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Sabato 5 di ottobre è iniziata a Roma, in San Pietro, un’esperienza che porterà la Chiesa a riflettere e dialogare e prendere, in comune accordo, decisioni pastorali importanti, non solo a favore della regione amazzonica, ma anche per l’intera Chiesa nel mondo.

Dopo il Sinodo (camminare insieme) sull’Amazzonia, la Chiesa non sarà più la stessa.

Il 4 siamo sbarcati a Roma in 18, provenienti soprattutto dalla regione amazzonica: missionari e missionarie del CIMI (Consiglio Indigenista Missionario: la pastorale della chiesa cattolica vincolata alla Conferenza Episcopale del Brasile) ed indios che rappresentano decine di popoli ed organizzazioni indigene dell’Amazzonia brasiliana. L’Amazzonia Legale è un territorio che appartiene ad otto stati nazionali. Il 60% di questo ampio territorio appartiene allo stato brasiliano.

Due anni fa, papa Francesco, dopo aver ascoltato e accolto le voci dei popoli della foresta, dei vescovi e delle comunità cristiane di tutta la regione, ha indetto la realizzazione di un Sinodo sull’Amazzonia. Dal 2017, una commissione appositamente istituita, ha promosso in tutta l’Amazzonia centinaia di incontri che hanno visto la partecipazione di oltre 80mila persone, tra loro, vescovi, religiosi e religiose, leader comunitari, catechiste, indigeni, caboclos, ribeirinhos… La REPAM, Rete Ecclesiale Panamazzonica, ha coordinato ed accompagnato questa prima fase del Sinodo, sfociato poi nella redazione dell’INSTRUMENTUM LABORIS, il documento di base sul quale si appoggiano i lavori del Sinodo dei vescovi.

Ufficialmente il Sinodo è iniziato in San Pietro con la celebrazione dell’Eucarestia presieduta da papa Francesco domenica 6 ottobre. I missionari del CIMI ed un gruppo di indios sono stati invitati dal papa a partecipare alla celebrazione portando all’altare le offerte del pane e del vino.

Sabato 5, abbiamo fatto le prove col cerimoniere del papa. Gli indios, in estasi, non sapevano cosa dire. L’emozione era indescrivibile. Avevano sentito parlare che il papa abitava a Roma. Qualcuno di loro era già entrato in una chiesa. Ma, al mettere piede in San Pietro, si sono visti davanti qualcosa che non immaginavano. Concluse le prove guidate da mons. Agostino, gli indios hanno espresso il desiderio di poter procedere alla processione offertoriale del giorno seguente a piedi nudi. In meno di due ore gli indios avevano capito che il suolo sul quale si muovevano era sacro, perché bagnato dal sangue dell’apostolo Pietro, sepolto sotto il maestoso altare.

Nel pomeriggio, il nostro gruppo formato da missionari e da indios è stato invitato alla celebrazione del Concistoro, durante la quale papa Francesco ha elevato alla porpora 13 nuovi cardinali. Tra loro, il nostro amico Michael Czerny che, il giorno prima, era stato consacrato vescovo. A mons. Michael è stata regalata una croce pettorale fatta in legno, ricavata da una zattera di migranti naufragata nel mar Mediterraneo. Il cardinale è il segretario speciale del Sinodo.

Ci ha commossi vedere papa Francesco piangere al momento di imporre le mani su mons. Sigitas, lituano, che ha trascorso dieci anni nei lager sovietici e poi esiliato in Siberia. Anche la partecipazione a questa celebrazione ha fatto sì che gli indios percepissero la vicinanza di papa Francesco.

Domenica 6 ottobre siamo entrati in basilica due ore prima dell’inizio della celebrazione. Molti vescovi nostri amici ci sono venuti a salutare. Abbiamo augurato loro una santa celebrazione. Forse non tutti gli indios hanno capito l’importanza di quel momento per la Chiesa e per il mondo intero, anche perché il latino della liturgia ed i canti erano a loro totalmente sconosciuti. Ma sapevano che avrebbero partecipato ad un momento liturgico molto importante: la processione offertoriale. Giunto il momento, li abbiamo accompagnati. Confesso che mi sono emozionato. Vedere undici indios, rappresentanti di 315 popoli dell’Amazzonia brasiliana, da sempre umiliati, sfruttati, braccati, violentati e assassinati, salire all’altare per offrire a papa Francesco i doni della mensa Eucaristica e ricevere da lui la benedizione mi ha colmato il cuore di forti emozioni. La salita all’altare può essere letta come l’inizio del riscatto per questi popoli?

A celebrazione terminata, gli indios del nostro gruppo sono stati assaliti da tutti, in prima fila cardinali e vescovi (ci trovavamo nel loro settore) che volevano conoscerli, fare foto con loro e ringraziare per la presenza alla celebrazione.

Piazza San Pietro, poi, si è trasformata in palcoscenico naturale per le danze e i canti degli indios, interrotti solo dall’Angelus.

