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Il seminario e mons. Capretti

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Passata la temperie napoleonica, i chiostri ospitano i frati anziani a suo tempo secolarizzati dalle leggi  napoleoniche e rimasti senza appoggio familiare.

Nel 1821 il governo austriaco concede il complesso al vescovo mons.Gabrio Maria Nava, che vi trasferisce parte del Seminario da S. Pietro in Oliveto. Del 16 maggio 1821 è la visita pastorale della chiesa: "Alle ore otto il prelato in carrozza si è diretto alla chiesa detta di San Cristo, ma a vero dire sotto il titolo del Santissimo corpo di Cristo, dove dal clero è stato incontrato al principio di quella strada che è dirimpetto alla facciata della chiesa, alla cui porta era disposto il Baldacchino al ricevimento del prelato…ha fatta la preparazione della messa, indi l' ha celebrata ed all' Infractionem ha comunicato 28 persone; quindi terminata la Santa Messa ha fatta l' omelia sopra la Divina Misericordia…" Segue la visita che trova tutto a posto salvo "ai confessionali si appongano veli più oscuri alle Finestrelle, e le Immagini ove mancano. La Santissima Croce non si esponga se non nella sua festa" . Alla fine il prelato con il corteo viene accompagnato in una stanza abbastanza grande dove "è stato servito il cioccolato con limone, dopodichè uscito dal convento e rimontato in carrozza è ritornato al proprio palazzo".

Durante l' episcopato di mons. Carlo Domenico Ferrari nel 1834 alcuni Ordini vengono ripristinati tra cui i Minori Riformati che tornano a S. Cristo.

Nel 1849 durante le dieci giornate di Brescia il seminario viene chiuso perché ritenuto covo di patrioti: saccheggiato dagli austraci vede la morte di p. Arcangelo, l' ultimo rimasto della secolarizzazione ucciso per errore da militare croato.

Il 9 gennaio 1853 è la visita di mons. Verzieri che nomina l' altare di S. Giulia ( terza cappella), l' altare della Natività dove ordina di levare un piccolo quadro della Vergine col Bambino e gli armadi a fianco, l' altare di S. Antonio da sospendere (prima cappella).

Il 24 giugno 1859 giorno della battaglia di San Martino e Solferino arrivano in città più di 35.000 feriti su una popolazione cittadina di 35.000 abitanti. Tutte le chiese compresa San Cristo diventano ospedali.

Dal 1861 al 1863 il Seminario ha visto la presenza di Giovanni Scalvinoni, il futuro beato Innocenzo da Berzo secondo la testimonianza di Giacinto Gaggia (1847-1933, vescovo di Brescia dal 1913):" Ho conosciuto il Servo di Dio quando ancora era chierico in seminario e fui con lui nella stessa camerata , un anno a S. Cristo e un anno a S. Angelo, essendo egli avanti di me due anni di scuola".

In S. Cristo si svolgevano i corsi filosofici, mentre La teologia era in contrada Cappuccini o Sant' Angelo. Nel 1863 lo Scalvinoni passò al primo anno di Teologia ma inspiegabilmente i teologi vennero inviati a S. Cristo e i filosofi nel palazzo Giffoni o Sant' Angelo, per cui continuò la sua presenza per tutto il 1863 come studente di teologia.  (Dalle ricerche gentilmente riferite del sig. Sergio Re di Brescia).

Infine il 3 ottobre 1866 viene segnata la pace con l'Austria chei pone fine alla III guerra di Indipendenza per la conquista del Veneto. In seguito agli scontri di Custoza e Montesuello vengono allestiti quattro ospedali in Brescia in ex-conventi tra cui S. Cristo per assistere 12.000 feriti.


   IL SEMINARIO DI MONS.PIETRO CAPRETTI. Il 1870 mons. Pietro Capretti trasporta l'Ospizio dei chierici poveri in San.Cristo trovato in uno stato precario. L'aveva iniziato nel 1865 alla locanda Bignotti di via S. Nazaro, dove accoglieva anche laici tra cui il futuro beato Giuseppe Tovini, per ovviare alla carenza e dare incremento alle vocazioni.

