Campo missionario a Siracusa/3
Ogni anno i saveriani organizzano alcuni campi estivi per i giovani. Uno di questi appuntamenti era a Siracusa dal 16 al 27 agosto e aveva l’obiettivo di far conoscere da vicino il problema dei migranti e le difficoltà di una buona accoglienza.
I 13 ragazzi del gruppo, provenienti da tutta l’Italia, sono stati ospitati in una struttura della Caritas diocesana di Siracusa. L’equipe degli educatori era formato dai saveriani Alberto Panichella, Emmanuel Adili Mwassa, dalla saveriana suor Gemma ed Ester Mantovan, missionaria laica.
Riportiamo la testimonianza di Luca D’Amore, che rappresentava la Puglia.
Sono partito da Taranto non sapendo cosa mi aspettava di preciso e senza immaginare quanto questa esperienza avrebbe potuto cambiarmi. L’unica cosa di cui ero certo è che mi immaginavo un'altra avventura on the road, ma diversa da quella di Loyola-Javier dell’agosto 2013.
L’avventura ha inizio
Appena arrivato a Siracusa, ho conosciuto i miei compagni di viaggio e il team degli educatori, con i quali abbiamo subito familiarizzato. Nelle prime giornate abbiamo avuto la possibilità di conoscere meglio la realtà dei migranti, visitando tre centri di accoglienza di Siracusa e provincia.
Ascoltando i racconti e le testimonianze di operatori, responsabili e degli stessi migranti, mi rendevo conto che queste persone avevano bisogno di essere ascoltate, accolte, aiutate. La nostra presenza ha dato loro un senso di serenità. In questi luoghi mi ritornava in mente il discorso delle Beatitudini, quando Gesù, rivolgendosi alle folle e ai discepoli, incoraggiava coloro i quali si trovavano in situazioni difficili, sia materiali che morali e sociali.
Più incontravo queste persone, più mi rendevo conto che per fare una buona accoglienza bisogna riconoscere i loro diritti fondamentali, dando la possibilità a ciascuno di realizzarsi, senza alcun impedimento.
Per conseguire questo obiettivo è necessario dedicare il proprio tempo, con sentimenti di vera amicizia e condivisione.
Il necessario si trova per strada
Con questo spirito di gioia, servizio e fiducia, abbiamo proseguito il nostro campo missionario. Non eravamo in molti, ma sufficienti per conoscerci meglio e collaborare insieme. Ogni giorno ci ritrovavamo negli stessi posti con i migranti, ammirando la loro “grande bellezza” e non sapevamo mai cosa sarebbe successo il giorno seguente.
Insieme ai miei compagni di viaggio ho condiviso momenti di riflessione e spensieratezza, esperienze di vita accomunate dalla fede in un Dio che ci aveva resi fratelli senza conoscerci.
Vedevo la fine di questa esperienza come un vero e proprio traguardo: un viaggio alla scoperta di me stesso, ma non solo…
Al ritorno a Taranto la mia vita non è più la stessa. Mi sono reso conto che per camminare e viaggiare dentro se stessi, non c’è bisogno di un bagaglio ricco. Il necessario si trova sempre per strada! Come ha fatto sant’Ignazio di Loyola che è andato oltre, ha deciso di seguire la strada che Dio gli aveva segnato, affidandosi a Lui, con gioia.