"ISTRUZIONI ALL'ASPIRANTE DISCEPOLO" Lc 9,51-62
Il Maestro
Gesù non è il rabbino preoccupato di avere tanti discepoli,
non riduce le esigenze per essere seguito da grandi folle,
non accetta compromessi per ottenere consensi e
non abbellisce l’appello, come chi fa pubblicità di un prodotto.
A differenza dei predicatori di ieri e di oggi, non cerca di essere famoso, non pretende di essere onorato con titoli di nobiltà, né di avere grandi funzioni nella società civile.
Egli è libero, completamente libero.
Vuole solo annunciare il regno, anche quando costa fatica e sangue.
Al tempo di Gesù erano i discepoli a scegliere il maestro, qui invece è Gesù stesso che sceglie a discepoli, mettendo delle condizioni, per essere all’altezza della missione, per far capire che la posta in gioco è alta.
La pagina evangelica di oggi inizia con la decisione di Gesù di dirigersi verso Gerusalemme, l’ultima tappa, dove sarà messo alla prova.
Gesù accetta la sfida, rende duro il suo volto e parte senza esitazione verso la città, che uccide i profeti, che distrugge ogni novità ritenuta pericolosa.
Egli è pronto a morire per la verità e per il regno del Padre.
Chiede ai suoi discepoli la stessa convinzione e la stessa attitudine.
Il discepolo
Diventare discepoli è un impegno che dura tutta la vita.
Tre sono gli interventi di coloro che vorrebbero seguire Cristo e tre sono le risposte paradossali suggerite dal maestro.
- Al primo aspirante discepolo, Gesù dice: “Le volpi hanno tane e gli uccelli del cielo hanno i loro nidi, ma il Figlio dell'Uomo non ha dove posare il capo”.
Il primo aspirante andrebbe con Gesù subito e dovunque. Ma Gesù risponde che seguirlo è un’avventura. Non sa dove va e non sa dove si fermerà. È chiamato ad essere libero da preoccupazioni di ricchezze ed è chiamato ad avere grande fiducia in Dio, che veste i fiori dei campi e nutre i passeri del cielo (Mt 6:25-34). Il discepolo segue Gesù nel suo cammino, nel totale distacco dalle cose, pronto a porre la persona di Cristo e il suo Vangelo al centro della propria vita. Se accetta la povertà, l’insicurezza, il peso del fratello o della sorella da portare, il anche il fallimento, … se è innamorato può seguirlo e cambiare il mondo.
Ma se “vuole vivere tranquillo e in pace nel suo nido non potrà essere suo discepolo.”
- Al secondo aspirante discepolo, Gesù risponde: "Lascia che i morti seppelliscano i loro morti, tu invece va’ e annuncia il regno di Dio"
Il secondo aspirante discepolo vorrebbe partire con il Signore, ma solo dopo aver onorato il dovere di seppellire il padre, che è, in realtà, un diritto-dovere sacro in Israele. Gesù è determinato e duro nella sua replica, e spinge a trasgredire la norma della tradizione.
Egli mette in primo piano l’importanza il regno di Dio e la libertà di vivere il Vangelo anche negli affetti con le persone care. Gesù non va contro le relazioni familiari: l’amore di Dio coinvolge e approfondisce l’amore del prossimo, della mamma e del papà, dello sposo e della sposa. Come quando si scrivono libri con il titolo: “In coppia con Dio.”
Ci invita a giocare la nostra vita nella totalità del dono di sé.
Ci invita a lasciare i sentimenti e le relazioni che a volte nascondono ambiguità e schiavitù.
Ci invita a seguirlo nella radicalità ad essere discepoli del Signore della vita.
“Lascia che i morti seppelliscono i loro morti”: a volte conduciamo una un'esistenza spenta, fatta di pratiche religiose, senza cammini, senza crescita e senza partenze e arrivi. Il Vangelo è sempre un inno alla vita, alla bellezza, all'umanità, alla gioia. Mentre dobbiamo dire no alla psicologia della tomba, che a poco a poco trasforma i cristiani in mummie da museo... (Evangelii gaudium.83).
- Infine, al terzo aspirante discepolo, Gesù risponde: “Chi mette la mano sull'aratro e guarda indietro, non è fatto per il Regno di Dio".
Se il contadino vuol tracciare un solco diritto, deve necessariamente guardare in avanti. Gesù al discepolo domanda fedeltà, fare strada, orizzonti nuovi.
Il discepolo è chiamato ad essere fedele ai suoi impegni.
Ad andare avanti senza nostalgia.
A scrutare il futuro, senza essere incollato nel passato; senza nascondersi dietro l'affermazione: “Abbiamo sempre fatto così".
Comunità e cristiani sembrano più interessati a conservare tradizioni che a avanzare e a vivere le indicazioni del Vangelo in nuove realtà.
Le comunità, gli uomini e le donne, siano piene di gioia nella ricerca e mettano le loro energie al servizio del Regno, senza paura, senza fanatismo, senza proselitismo, ma diano testimonianza della novità del Vangelo. Non guardino sempre a sé stessi ma siano aperti ai grandi problemi e orizzonti del mondo (l’ecologia, l’immigrazione, il lavoro dei giovani, a giustizia nel mondo…).
Nella Bibbia, c'è un bellissimo racconto (Jn 19,1-19) della città di Sodoma. Quando si dice che i due angeli, custodi della casa di Lot, avevano deciso di distruggere la città con fuoco e zolfo a causa dei peccati dei suoi abitanti, e avevano invitato Lot e la sua famiglia a fuggire dicendo: "Corri via e non voltarti, non guidare indietro".
Ma la moglie di Lot lo ha fatto... ed è stata trasformata in una statua di sale.
Non fermiamoci a guardare indietro! Se ci lasciamo prendere dalla paura, se abbiamo nostalgia, andando verso la fine.
Le tre scene, le tre istruzioni agli aspiranti discepoli, sono un invito a riflettere sulla qualità della nostra vita cristiana, sull’impegno della comunità e di ciascuno di noi.
Come ci poniamo noi, di fronte a queste affermazioni?
“Il Vangelo non va considerato come un miele disteso sulla vita. È ben altro. Ha sì tutta la dolcezza e la capacità di confortarci; ma il Vangelo è fuoco, il Vangelo è ardimento, è forza di Dio” (Paolo VI, 1966).
Vicenza, 30.06.2019