Egli "diede inizio all' Opera dei chierici poveri che come abbiamo detto trovò dimora definitiva in S. Cristo nel 1870. Mons. Capretti chiamò a raccolta clero e laici, convinto che la solidarietà caritatevole dei sacerdoti e delle parrocchie poteva fare molto in tempi non favorevoli alla fede…Iniziò i ragazzi alla fraternità sacerdotale, ispirata al modello del Sacro Cuore, di cui S. Cristo diventò un cenacolo di devozione. Numerose furono le difficoltà incontrate da questo sacerdote , tra le quali le perplessità dei Superiori che nonostante le approvazioni faticavano a veder attualizzabili i progetti del sacerdote. Difficoltà economiche di sostegno alla sussistenza dei giovani chierici e alle miserevolissime condizioni di S. Cristo abbandonato da poco dalle truppe austriache…" (Pietro Capretti e il suo tempo, 1842-1890 - Edizioni Queriniana).

L' anno successivo, per venire incontro alle spese di sistemazione del convento, vende a nome del Seminario una costosa cantoria con organo presente nel coro e un pulpito ai Carmelitani di Venezia. Nel 1874 lo stesso mons. Capretti ottiene il permesso di poter utilizzare il materiale ricavato dalla demolizione di parte dello scalone-corridoio intercorrente fra S. Cristo e il soprastante convento di S. Pietro in Uliveto.

Nel 1875 anche l'ospizio viene chiamato Seminario Minore per le classi ginnasiali della Diocesi in seguito alla decisione del vescovo mons. Verzeri che unificando i due seminari intende mettere fine a critiche e divisioni.

A partire dal 1883 hanno inizio i lavori di restauro:"…lo stesso Municipio fondò in essa (chiesa di S. Giulia) il Museo dell'era cristiana. Si desiderò decorare il nuovo museo col monumento Martinengo di S. Cristo e con l 'assenso di mons. Vescovo e dei conti Martinengo, il grazioso mausoleo fu tolto dall'originario suo sito e portato in S. Giulia ove invero vi fa splendida figura. A compensare poi S. Cristo della perdita di tanto tesoro d'arte, il Comune contribuì ai restauri di quella chiesa…la volta della chiesa era assi rovinata e le pitture qua e là scrostate, deturpate e in parte smarrite.Si discusse se si dovesse serbare quello che rimaneva dei lavori di fra' Marone o se meglio convenisse ridipingere tutta la volta e richiamare nella chiesa più che fosse possibile lo stile originario del secolo XV.…Fu deciso di ridipingere la volta e le pareti conservando però i lavori del Marone dipinti sull'interno della facciata della Chiesa…

Il cav. Tagliaferri diresse l'opera del restauro del S. Cristo usando del pennello dell'intelligente ed esperto giovane pittore Carlo Chimeri…Le pitture poi del secolo XV , scoperte come dicemmo nei fatti restauri, furono pulite e richiamate dal valente artista Volpi la di cui pazienza e abilità per codesto genere di lavori è ben nota". Il progetto comporta la copertura degli affreschi del Marone sia perché ritenuti di scarso valore, sia per la inutilità di un eventuale restauro considerato lo stato di degrado delle pitture. In pratica la chiesa viene ridipinta fino all'arco trionfale, dove gli affreschi del '400 vengono restaurati dal Volpi. Anche quelli dell' endonartece vengono restaurati dato il loro buon stato. Le pareti vengono ricoperte di un colore mattone bruciato, come ancora è dato di vedere sulla parete del monumento funebre di mons. Capretti. Vengono aggiunte decorazioni con archetti polilobati dal Chimeri secondo il gusto neomedievale. Per il soffitto è prevista la decorazione fondo azzurro con stelle dorate, un classico di origine antica forse araba, già presente a Brescia in Santa Maria in Solario e nel Santuario delle grazie, opera dello stesso Tagliaferri..

