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SULL’ECONOMIA OCCIDENTALE E QUELLA ISLAMICA

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Durante la sua visita in America latina, spesso papa Francesco è tornato a criticare l’economia che uccide, un’economia cioè, che se da una parte accresce la ricchezza (per alcuni o anche molti nella migliore delle ipotesi) dall’altra “scarta” e colpisce una buona parte della popolazione. Il principio fondamentale di questa economia è la massima libertà di azione dei soggetti dell’economia e cioè, in pratica, la trattativa tra venditore e compratore, applicata in tutti i settori della vita economica e il criterio del massimo profitto.

Ciò che il papa chiede è che questo principio di libertà deve essere controllato e guidato (sia a livello nazionale che internazionale) in modo tale che non mortifichi i soggetti più deboli ma anzi li salvaguardi e permetta loro di crescere.

Si creerebbe così un’economia più “umana”.

La critica al sistema occidentale, “capitalista”, è comune anche al mondo islamico che offre come alternativa una “economia della Sharia” ossia secondo i principi islamici. Uno dei punti forti di quest’economia è il rifiuto della usura, visto in azione nel sistema di prestito del denaro con interessi fissi (come è universale in Occidente). Questo sistema occidentale ha il vantaggio di creare certezza tra gli operatori economici, ma ha il grave difetto di non rispettare la realtà, poiché l’interesse prefissato può essere basso (qualora l’investimento avrà ottimi risultati) o troppo alto (qualora l’investimento non riesce a produrre i vantaggi sperati). Quello occidentale è cioè un criterio aprioristico, irrispettoso del reale svolgimento degli affari. E in questo senso, ingiusto. Questa è la critica che il mondo islamico rivolge al sistema “capitalistico” occidentale.

La proposta islamica invece è di “condividere i frutti dell’investimento”.

Se il prestito ha successo, il suo frutto sarà goduto in maniera proporzionale sia dal creditore sia dal debitore, se invece non ha successo, le conseguenze negative sono sopportate sia dal creditore che dal debitore. Non potrà accadere in questo sistema che un debitore debba restituire la somma con gli interessi prefissati, se l’investimento non è riuscito a produrre quella ricchezza aggiunta che si sperava dall’investimento. Dove va a prendere quei soldi, che non aveva prima del prestito e chiaramente non ha neanche dopo? Deve rubare? O morire di fame? Questo: il prefissare la percentuale di interessi al momento del prestito, il mondo islamico lo chiama “usura” (non solo quindi gli interessi spropositati imposti alle persone sotto urgente necessità di denaro, come avviene spesso nelle società occidentali). E ogni tipo di usura viene proibito.

E così, le banche islamiche ricevono ovviamente prestiti dalla gente, ma non prefissano gli interessi di questi prestiti. Questi interessi saranno stabiliti e divisi a suo tempo, al compimento dei progetti realizzati, secondo il successo degli investimenti stessi. Il cliente così è coinvolto nel tipo di investimento da realizzare e, non saprei dire in quale modo, nel cercarne il successo. Un sistema di vera “democrazia economica”.

Nel sistema islamico, non esiste la figura del puro “investitore” e non è quindi possibile fare soldi automaticamente solo imprestandoli.

Ora questo sistema sembra più ragionevole e umano del sistema occidentale (che in parte pure lo usa, per esempio nelle cooperative, ma non lo usa nel campo generale del mercato). Perché non può essere applicato in Occidente, mentre viene applicato abitualmente nel “sistema bancario della Sharia”? Le sue conseguenze sarebbero enormi, come appare ora nelle discussioni sui debiti sovrani di vari Stati, specie in Europa.

La “Sharia” (la Legge Islamica) ha un cattivo nome in Occidente, ma in questo caso essa presenta qualcosa di più razionale e umano dell’attuale prassi occidentale. La sua non applicazione non è dovuta alle “leggi ferree del mercato”, come se esse fossero ineluttabili, ma alla mancanza di volontà politica dei soggetti politici che dovrebbero regolare il mercato, come suggerisce papa Francesco.

  • FRANCESCO MARINI - Giacarta, 14 luglio 2015.


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