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Minori Riformati

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Dopo la soppressione dei Gesuati il 7 dicembre 1668, al bianco abito del frati dell'acqua si sostituisce quello marrone dei figli di San Francesco. Il convento viene occupato l' anno successivo in data 7 giugno 1669 dai Minori Osservanti Riformati, una delle derivazioni francescane della famiglia dei Frati Minori, che lo comperano dalla Repubblica Veneta e vi restano fino alla soppressione napoleonica del 1810. Mentre l'archivio pervenne alla Nunziatura di Venezia, la biblioteca venne dispersa in varie direzioni.

Il momento del passaggio nel 26 marzo 1668 viene descritto in questi termini: "... è stato messo all' incanto nella loggetta di Piazza S. Marco…il monastero e convento del Corpus Domini di Brescia della Congregazione dei Frati di S. Girolamo con tutti i suoi chiostri…eccettuata la Chiesa e il campanile e luoghi sacri …Fu poi deliberato al rev. Padre Doroteo Foresti, Guardiano del Monastero di S. Francesco di Cividino…per ducati 10500 da lire 6,4 di moneta corrente". (Da Archivio Vescovile)"…Dopo otto giorni della delibera si dovrà sborsare la somma in contanti al Nunzio per essere "impiegata nel sussidio della città e regno di Candia et nell' espedizione contro i Turchi".

Si chiamavano Riformati perché facevano parte del ramo rinnovato dell' Ordine dei Frati Minori Francescani. Basavano la loro spiritualità sul ricorso alla più stretta osservanza delle Regole e del Testamento di San Francesco sulla rinuncia in materia di povertà. Erano dediti alla questua, quindi mendicanti noti al popolo come Zoccolanti perché calzavano sandali di legno, il loro nome risale al 1386. La riforma del 1415 sancita dal Concilio di Costanza raggiunse i conventi del bresciano grazie a San Bernardino da Siena. Tale riforma spinse i frati a formare le prime comunità distinte da quelle dei frati detti Conventuali, confermate da Leone X che il 19 maggio 1517 separò i Conventuali Minori dagli Osservanti  dal saio marrone, nei quali confluirono anche i Zoccolanti. Questo non impedì una nuova secessione nella famiglia degli Osservanti da cui si staccarono i Riformati riconosciuti nel 1532 e i Cappuccini riconosciuti il 3 luglio 1528.

Nel 1442 sulla scia dell' entusiasmo suscitato dalla predicazione del santo senese la città di Brescia decideva di costruire un convento presso la basilica di S. Apollonio alle falde dei Ronchi. Lo stesso santo faceva erigere il convento di S. Maria degli Angeli in Gardone Val Trompia. Anche a Pralboino venne edificata una chiesa e a Lovere ampliato l' Ospizio. Varata la riforma detta della "più stretta osservanza" essi vengono riconosciuti da Clemente VII con la bolla In suprema militantis del 6 novembre 1532 e prendono il nome di Riformati. Dopo la soppressione napoleonica fu mantenuta la presenza dei Minori Riformati e di altri Ordini in Brescia per intervento del vescovo mons. Carlo Domenico Ferrari nel 1838. Nel 1847 entravano nel convento di San Gaetano, già dei Teatini, nel 1910 ottenevano la cappellania dell' Ospedale Civile e nel 1954 aprivano il Franciscanum. Di recente 2014 lasciano la parrocchia di San Gaetano mentre il contiguo Istituto Luzzago continua sotto altre modalità.

L'intervento dell'ordine francescano, oltre che ripristinare l'antica regola francescana, intende arginare il pericoloso fenomeno del quietismo a Milano, a Brescia e Valle Canonica mediante la diffusione di immagini sacre ispirate alle sofferenze di Cristo al fine di incrementare la devozione cristocentrica. Nella chiesa di S. Cristo essi intervengono con la sistemazione delle tre cappelle laterali e l' aggiunta dei tre altari di legno, di cui due ancora in sede, e la decorazione di due cappelle. E' ormai accertato che l'esecuzionei dei notevoli intarsi lignei con madreperla dei due altari sia da attribuirsi agli intarsiatori della famiglia dei Caniana, operanti nel bergamasco insieme al Fantoni scultore.

