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Passano nei taxi e addobbano i due cavalcavia di Niamey. Sono incollati con mezzi di fortuna a traballanti muri di sostegno. I colori della campagna elettorale si confondono coi cortei che allegrano la città. I volti incorniciati della quindicina di candidati presidenziali si abbinano  agli slogan confezionati per l’occasione. Uno dei candidati fa la campagna virtuale perché imprigionato a duecento kilometri dalla capitale. I militanti del suo partito dicono che dalla prigione passerà, libero, al palazzo presidenziale. Il colore azzurro trasfigura il suo volto, ringiovanito dalla dieta di cui il Sahel ha un’unica e ricca esperienza. I foulard e le bandierine tascabili sono attaccate alle carriole che trasportano inutili promesse. Persino nei villaggi le magliette e i soldi vanno a ruba. Le auto dei candidati alle legislative si insabbiano come i partiti di governo.

Ai crocevia i semafori sono politicizzati.Cambiano di colore secondo i candidati che passano.Funzionano quanto basta e quasi mai al tempo opportuno. Assistono impotenti a campagne elettorali che somigliano a campagne militari. Quando torna il presidente si ferma l’altra parte della città. Passano le moto, le sirene, i vigili del fuoco, la scorta, i blindati, i militari antisommossa coi passamontagna, le mitragliatrici pesanti e, infine, il presidente. Fa campagna e si protegge a spese dello stato che di lui porta i colori. Il treno è stato avviato e forse un giorno funzionerà. Si inaugurano rotonde, si tracciano strade e si ricordano i martiri della marcia degli studenti di qualche anno fa. Attorno alla piazza fanno girotondo le signore che sfilano con gli abiti del candidato fino alle elezioni. I migliori non sempre vincono.

La campagna è stata colorata da arresti arbitrari. Cantare contro il potere è giudicato sovversivo. Il Consiglio Islamico lancia un appello accorato per elezioni pacifiche. I partiti creano,inventano,  fanno e disfanno alleanze in combutta con la polvere che rivendica la vittoria della competizione. Lei deve sorridere delle umane vicende e delle stolte promesse di cambiamento. Vince lei, sovrana, implacabile e costante nelle stagioni, ahimé cangianti del clima saheliano. Spira, si adagia, soffia, inganna e mantiene con fedeltà  ciò che promette. La polvere colorata di Niamey è quanto di più democratico ci sia nel Niger del rinascimento annunciato dalla settima repubblica. Gli altri tre ‘N’, ossia che i nigerini dovrebbero nutrire i nigerini sono in rottamazione presso il PAM. Che si ostina a stilare programmi per l’alimentazione mondiale delle carestie.

I colori dei franchi per l’Africa Occidentale sono gli stessi delle elezioni.I verdi sono da cinquemila, gli azzurri da duemila, arancione da mille, gialli da cinquecento e grigi con disegni tradizionali quelli da diecimila. La politica reale si avvale di questi colori per con-vincere gli elettori che sanno come vanno le cose nel paese. I progetti naufragano tra i comizi televisivi e i raduni da palazzetto dello sport. Si mercanteggiano i votanti che rassomigliano a fotocopie del passato.Assenti i giovani, attraenti le donne, specie se velate, e utili i bambini per confortare il numero dei mendicanti. Anche il fiume Niger ha visto le sue. Scorre dalla stessa parte e attraversa paesi e confini.Appare come il politico più consapevole del suo ruolo. Perennemente colorato di marrone vede sfilare le auto, le moto, i dromedari , biciclette e asini con legna e fieno.

Ci sarà luce per tutti, acqua potabile nelle case, pozzi in ogni villaggio, scuole in muratura,  insegnanti  militanti, energia rinnovabile, uranio esaurito e petrolio senza cinesi, due pasti al giorno, un bicchier di vino o del tè a scelta per i migranti alla frontiera, una bandiera arcobaleno al capofamiglia e fiori alle signore.Il colore del partito del presidente, senza sorpresa, è il rosa.

MAURO ARMANINO.

Niamey, febbraio 2016.



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