Skip to main content
Casa Saveriana

Vicenza



Presentazione

La comunità dei Missionari Saveriani a Vicenza è molto impegnata, principalmente nell’animazione missionaria e vocazionale. Molti sono gli incontri, eventi e progetti organizzati con l'appoggio e collaborazione di molti laici saveriani che da anni ci sostengono, con gruppi giovanili parrocchiali e con la stessa Diocesi.

La comunità è composta anche da vari padri anziani, che dopo aver speso molti anni nelle missioni, ora sono qui a Vicenza per ragioni di salute e di età. Per noi e per tutti i visitatori sono una presenza e una testimonianza missionaria molto preziosa.

Del nostro servizio missionario, vogliamo sottolineare l'importanza di alcuni gruppi che ci accompagnano e di alcune loro iniziative:

I gruppi che seguiamo e animiamo missionariamente: sono principalmente gruppi di adolescenti e giovani, gruppi di famiglie, iI gruppo GAMS (Gruppo Amici Missionari Saveriani) ed il gruppo “Insieme per la Missione”.

Le iniziative: tra le tante, grazie al lavoro e dedizione di tanti amici e volontari, si distaccano:

  •  Bomboniere Missionarie: Grazie alla fantasia di un gruppo di laici, da alcuni anni è iniziata la creazione di bomboniere per varie occasioni (battesimi, prime comunioni, cresime, matrimoni, ecc.).
  • Presepio Missionario:  è una mostra dove vengono esposti presepi di varie nazionalità al fine di aiutare le missioni. L’allestimento dei presepi viene curato dal gruppo GAMS “Gruppo Amici Missionari Saveriani”. Le statuine provengono da varie missioni (Asia, Africa, America Latina), vengono poi sistemate su delle “soche” di legno trattate ed elaborate. La mostra dà un vero respiro di mondialità.

Vicenza UccelliPADRE PIETRO UCCELLI

Vogliamo condividere con voi la (bella!) storia di un nostro Padre Saveriano che - con il suo spirito e testimozianza missionaria - ha certamente lasciato un segno nella storia della nostra comunità di Vicenza e nella vita di tantissima gente che lo ammira e che a lui fa ricorso: il Servo di Dio, Padre Pietro Uccelli.

Pietro Uccelli nacque a Barco di Bibbiano (Reggio Emilia) il 10 marzo 1874, figlio di calzolaio, la povertà era di casa, a ciò si aggiunse la perdita della mamma naturale quando era ancora bambino.

Obbedendo alla vocazione sorta in lui, intraprese gli studi per sacerdote, venendo ordinato nel 1897.

Nel 1900, venne a conoscenza del martirio di un gruppo di vescovi, sacerdoti missionari e cristiani in Cina e ciò gli fece desiderare di andare in quel lontano Paese per sostituire almeno uno “magari l’ultimo” di quei caduti per la fede.

Vincendo le resistenze del padre e del proprio vescovo, nel 1904 entrò nel nuovo Istituto dei Missionari Saveriani da poco fondato da Guido M. Conforti. Partì per la Cina il 13 gennaio 1906 con altri due saveriani ed un gruppo di salesiani. Per 13 anni sarà missionario nell’Honan Occidentale. Nel 1919 venne richiamato in Italia per formare i futuri missionari prima a Parma e, nel 1921, a Vicenza da dove non si allontanò più.

I molteplici incarichi, le susseguenti preoccupazioni, gli impegni minuti di ogni giorno, gli elogi, le conoscenze anche di riguardo, la direzione della Casa, le necessità per il pane quotidiano, non alteravano la pace della sua anima, in cui regnava solo la preghiera, l’umiltà, la carità compassionevole verso il prossimo e l’amore di Dio.
Vicenza-2.jpgLa fama di santità lo accompagnò per tutto il resto della vita, anima semplice e di carattere allegro, era innocente e limpido, rimanendo così fino alla morte, avvenuta il 29 ottobre 1954 nella casa dei Missionari Saveriani a Vicenza, dove le spoglie sono conservate nella chiesetta attinente alla casa stessa di Vicenza.

LA SANTA SEDE HA AUTORIZZATO L’APERTURA DELLA CAUSA DI BEATIFICAZIONE IL 30 GIUGNO 1997.

LE SETTE PAROLE DI GESU CROCIFISSO

Condividi su

 

- Cristo sulla sua croce, nel momento importante della sua morte, ha avuto la forza di pronunciare sette piccole frasi, chiamate le sette parole.
Giovanni Evangelista, testimone sul Calvario, ne trasmette tre. La altre quattro sono state scritte da Matteo, Luca e Marco.
Le sette parole, oggetto di meditazione lungo i secoli, hanno avuto un ruolo importante nella società medievale per ricordare le sette ferite di Cristo e per trovare un rimedio ai sette peccati capitali.

