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Dalla misericordia alla missione

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Oggi i giovani sono l’icona del nostro mondo in continua mobilità. Siamo continuamente incitati a correre, ma verso che cosa, verso quale meta? Consapevoli di questo, alcuni giovani hanno percepito la necessità di fermarsi, di lasciarsi accompagnare, di sostare per scoprire perché e verso dove devono correre.

A quale allenatore bisogna dare ascolto? A quello delle performance fisiche, dello show per vincere a tutti i costi, oppure a quello che ama tutti, iniziando dagli ultimi, dai deboli? Non è forse lui, il vero allenatore, che non intima ordini, ma sceglie di mettersi a giocare con noi perché ama l’umanità ed è misericordioso? Non è forse da lui che si deve partire per mettersi in cammino per la missione?

L’azione di Dio attraverso noi

Con i giovani del centro missionario di Fano abbiamo trascorso tre giorni di sosta, preghiera, meditazione, silenzio e condivisione per riflettere, per abbeverarci alla vera sorgente, lasciandoci avvolgere dall’abbraccio del Padre Eterno la cui identità è misericordia.

Uno sguardo biblico sul tema della misericordia è stato il primo input per cogliere da dove essa nasce e come Dio l’ha manifestata al popolo d’Israele e poi a noi tutti in Cristo. È un Dio che vede, ascolta il grido di chi soffre e scende per liberare, attraverso di noi. Come quando disse a Mosè, nel deserto di Madia: “perciò vai, io ti mando”. È stato affascinante scoprire che Dio vuole agire e rendersi visibile tramite ognuno di noi. Ci siamo lasciati raggiungere da quello stesso sguardo che ci manda a liberare, a essere segno di vita per i nostri fratelli oppressi da numerosi problemi: malattia, indifferenza, esclusione.

I verbi di un panorama di vita

Come viviamo la misericordia ogni giorno, quando svolgiamo i nostri servizi (scuola, università, lavoro, tempo libero...)? A partire da questa domanda abbiamo lasciato che fosse la Parola di Dio a illuminarci, attraverso alcuni verbi che ci siamo portati a casa: vedere, avere compassione, lasciarsi interpellare dalla situazione dell’altro, farsi vicini, chinarsi, prendersi cura. Verbi affascinanti dell’agire del buon samaritano. E non ci sono solo questi verbi, ma anche quelli riferiti alle opere spirituali: consigliare i dubbiosi, insegnare gli ignoranti, consolare gli afflitti... insomma un panorama di vita.

Ardeva in noi il desiderio di vivere in questo periodo, pur in modo limitato, un’opera di misericordia in questo periodo. Allora ci siamo mossi nel pomeriggio del secondo giorno per andare a trovare chi vive in situazioni di marginalità a causa della malattia. Al “Focolare” abbiamo visitato i portatori di HIV. È stato un pomeriggio bello, fatto di amicizia e ascolto, è stata una testimonianza che va dritta al cuore e risolleva.

Cosa desiderare di più bello?

L’ultimo giorno ci ha visti proiettati nella realtà fanese, dove siamo chiamati a vivere la contemporaneità della misericordia, non solo durante l’anno di grazia giubilare, ma con il nostro stile di vita.

Dov’è che il Signore mi chiama oggi ad essere segno visibile della sua misericordia? È l’interrogativo con cui ci siamo lasciati. Solo se ci scopriamo amati, troveremo la bellezza di essere missionari della misericordia. La stessa vocazione, quella saveriana per esempio, nasce se ci sentiamo avvolti dal Signore, da lui chiamati e inviati a diffondere il vangelo in mezzo ai nostri fratelli sparsi nel mondo.

Dobbiamo andare verso gli altri per condividere interamente ciò che si ha, ma soprattutto ciò che si è: l’esperienza, la fede, la vita. Abbandoniamoci all’abbraccio di Dio che ci ha presi, ci ha fatti suoi e vuole che condividiamo tutto con gli altri.

Cosa si può desiderare di più bello? Quel “fare del mondo una sola famiglia in Cristo”, sognato da san Guido Conforti! Fermarsi e guardare l’orizzonte di vita dove il Signore ci chiama: “Non potrò tacere, Signore, i benefici del tuo amore”.



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