La prima cappella a destra secondo le note del tempo è dedicata ai santi dell'Ordine: sulla volta è affrescato un S. Antonio in gloria (alcune volte viene detto S. Francesco, ma non c' è segno di stimmate), mentre alle pareti stavano tre tele di cui solo quella raffigurante S. Antonio da Padova di Bernardino Bono (Carboni 1760, Brognoli 1826, Sala 1834) è conservata in ottimo stato all'interno presso i Missionari.

L'Enciclopedia Bresciana parla anche di Deposizione con influssi dei Campi e di un S. Francesco e di un S. Antonio della scuola dei Procaccini, questo ultimo da riferirsi con ogni probabilità al sopra nominato Bono. Il Morassi (1939) parla di un Cristo deposto di stile dei Campi al centro, a destra un S. Antonio di Padova di scuola del Procaccini e altrettanto per il S. Francesco a sinistra.

L'altare in legno, non più in sede e forse alienato. è sostituito dal sarcofago-reliquiario del '600, primitivo supporto dell' altare della cappella centrale. Ora sostiene la statua lignea di S. Francesco Saverio indrodotta dai Missionari anche per ovviare al vuoto della cappella.

La cappella centrale con cupola è concordemente attribuita in toto al Bagnadore. L'altare con la tela raffigurante la Nascita di Gesù viene arricchito dell'attuale imponente in legno intarsiato con madreperla opera della famiglia dei Caniana di Romano di Lombardia. Durante il seminario di mons. Capretti la tela verrà sostituita dalla statua del S. Cuore di Gesù, segno evidente della devozione diffusasi in seguito alle visioni di S. Margherita Maria Alacoque (+ 1690  beatificata da Pio IX nel 1864). Si è voluto così introdurre la devozione al Sacro Cuore al posto di quella del Bambin Gesù nel presepe. Il monumentale altare di noce viene citato dall' Odorici nella guida del 1883, un anno prima che la cappella venisse dedicata al S. Cuore da mons. Capretti. Viene descritto assai imponente, ricco di capitelli corinzi (oggi solo due), ha un paliotto con un intarsio raffigurante la Deposizione ed è ornato da due statue lignee rappresentanti al Fede e la Carità (non esistono più ). Nell' Inventario napoleonico tale altare viene valutato Lire 300, mentre il mausoleo Martinengo Lire 600. Essi rappresentano i valori più alti presenti nella chiesa.

La terza cappella mantiene negli affreschi il carattere di dedica alla Passione del Signore, sulla volta è una Crocifissione accompagnata a destra da Gesù deriso dai soldati, mentre il gemello di sinistra una probabile Flagellazione è stato strappato. Più tardi si parla della presenza di una Immacolata Concezione di Agostino Soloni (Carboni 1760, Brognoli 1826, Sala 1834) e di quadri laterali del Paglia, di soggetto non definito (Odorici 1853-1882).Con questo si è voluto introdurre una dedica alla Madre di Dio, venerata come Maria concepita senza peccato. Questo è più comprensibile, se pensiamo all'approfondimento teologico del mistero dell'Immacolata nella scuola francescana che raggiunse il suo culmine nelle riflessioni di Giovanni Duns Scoto.

Nel 1886 mons. Capretti, sempre mantenendo la destinazione della cappella al culto della Vergine, ha voluto inserire l'evento recente delle apparizioni della Madonna di Lourdes per cui l'altare in legno ha accolto la grotta con la statua della Vergine tra due tele ottocentesche rappresentanti S. Bernardetta e la basilica sul Gave di autore sconosciuto.