 - Le sette parole sembrano favorire una triste spiritualità, soffermandosi sulla sofferenza e sul peccato. Ma la fede in Gesù è fede che dona vita. Si passa attraverso il Venerdì Santo per arrivare alla Pasqua e con la Pasqua a vincere non è la morte, ma l’amore e la vita. In sette giorni Dio aveva concluso l’opera della creazione (Gn 2,2), con le sette parole Gesù accompagna la nuova creazione della domenica di Pasqua.

- Le sette parole pronunciate sulla croce sono la sintesi più convincente del messaggio di Gesù. Ogni parola richiedeva a lui un sacrificio per esprimerla nella sofferenza, ma erano parole necessarie, essenziali ed uscivano dal cuore. Le sette parole sono il suo “testamento spirituale”, completamento al discorso dell’ultima cena nel vangelo di Giovanni. La meditazione di queste Parole può sostituire la pratica della Via Crucis del venerdì di quaresima.

  1. "Padre, perdona loro, non sanno quello che fanno" (Lc 23,34) - Il perdono

+ L’evangelo di Luca è conosciuto come il Vangelo della misericordia, perché Luca descrive a più riprese la compassione di Gesù per i peccatori e racconta le parabole più belle del perdono (Lc 15). Anche nell’esposizione della passione riaffiora questa sensibilità, quando Gesù guarda a Pietro e lo perdona, quando chiede alle donne di non piangere per lui ma per Gerusalemme, e soprattutto quando accoglie il ladro pentito, crocifisso accanto a lui.

+ Gesù non perdona solo quelli che hanno fatto del male a se stessi o agli altri, ma prega per ottenere la misericordia dal Padre per quelli che fanno del male alla sua stessa persona, per quelli che stanno distruggendo la sua esistenza, lo offendono, lo deridono, lo torturano, lo crocifiggono….

+ Si rivolge al Padre, con la parola dolcissima del linguaggio di intimità familiare di un Figlio: Abba. Chiede a Lui di tener conto della limitata consapevolezza dei persecutori… “Non sanno quello che fanno”. Coloro che fanno del male sono persone ferite dall'infanzia, a volte possono essere vittime loro stessi di soprusi e di violenze e reagiscono mostrandosi istintivi, aggressivi, ribelli e violenti e non consapevoli delle conseguenze dei loro errori. Comprendere tutto è tutto perdonare, mentre il rifiuto del perdono paralizza la vita spirituale e le relazioni, innalzando muri di divisone. Il perdono fa bene a chi lo dona e a chi lo riceve. 

+ Gesù, sulla croce, anticipa il dono del perdono di Dio, frutto della croce. Dopo la risurrezione, aliterà sugli apostoli dando lo Spirito Santo e dicendo: “A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati”. Seguendo l’esempio di Gesù, il perdonare nella comunità cristiana fa parte di quella particolare “economia” dell’amore che non calcola ma dona. “Il perdono spezza la catena rigida del dare-avere e introduce la logica della donazione libera e generosa, crea un nuovo regime nei rapporti umani...” (G. Ravasi)

  1. "Oggi sarai con me in paradiso" (Lc 23,43) - La salvezza

+ Con la sua passione Gesù apre il paradiso, perdona e offre pienezza di vita. Uno dei due malfattori, che è nella stessa atroce sofferenza, ha bisogno di aiuto, si fida di lui e si affida al compagno di sofferenza così ingiustamente condannato. In lui nasce la fede e riconosce Gesù come Messia.    

                         

+ S. Agostino immagina un piccolo dialogo tra Gesù e il delinquente crocifisso.

- "Come mai hai creduto in Gesù? " Gli chiede Agostino
- "Mi ha guardato con i suoi occhi sofferenti di amore, mi ha conquistato e io ho capito! " gli risponde il condannato convertito.

+ Nel buon ladrone si rispecchiano le tre virtù teologali

La Fede in Gesù, la riconosciuto il Messia atteso.
La speranza di salvezza: “Ricordati di me quando entrerai nel tuo regno”.                                                                 La Carità verso il suo compagno, che cerca di recuperare. “Non hai alcun timore di Dio?” 

+ Il buon ladrone è così un bell’esempio di speranza.
A qualunque persona tutto è possibile! A lui, un malfattore, basta solo qualche minuto per rubare il paradiso e per divenire santo. Sull’affermazione di Gesù, egli è entrato nella vita di Dio ed è il santo, il primo canonizzato, il primo a vivere la Pasqua di morte e di risurrezione.  
Possiamo pregarlo: Santo ladrone, insegnaci a sperare!