In occasione della trasformazione della chiesa di Santa Giulia in Museo Cristiano le reliquie della santa furono accolte da mons. Capretti in S. Cristo nella prima cappella a destra. Il 22 maggio di ogni anno la Santa era ricordata con particolari cerimonie religiose e l' urna delle reliquie portata in processione per i chiostri. Nel 1957 dopo la vendita ai Missionari Saveriani le reliquie furono traslate nel Seminario Nuovo di via Bollani e poi definitivamente accompagnate nella parrocchiale a lei dedicata al nascente villaggio Prealpino. Nel 2001 per iniziativa del Comune di Brescia viene istituita nel quartiere del Museo Civico la Sagra di Santa Giulia animata con molte iniziative folkloristiche, musiche antiche, rappresentazioni alla maniera longobarda, bancarelle nel segno della rinascita culturale e popolare del nuovo centro di via Musei.

Assai conosciuti dal clero bresciano erano la devozione e lo zelo dI mons. Capretti per il Sacro Cuore, lontani però da ogni polemica antigiansenista. "Un momento di particolare partecipazione in S. Cristo fu al festa del S. Cuore dell'1 giugno 1883, nella quale venne inaugurata la statua del Sacro Cuore, posta nell'omonima cappella della chiesa…".

Il 1 dicembre 1886 p. Piamarta celebrava in questa cappella (allora del S. Cuore - ora di Gesù' Bambino) la S. Messa con la partecipazione dei primi quattro Artigianelli professi. L' 1 febbraio 1887, su ingiunzione del vescovo, rinunciò alla parrocchia per dedicarsi al nascente istituto"( vedi Mario Trebeschi, Pietro Capretti e il suo tempo). Si allude qui alla nascita del vicino Istituto Artigianelli, che in S. Cristo trova le sue radici spirituali, come risultato dei lunghi e intimi rapporti tra due sacerdoti sensibili ai problemi dei poveri, seminaristi e operai.

Del 18 gennaio 1879 è il completamento dell'organo sulla cantoria la cui costruzione era stata affidata a Giovanni Tonoli . Sembra fosse preceduto da un Antegnati. L'attuale risale al 1888 ed è della ditta Inzoli di Crema. Costituito di oltre mille canne, porta il numero di serie 82, precedendo di stretta misura quello più grande della cattedrale di Cremona di oltre tremila canne. Gli eredi della rinomata firma hanno già provveduto alla ripulitura e il restauro dello strumento grazie anche alla generosità di una benefattrice (giovedì 9 luglio 1999).

Nel 1886 nella terza cappella viene inserita una grotta di Lourdes in gesso all' interno dell' altare dalle colonne tortili, affiancata da due modeste tele ottocentesche che raffigurano la veggente e la basilica sul Gave. Si è voluto ricordare le apparizioni recenti del 1858 di vasta risonanza, ma soprattutto creare un luogo di preghiera dove i giovani seminaristi possono rafforzarsi nella devozione mariana: questa cappella diventerà presto assai frequentata, luogo di grande pietà, momento di consacrazione alla Madonna. Nella sistemazione vengono rispettati gli affreschi della volta con la Crocifissione, Gesù deriso e Gesù schiaffeggiato retaggio della primitiva dedica   alla Passione.

Nel 1889 in seguito alle accuse di negligenze per l'epidemia di tifo dell'anno prima vengono eseguite nuove opere, come la costruzione della camerata di S. Carlo e la trasformazione di quella di S. Giovanni in piccole stanze. Si innalza la camerata di S. Luigi, mentre si dà aria a quella di S. Pietro a tramontana, allontanandone i servizi. Tre di queste camerate esistono tuttora e costituiscono il secondo piano. La quarta, che si poneva tra i due chiostri sopra le stanze dei superiori, chiamata scherzosamente dormitorio "ballerino", è stata abbattuta per evidente motivo.

La nobile figura di mons. Pietro Capretti rimane per sempre legata al S. Cristo: muore il 18 gennaio 1890. La salma dopo un intervallo al Vantiniano riposa dal 1934 tra il secondo e il terzo arco, vicino alle cappelle della Vergine di Lourdes e del S. Cuore, sempre amate testimoni dei tanti momenti passati in lunga e amorosa preghiera. Un monumento lo rappresenta nel candido busto al centro di un tempietto in fiorito stile neogotico di marmo bianco e grigio, opera di Francesco Pezzoli su disegno di Carlo Melchiotti originario di Pompiano del 1891, datato ANNO. MDCCCIXC. III. NON. MART.


