''Cercavo l’impossibile''
Ho incontrato i saveriani a settembre, durante il congresso Eucaristico. Ho avuto l'occasione di conoscerli meglio in occasione dell'esperienza "Tabor", tenutasi dal 2 al 5 gennaio nella loro casa di Ancona. I saveriani hanno davvero un "carisma" in più, se così si può definire l'immenso trasporto che essi provano verso la "famiglia allargata".
I giorni trascorsi con loro sono passati tra incontri personali e condivisione. L'impatto iniziale è stato quello di una vecchia amicizia ritrovata: sin dal primo momento mi è parso di conoscerli! Non nascondo il timore di trovarmi fuori luogo con le domande che concludevano le serate trascorse insieme in cappella, essendo io neo-battezzata all'età di 31 anni. Ma il bello di Dio è che non discrimina per età o per appartenenza demografica. Diciamo che mi è andata bene!
Nel dialogo con gli altri giovani presenti, si è consolidata una conoscenza reciproca, dato che era la prima volta per tutti: ho trovato una grande fede. Erroneamente, pensavo che la fede fosse una questione di "soli adulti", dimenticando che gli adulti un giorno sono stati ragazzi. Escludevo quelli che come me sono "nati" grandi. La parte più bella del "Tabor" sono stati però i momenti di silenzio personale.
Alla fine dei tre giorni, quando ci è stato chiesto cosa cercavamo prima di approdare al "Tabor", cosa abbiamo trovato e cosa chiediamo come grazia, mi è venuto spontaneo rispondere così: "Prima di ora (prima del battesimo) cercavo l'impossibile; ho trovato la fede e il "Tabor" mi ha fatto capire che anch'io potrei dare speranza a chi non ne ha".