+ I due crocifissi accanto rappresentano le due vie che gli uomini possono prendere: riconoscere umilmente la fragilità e accettare Gesù Salvatore nella sua sofferenza della croce oppure ignorarlo e insultarlo (non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!). Avviene nel presente, nell’oggi, non alla fine dei tempi (oggi… sarai con me). Oggi si riceve il perdono, ci si salva, si rinnova l’amicizia di Dio che dona pace. 

3."Donna, ecco tuo figlio ... ecco tua madre" (Gv 19,25-27) – La nuova famiglia

+ "Donna, ecco tuo figlio.” Dice Gesù dalla croce a Maria. Usa un termine insolito: “Donna”, quando ci si aspetta la parola "mamma". L’appellativo è già stato usato da lui anche alle nozze di Cana. Egli si rivolge a sua madre nella sua dignità di nuova Eva, che è stata la madre di tutti i viventi. Gesù poi completa la prima dichiarazione con una seconda, indirizzandosi al discepolo Giovanni dicendo: "Ecco tua madre".

+ Gesù, sulla croce, ha dato tutto ... Che cosa gli resta di suo nel momento della morte?  Ha accanto a se la madre, che dona come il dono più prezioso.

Maria è la nuova Eva, donna-madre. Gesù è il nuovo Adamo. Giovanni è il nuovo figlio, che accoglie Maria ‘a partire da quell’ora’ in casa sua e nel suo cuore. Un nuovo inizio. “Il dramma della croce non finisce nella morte, ma in un nuovo flusso di vita nuova che viene dalla vita donata.” (Marida Nicolaci)

Sulla croce nasce la nuova umanità, la nuova famiglia e anche la nuova fraternità. Non più nel regime della carne e del sangue, ma nell’ordine della parola devenuta carne.                           + Il sì di Maria, iniziato nell'annunciazione con la nascita fisica del figlio dell’uomo, si estende nella maternità universale, come madre di ogni credente. Ogni nuova vita in Cristo ha la presenza femminile di Maria madre affettuosa e il vangelo non ci offre affatto una fede maschilista.

  1. "Mio Dio, mio ​​Dio, perché mi hai abbandonato? "
    (Mt 27,46, Mc 15,34) – Il grido sofferente dell’uomo

+ A mezzogiorno, l'oscurità copre tutta la terra e perdura fino alle tre. Gesù prima di morire lancia un grande grido: "Eloi, Eloi, lama sabachthani?”     

+ Il momento è estremamente critico. Le parole riferite in ebraico esprimono desolazione, sofferenza e solitudine. Parole che sembrano una protesta nei confronti di Dio, accusato di omissione di soccorso. Ma non sono parole di disperazione.  Gesù ha la sensazione di essere abbandonato, conosce tutta l’angoscia umana e scende fino in fondo a questo inferno causato dal peccato. Ancora oggi si esperimentano tragedie di guerre, di migrazione, di morte nel deserto e nel mare. Il suo grido è il grido sofferente dell’uomo di tutti i tempi.

+ Il grido tragico è il primo versetto del salmo 22, che si prolunga per una ventina di versetti (vv. 2-22) in una lacerante lamentazione, chiedendo a Dio ragione dell’assurdità della sofferenza. Ma Dio non rimane muto (vv. 23-27), non sta lontano, si affretta ad esaudire, si schiera con i poveri, con coloro che non hanno un difensore. Alla fine il salmo termina con altri cinque versetti (vv. 28-32) che sono un inno al Signore re. Passa dalla tragedia alla gioia, in un crescendo finale che illumina l’arco intero della passione, della morte e della Pasqua di Cristo.

Ireneo scrive: "Tutto ciò che Gesù ha assunto, l’ha salvato, l’ha trasformato”. Nel suo amore solidale non ci lascia soli.

5. "Ho sete" (Gv 19,28) - La missione

+ “Ho sete”: la sete di Gesù

+ Gesù nella sua passione subisce sevizie e facilmente, indebolito dalla perdita di sangue, ha sete. La sete è un dato fisico che anche Gesù prova come tutti noi e che anche nel mondo di oggi costituisce una tragedia per molte nazioni.

+ All'inizio del Vangelo di Giovanni, Gesù incontra la donna samaritana al pozzo di Sicar e chiede dell’acqua da bere (Gv 4)). Nel dialogo l’acqua assume un significato spirituale. “La sete di Gesù è una sete d’amore per le persone prese così come sono, con le loro povertà e le loro ferite… La sua sete è che ognuno di noi possa vivere pienamente ed essere ricolmi di gioia. La sua sete è rompere le catene che ci chiudono nella colpevolezza e nell’egoismo, impedendoci di avanzare e di crescere nella libertà interiore. La sua sete è liberare le energie più profonde nascoste in noi perché possiamo diventare uomini e donne di compassione, artigiani di pace come lui, senza fuggire la sofferenza e i conflitti del nostro mondo, ma prendendovi il nostro posto e creando comunità e luoghi d’amore, così da portare una speranza a questa terra” (Jean Vanier).