La nostra partecipazione al Sinodo per l’Amazzonia avviene sia nella sala sinodale, così come nelle attività che promuoviamo in tutta la città. Abbiamo stabilito la sede nella chiesa Traspontina, definita “Tenda Amazzonia: Casa Comune”. Da lì, ogni giorno, ci dividiamo il lavoro che consiste nel rilasciare interviste, organizzare conferenze e dibattiti sui temi che riguardano l’Amazzonia e che vengono trattati dai Padri/Madri (sono più di 40 le donne che partecipano al Sinodo) sinodali. Nei primi giorni siamo stati presenti simultaneamente nella chiesa di S. Felice, nella sala stampa della Santa Sede, nella Radio Vaticano, negli auditori dei missionari della Consolata, dai Comboniani, Gesuiti, Francescani, Carmelitani, Fondazione Lelio Basso, Casa delle Donne, nelle sedi della Misereor, dell’Adveniat e della Caritas… In questi giorni faremo un intervento nella sede della FAO, all’EUR e nella Camera dei Deputati.

Il Sinodo è l’esperienza del “camminare insieme” e deve sempre più diventare uno strumento privilegiato di ascolto del Popolo di Dio. Nel 2018, papa Francesco scriveva: “Allo Spirito Santo, per i Padri sinodali chiediamo, innanzitutto, il dono dell’ascolto, ascolto di Dio, fino a sentire con Lui il grido del Popolo; ascolto del Popolo, fino a respirarvi la volontà a cui Dio ci chiama”. 

Sono numerosi i temi che verranno trattati in questo mese di ottobre nella Sala Paolo VI. Ne ricordiamo alcuni.

L’Amazzonia non è solo il “polmone verde del mondo”, ma anche un luogo teologico dove la Chiesa è chiamata a rispondere alle sfide e alle minacce che incombono su questo grande territorio, minacce che provengono da visioni politico-economiche che mirano solamente allo sfruttamento selvaggio di tutte le ricchezze presenti in esso.

L’assemblea sinodale dovrà trattare il tema “Amazzonia, fonte di vita e vita in abbondanza” (Gv. 10). Verrà analizzato il tema del Territorio come luogo della Rivelazione di Dio, un territorio dove tutto è connesso (ecologia integrale): l’uomo, la natura, le risorse, lo Spirito di Speranza che alimenta il modo “bien viver” (di vivere bene). Fondamentale per i Padri/Madri sarà l’analisi che faranno sul “Tempo di Grazia” che i popoli dell’Amazzonia stanno vivendo. Verranno trattati i temi dell’inculturazione, dell’interculturalità della e nella chiesa ai quali sono connessi i nuovi cammini di dialogo, che sarà necessario percorrere. Cammini che nasceranno dal dialogo con i popoli amazzonici, inaugurando nuovi stili di fare missione. In Brasile esistono ancora più di cento popoli indigeni (clan, gruppi familiari) in situazione di “isolamento volontario”, cioè senza contatto con il resto della società.

Sarà necessario orientare l’azione missionaria della Chiesa anche con questo particolare gregge del Signore.

Ancora, il Sinodo dovrà analizzare le cause e le conseguenze della “migrazione” degli indios verso le periferie delle grandi città e offrire orientamenti per una pastorale indigenista adeguata. Saranno anche oggetto di studio i temi riguardanti l’urbanizzazione dell’Amazzonia, i cambiamenti sociali e la vulnerabilità delle famiglie.

Crediamo fermamente che i Padri/Madri sinodali prenderanno in seria considerazione il tema della corruzione, una piaga morale strutturale che permea tutte le sfere delle amministrazioni pubbliche.
Cristo ci chiama anche alla conversione (Mc 1,15), che dev’essere integrale: ecologica ed ecclesiale. La chiesa profetica dal volto amazzonico avrà una dimensione universale, un volto di sfida dinnanzi alle ingiustizie, un volto inculturato e missionario, percorrendo il cammino che la porterà ad assumere anche un volto indigeno a partire dal rispetto e dalla comprensione delle cosmo-visioni e liturgie indigene. 
Infine, il ruolo profetico della chiesa e la promozione umana integrale la porterà ad essere luogo di ascolto, ma anche in situazione di “permanente uscita”. 

Nell’omelia della Celebrazione Eucaristica di apertura al sinodo, domenica 6 ottobre, papa Francesco ci diceva: “Cari fratelli, guardiamo insieme a Gesù Crocifisso, al suo cuore squarciato per noi. Iniziamo da lì, perché da lì è scaturito il dono che ci ha generato; da lì è stato effuso lo Spirito che rinnova (cfr Gv 19,30). Da lì sentiamoci chiamati, tutti e ciascuno, a dare la vita. Tanti fratelli e sorelle in Amazzonia portano croci pesanti e attendono la consolazione liberante del vangelo, la carezza d’amore della chiesa. Tanti fratelli e sorelle hanno speso la loro vita in Amazzonia. Permettetemi di ripetere le parole del nostro amato cardinale Hummes. Quando arriva in quelle piccole città dell’Amazzonia, va nei cimiteri a cercare la tomba dei missionari. E poi, con un po’ di furbizia, dice al Papa: “Non si dimentichi di loro. Meritano di essere canonizzati”. Per loro, per questi che stanno dando la vita adesso, per quelli che hanno speso la propria vita, con loro, camminiamo insieme.

Il Sinodo è una sfida, ed è appena cominciata. Dopo il Sinodo sull’Amazzonia, la chiesa non sarà più la stessa.


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