   IL NOVECENTO. L'originario portone d' ingresso della chiesa era in legno, come da bozzetto a matita di Antonio Tagliaferri. Nel 1904 gli eredi di mons. Capretti hanno provveduto al pagamento del cancello in ferro all'ingresso dal disegno quattrocentesco in sintonia con gli stipiti a bassorilievo del portale: esso è costituito di elementi trilobati attorno a un Kantaros da cui escono pampini dove al centro compare l' Orifiamma con la croce (vedi Terraroli).

Il Seminario Minore continuò l'opera di restauro nel 1930 con l'intervento di Trainini Vittorio, aiutato dal nipote sedicenne Giuseppe: le decorazioni tanto ammirate del Tagliaferri vengono definite "brutte riquadrature ottocentesche". Pertanto vengono descialbati completamente l'abside, il presbiterio e l'arco trionfale fino alla prima campata. L'operazione permetteva di mostrare il Giudizio Universale con le figura di Cristo fino ai primi due apostoli, Pietro e Andrea. Il noto pittore, chiamato anche l'ultimo degli affreschisti bresciani, non ha soltanto riscoperto, ma pure rifatto e completato: "Il rev.p. Martinelli ha pregato il mio nipote di completare il grande affresco sulla parete laterale del Sacrificio di Melchisedec…e le due mezze lesene decorative". (Giuseppe Trainini a Ettore Modigliani 27-10-32). In fondo alla lesena di destra il Trainini ha tracciato la sua firma. Scrive mons. Guerrini nel 1931: "...il restauro si è fermato per ora al coro e al presbiterio fino alla prima cappella, ma verrà ripreso quando i mezzi finanziari lo consentiranno, per ridonare a tutta la bella chiesa quattrocentesca l' aspetto primitivo di questa ricchissima ornamentazione ".

Del 1931 è la descrizione del geometra Marchesi:"…riportare in vista la pietra che costituisce lo zoccolo della facciata…l'attuale pavimento in cotto è molto deteriorato…per l'abside sarebbe consigliabile un pavimento in pietra. Gli attuali tumuli con epigrafi verrebbero conservati nella parete del porticato a sera della chiesa". Ciò non è stato fatto malauguratamente, perché le lastre tombali sono ora sul sagrato davanti all' ingresso della chiesa. Il geometra restaura il coro della chiesa e vi aggiunge l' altare in botticino visibile nelle foto d'epoca.

Nel dopo guerra diventa urgente il problema della agibilità dell' edificio: San Cristo è insufficiente, soprattutto fortemente degradato e non più adatto allo scopo, per cui si impone una nuova costruzione. Scartata l' ipotesi del restauro, si pensa di radere il vecchio convento e costruire un nuovo edificio attorno alla chiesa. Nel 1952 il vescovo ausiliare mons. Guglielmo Bosetti a capo di un comitato si fa promotore del nuovo seminario per il quale vengono incaricati l' ing. Antonio Lechi e l' arch. Vittorio Montini per un progetto di ricostruzione in loco, poi subito abbandonato. L' operazione si presentava onerosa e avrebbe fatto lievitare i costi.

Si opta per una costruzione nuova nella zona salubre di Mompiano dove riunire tutti i Seminari dalle medie alla teologia e vendere i vecchi edifici per rifarsi in parte delle spese. E' a questo punto che il corpo insegnante di San Cristo con mons. Gazzoli si oppone alla alienazione, ma prevale la decisione di mons. Almici, vicario episcopale poi vescovo di Alessandria e di don Montini di vendere il vecchio convento di S. Cristo. Il Capitolo della Cattedrale riuscirà comunque a evitare la stessa fine per il Seminario di S. Angelo, ora Centro Pastorale Paolo VI.

Subentrano nel settembre 1957 i Missionari Saveriani che per iniziativa del superiore generale P. Giovanni Castelli hanno comprato il vecchio complesso costituito dai tre chiostri e ortaglia: la chiesa è data in uso perpetuo, conservandone il Seminario la nuda proprietà. I terreni e i campi di gioco situati dietro il convento e confinanti con San Pietro in Oliveto non sono compresi nel contratto di vendita e pertanto restano del seminario. Dati in uso dapprima all' oratorio della parrocchia di Santa Agata, sono stati poi alienati e ora sono occupati da case private.

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