   Nel presbiterio era la tavola del Romanino che il 1511 firmava il contratto per questo polittico ritenuto da Camillo Boselli parzialmente identificabile in due Santi di Kassel e in frammenti di proprietà Cunietti. In questo posto della la tavola lignea del Romanino il Paglia (1675) annota una pala su legno di Ieronimo Serijni, nome sconosciuto a tutti i repertori, identificato poi col Romanino. Ai lati dell'arcata maggiore (secondo Maccarinelli 1747, Carboni 1760, Brognoli 1826) si trovava a destra una tela con S. Pietro di Alcantara di Pompeo Ghitti (ora in Seminario) dal lato opposto un S. Francesco d'Assisi stigmatizzato di Francesco Paglia ( pure del Seminario). Viene pure annotata la presenza di una tela raffigurante San Benedetto di Giovan Battista Brentana.

Pompeo Ghitti (1631-1704). Sappiamo del suo intervento in San Cristo ove a lui vengono attributi il quinto arco di sinistra con l' Estasi di San Francesco d' Assisi e lo speculare di destra con il San Pietro d' Alcantara che distribuisce l' elemosina con l' aggiunta sempre sulla stessa parete del S. Antonio e il miracolo della mula, questo ultimo riferito al noto episodio della conversione dell' ebreo di nome Guillard che negava la presenza eucaristica, ma abiurò il suo errore alla vista della sua mula a digiuno da giorni che trovandosi davanti a un mucchio di biada preferì  ignorarlo per inginocchiarsi prima davanti all' ostia ostentata dal Santo. A causa dell'uso di una tecnica a secco il risultato di queste tre pitture è di diffusa opacità con effetto color terra bruciata, in contrasto con la freschezza dei vicini affreschi. Il suo intervento è venuto a completare il ciclo del Marone nei tre archi rimasti vuotii.

Allievo in Brescia dell' Amigoni dal quale apprese il disegno, egli è il primo che anticipi il Settecento nelle stesure madreperlacee e nelle figure esile e sottili. Della sua attività ci restano casse di disegni a penna ed acquarello usate anche per l' incisione. Si caratterizza per il colore scialbo nelle gamme grigie tendenti al monocromo, la pennellata morbida e leggera alla maniera del Luganese conosciuto a Milano. Tra l'altro gli sono attribuiti gli Angeli dell' Apocalisse nel catino dell' abside della chiesa di S. Giorgio di recente restituita alla città come luogo di incontri culturali dopo un lungo periodo di recupero e restauro (febbraio 2009).

Da ascrivere a questo periodo è pure il pulpito di legno scolpito con figure di santi dell'Ordine situato sopra la targa di Theophilo Martinengo della parete ovest. Visibile in una tempera del Tagliaferri, di fatto esisteva ancora nel 1957. Ora rimane solo la feritoia con la scala di accesso in mattoni, per il vero alquanto stretta, alla quale si poteva accedere dalla loggia esterna all' arco nella parete, in passato forse aperto per dare la possibilità di assistere alle funzioni dai malati. Questo spazio del loggiato recuperato nel restauro accoglie dal marzo 2009 un grande crocifisso "uomo dei dolori" di intensa drammaticità, dono di uno scultore cremonese.

La chiesa era arredata con banchi di noce e confessionali in legno dolce, l' altare principale era separato da una cancelletta di legno, come quello delle due cappelle laterali stimati £ 61, mentre la terza cappella della Vergine Addolorata ne aveva una in ferro di £. 61.

Un' ultima presenza francescana era la tomba del beato Ballardini Lodovico di Breno (1616-1679). Di origine camuna, entrato adulto tra i Minori dopo la laurea conseguita a Brera, questo frate zelante svolse apostolato tra i calvinisti del cantone di Lucerna, subì difficoltà, percosse e villanie, quindi allontanato a viva forza dalla Svizzera si ritirò nel convento di Brescia, dove santamente morì. Le ossa sono state tutte raccolte insieme a quelle dei frati gesuati e francescani trovate negli ambienti sotterranei della chiesa ed ora riposano nel presbiterio sotto il nuovo pavimento del 1997.

Dalla visita pastorale del cardinale Molin del 28 gennaio 1756 risulta che nella parrocchia di S. Zeno il convento dei P. Minori Riformati, detti del Corpus Domini, sono in numero di 46 con servi familiari 1. La chiesa viene definita molto comoda al quartiere della parrocchia.

