitiba. In seguito, ho ricevuto altri 10 incarichi, fino a quando sono rientrato in Italia.

In cinquant'anni di impegno come presbitero missionario, non mi sono mai dimenticato dei bresciani, nella preghiera e negli articoli che ho inviato dal Brasile per “Missionari Saveriani”.
Chiedo umilmente anche a voi che vi uniate a me, per ringraziare il Signore e la Madonna per avermi sostenuto e orientato in questi lunghi anni di vita missionaria.



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