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Atto 1°: Il vangelo tra gli ultimi

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muci del Bangladesh sono sparsi un po' su quasi tutto il territorio, perché i lavori da essi svolti sono mestieri ignobili, ma richiesti dalla società stessa. Ma c'è una zona in cui essi sono presenti in modo più consistente, sia come numero sia come incidenza culturale.

È la regione sud-occidentale del Bangladesh, ai confini con il Bengala indiano, ai due lati del fiume Kopotokko, uno dei tanti rami nel delta del Gange. Nella zona, si distingue il villaggio-bazar di Borodol: poche migliaia di abitanti. Ma il sabato e la domenica, giorni di bazar, diventa una fiumana di gente, di barche e di merce di ogni tipo, che qui confluiscono da tutte le zone del circondario. È, insomma, un grande snodo commerciale.

Proprio a Borodol la missione cattolica era stata iniziata dai gesuiti di Calcutta intorno al 1937. I contatti naturalmente erano cominciati già prima, verso il 1920. I gesuiti, inizialmente uno o due, partivano da Calcutta e, seguendo la via dei fumi, venivano in zona, prendevano contatto con i vari villaggi muci e poi rientravano alla base.

Nel 1952, in seguito all'indipendenza dell'India dall'impero britannico (avvenuta nel 1947) e alla successiva divisione in India e Pakistan (nei due tronconi di Pakistan occidentale e Pakistan orientale, poi divenuto Bangladesh), la missione di Borodol venne affidata ai missionari saveriani, poiché i gesuiti preferirono rimanere in India.

I saveriani hanno dedicato molte energie alle comunità muci di tutta l'area, con l'intento non solo di radicare maggiormente la fede e la vita cristiana, ma anche per elevare il livello sociale e culturale della gente.

Purtroppo, la dedizione e gli sforzi non raccolsero i risultati sperati; le liti interne, il persistere di pratiche anti-sociali e furberie varie... hanno portato il vescovo e il superiore di allora a togliere la presenza stabile dei missionari nella zona e a “chiudere” la missione.

Forse una decisione così drastica aiuterà la gente a ravvedersi: questa era la speranza di tutti.



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