I Francescani Riformati restarono in sede fino al 1810, quando in seguito alle soppressioni napoleoniche il convento divenne proprietà demaniale, ma continuò ad ospitare quei religiosi che non avevano più familiari da cui andare dopo la chiusura dei conventi. L 'ultimo di questi religiosi fu padre Arcangelo, ucciso per errore da un soldato croato durante le Dieci Giornate nel 1859. Quanto alla chiesa non fu mai secolarizzata poichè vi funzionavano due sacerdoti nominati dal Vescovo. In effetti per il decreto napoleonico del 23 aprile 1810 mons. Gabrio Nava (vescovo di nomina napoleonica dal 1808 - 1832) "sottrasse agli obblighi del decreto governativo le chiese di S. Giuseppe, di S. Cristo, delle Cappuccine e delle Monache di S. Giacomo". Viene richiesto dal vescovo che la chiesa "sia ritenuta come succursale di questa vasta parrocchia della Cattedrale, la quale non ha altra chiesa sussidiaria che quella di S. Zeno". Ed ancora " onde i Padri che verranno cola ritirati possano nei giorni in cui non saranno dalle infermità impediti, celebrarvi la Santa Messa ed il popolo di quei contorni possa approfittare della opportunità per ascoltarla".

Nel Decreto successivo del 21 maggio firmato da Tanfoglio Giorgio, Delegato Regia Intendenza, si accenna all' inventario dei libri contabili. Per la Biblioteca il dettagliato catalogo dei volumi avrebbe comportato parecchi giorni di tempo di lavoro per cui ci si è limitati a contarli e ad apporre sigilli, non viene riferito il numero di libri presenti.

Nell' inventario dei mobili e arredi figurano tra l' altro nel presbiterio un altare di legno con Bradella di noce marmorizzato di £ 170, un quadro della Beata Vergine di £ 8, a dritta dell' altare maggiore un S. Pietro d' Alcantara di £ 8, a sinistra le Stimmate di S. Francesco d' Assisi di £ 23.Nel coro del presbiterio figura un circondario di noce di £ 261 e una cantoria con organo di £ 215.

Alla cappella dell'Addolorata un altare di noce con soasa e bredella rappresentante la B. V. Addolorata di £ 184. Alla Cappella di Centro un altare di noce con soasa simile e Pala della Nascita del Bambino valutati £ 300 inoltre  tele incassate rappresentanti la Visita dei re Magi e la Circoncisione di £ 16 e quadri senza cornice con S. Bonaventura e S. Ludovico di £ 2. Nella cappella di S. Francesco altare di noce con soasa ( non più in sede ) e Pala con S. Francesco e due quadri laterali incassati nel muro di £ 122.

Vengono citati poi i confessionali di legno dipinto di £ 180, banchi di noce con sedili di £ 118, un pulpito di legno marmorizzato di £ 50, quadretti della via crucis £ 10, per finire con il Mausoleo Martinengo stimato £ 600, ciò che rappresenta il valore più alto della chiesa.
    "Per la vendita all' asta di essi Effetti sono stati incaricati il sig. Domenico Tanfoglio Economo Demaniale ed il sig. Frigerio Commesso". Ancora il 4 gennaio del 1811 su indicazione della Prefettura di Milano le suppellettili della Chiesa di S. Cristo sono vendute alla casa di ricovero istituita nello stesso convento per gli ex-Regolari vecchi ed infermi e gestita dagli economi Domenico Tanfoglio e Giampietro Signoroni. "Si tratta di arredi sacri riputati eccedenti al bisogno della ufficiatura della chiesa annessa al locale …in cui è stabilita una casa di ricovero per ex Regolari vecchi e infermi. Tali arredi sono venduti con l' aumento del 10% sul prezzo di stima. La chiesa del Corpus Domini è stata assegnata cogli arredi come oratorio pubblico della casa di ricovero ..Essa viene adibita parte ad oratorio di Stabilimento, parte a ricovero destinato agli anziani religiosi degli Ordini soppressi".

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