Dall’inizio e alla fine della sua vita, Gesù ci chiede di placare la sua sete.
Viene a noi come mendicante, come uno che ha sete e che chiede qualcosa che possiamo dargli.

+ La sete dell’uomo. “L’uomo ha bisogno di cibo, lavoro, istruzione, rispetto ma non gli basta. Ha bisogno di amare e di essere amato, ma neppure questo gli basta. L’uomo ha bisogno di trovare Dio e il senso della vita” (E. Oliviero)                                                          + La sete del cristiano. Madre Teresa di Calcutta ha fatto scrivere sul muro di ogni cappella delle sue Missionarie della Carità le parole: “Ho sete.” E diceva: “La nostra vita deve essere una risposta al grido di Gesù.”
 

  1. "E’ compiuto” (Gv 19, 30) – Il compimento per un nuovo inizio

E’ ormai tutto finito? La sua esistenza si spegne per sempre? E’ forse una fine di una dolorosa vicenda o di un impegno preso?

Non è questo. “Non è la rassegnata affermazione di una fine, bensì la consapevolezza del raggiungimento di un fine, di una meta di pienezza il cui effetto perdurerà per sempre” (Ravasi). E’ la perfezione raggiunta al compimento della missione, affidatagli dal Padre. “Essa è il cuore del grande progetto globale della storia della salvezza”.  Tutto è compiuto nella perfezione e nell’amore.  Tutto si è realizzato secondo il disegno e per un nuovo inizio. Come Dio ha concluso al settimo giorno la creazione ed era per il nuovo inizio della storia del mondo, secondo il fine per il quale Dio ha operato.  

+ Ma ... tutto inizia. La nuova creazione inizia.
"È finito! "È perfetto! Sulla croce vediamo la perfezione dell'amore. Come dice San Giovanni: "Avendo amato i suoi che erano nel mondo, Gesù li amò fino alla fine" (Gv 13,1). È un grido di trionfo! Con la sua morte sulla croce si compie la rivelazione del vero volto di Dio.  Dio è amore ed è onnipotente nell’amore. “Per sapere chi sia Dio devo inginocchiarmi ai piedi della croce” (Karl Rahner).  

  1. "Padre, nelle tue mani consegno il mio Spirito!" (Lc 23:46) - Abbandono nel suo ritorno al Padre

+ “Dopo aver chiesto il perdono per i suoi carnefici, dopo aver garantito il paradiso al suo compagno di sventura, dopo aver assicurato un futuro per sua madre, dopo avere guardato negli occhi la sua situazione di uomo sconfitto e abbandonato dagli uomini e da Dio, ecco avvicinarsi la fine di tutto. Ma c'è una parola che trasforma la tragica fine nel traguardo desiderato: «Padre». Era la prima parola pronunciata da Gesù: «Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?» (Lc 2,49). Era usci­to dal Padre per occuparsi delle sue cose ad ecco che ritor­na a lui.” (Servizio della Parola 505)

+ Gesù conosceva il Salmo 31 a memoria e il sesto versetto che dice: Alle tue mani affido il mio spirito: tu mi hai riscattato, Signore, Dio fedele.” Egli aggiunge una parola: Padre. E tutto cambia. Il grido di angoscia diventa un sì di abbandono, di totale fiducia.

+ Pregando questa preghiera, noi ritroviamo “la verità del nostro essere”, ma nei momenti più difficili è faticoso farla nostra. Il Cardinal Martini ci comunica la sua bella esperienza “Uno dei momenti più belli della conclusione della mia giornata, è il senso di pace che mi giunge come un dono, al pronun­ciare le parole del Salmo 31, fatte proprie da Gesù: «Signore, nelle tue mani affido il mio spirito». A chi posso affidare la mia vita, se non a colui che me l’ha donata? Chi può purificarla, se non il Padre del Signore nostro Gesù Cristo che mi lava con il suo san­gue? Chi al momento della mia morte può accogliermi nella sua casa, se non Colui che Gesù mi ha insegnato a chiamare Padre? È sempre dolceaffidarsi al Signore, nella tempesta e nella quie­te, nell'aridità e nel fervore, nella tristezza e nella gioia, nel falli­mento e nel successo, perché il Signore Gesù ci ha permesso il li­bero accesso al Padre suo e Padre nostro, al Dio suo e Dio nostro.”



Logo saveriani
Sito in costruzione

Portale Unico dei Saveriani in Italia

Stiamo finalizando la nuova versione del portale

Saremmo online questa estate!

Ti aspettiamo...

Versione precedente del sito