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SFIDE PER UNA CHIESA CHE CAMBIA

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Uno degli tratti più importanti del Perù è il senso religioso, tanto che uno dei principali pensatori peruviani, José Carlos Mariàtegui, gli dedicò uno dei suoi saggi, chiamandolo "il fattore religioso". Esso assume nuove forme nell'epoca della globalizzazione, formando un vero e proprio mondo, e incide, direttamente o indirettamente negli eventi, non nella forma immediata con cui molte volte se ne interpreta la presenza (dichiarazioni di qualche personalità, manifestazioni religiose pubbliche), ma col suo contributo specifico alla fase storica che attraversiamo, quella della transizione a un'autentica democrazia, dopo secoli in cui ci sono state più dittature militari che governi democratici.

 Anche il turista o il semplice visitatore si accorge della forte religiosità del nostro popolo. Il “cattolicesimo popolare”, così chiamato da M. Marzal, spicca per il suo lungo consolidamento, accompagnato da altre manifestazioni non sempre cattoliche, ma che assumono vesti simili a tale cattolicesimo, e magari se ne sono scisse per divenire protestanti. Questo si deve aI fatto che, come segnala Mariàtegui, l’uomo è legato al suo clima e vive in conformità al proprio ambiente geografico.

E quello peruviano consiste nella sua diversità e molteplicità di piccoli mondi.

Perciò elemento comune in Perù è la sua eterogeneità e l’esistenza di forme religiose concordi sul fatto che tutti devono essere diversi. Perciò il paese è abbastanza lontano, per la configurazione che gli è tipica, dalla modernità. In effetti, è sempre stato difficile da “modernizzare”, non solo per il carattere poco moderno e retrogrado dei suoi trasformatori (che molte volte lo furono in eccesso), ma per la realtà imperiosa di una geografia sostanzialmente “antimoderna”, indomabile dai riduzionismi standardizzanti: una realtà piena di fratture, deforme, di altezze abissali e variopinta. L’immensità misteriosa del Perù ha dentro di sé tre degli accidenti geografici più temuti: “Le montagne himalayane, la foresta africana e il deserto del Sahara”, come piaceva dire a F. Belaunde. Il Perù è stato ed è difficile da modernizzare perché è poco omogeneizzabile e problematico tra noi della modernità è il suo spirito dominatore attraverso l’omologazione e l’omogeneizzazione.

Il fattore religioso in Perù segue la stessa strada, ha di comune, soprattutto tra i cattolici, una specie di geografia che esercita una pressione costante. Uno getta lo sguardo verso un colle e sulla punta trova una croce, va su un microbus che passa davanti a una chiesa e la gente si fa il segno della croce, sale in un taxi e trova un rosario sullo specchietto retrovisore, visita qualunque villaggio e la festa è festa patronale in cui i santi sostituiscono antichi culti alla terra con un entusiasmo e un fervore che danno volto a identità fin dal livello locale. Il Perù è una difficile integrazione di luoghi spirituali opposti e in questo non è cambiato o meglio è cambiato approfondendo il proprio senso religioso. Ciò che in altri paesi rappresenta il ritorno del religioso, in Perù è il ritorno di ciò che non se n’era mai andato.

Quindi il fattore religioso legato al mondo quotidiano locale costituisce la sua interpretazione e il suo vissuto dal punto di vista della dimensione trascendente del peruviano, che invece di essere scomparso, ha acquisito l’esperienza per intuire la realtà a partire da lì e restare lo stesso attraverso circostanze differenti.

UNA RELIGIOSITÀ SOLIDA, MA FLESSIBILE

Essa costituisce il modo tipico di vivere il cristianesimo in cui si immerge la maggioranza dei credenti del Perù che provengono dalle campagne. Ciò è importante perché assistiamo, come in tutti gli altri paesi latinoamericani, a una fase post-liberatrice nella vita della chiesa, in cui si registra una certa eclissi dell’impegno sociale e politico come parte dell’esperienza religiosa. A molti la politica appare perfino un ambito estraneo alla fede. Tuttavia Io spazio prima riempito dalla politica è occupato dalla ricerca di un vissuto religioso che aiuti ad approfondire e risolvere problemi d’indole personale. Tale preoccupazione viene oggi prima di ogni altra, col rischio, a volte, di riprendere aspetti rigoristi dell’esperienza religiosa tradizionale.

In molti paesi, infatti, la trasformazione delle comunità ecclesiali di base in comunità di preghiera e spiritualità ha condotto a un certo pentecostalismo o carismatismo, in alcuni casi crescente, come in Brasile, dove già interessa il 25 per cento della popolazione. In Perù si è verificato un processo simile, che però non è ancora un fenomeno di massa, forse a causa del cattolicesimo popolare, che non esclude l’impegno sociale, ma incorpora il fervore del pentecostalismo senza abbandonare il cattolicesimo né tralascia la linea liberatrice incorporata, per esempio, nei santi “sociali” (Martin de Porras e Rosa di Lima).

UNO SPAZIO DA TROVARE IN UN MONDO GLOBALE

L’elemento sociale e politico non è l’unico che costituisce la vita di un paese e meno che mai la motivazione ultima della sua vita religiosa. Tuttavia quanto accade in questo ambito, specie se è in crisi, si ripercuote profondamente in quello religioso, giacché lo stato di dissoluzione della società fa volgere lo sguardo al poco che ancora può essere cambiato o migliorato, cioè i mondi personali, familiari e locali. Inoltre la crisi della politica e la sua difficile ricostruzione si sono tradotti in una speciale emergenza della religione come fonte, almeno simbolica, di un ordine che non si raggiunge ancora sul piano macrosociale. Tale ricerca si rivolge ai fondamenti dell’esistenza, per cui nascono interrogativi su come si deve vivere in un mondo tanto complesso e difficile, soprattutto davanti all’inesistenza del lavoro, al rilassamento delle relazioni e dei costumi, alle fondamenta della fiducia sociale, all’organizzazione della vita col contesto. Le località e i mondi familiari e personali diventano oggi laboratori anticipatori della dignità umana con cui si vuoi vivere nella società futura.

La fede, allora, è posta a dura prova perché la vita della gente, specie dei poveri, esige nuovi modi di vivere. Credere in Cristo con fedeltà non implica necessariamente la stessa religiosità di prima perché a volte essa insiste sull’autocolpevolizzazione per i mali sofferti, mentre questi vengono da un nuovo sistema di vita frutto in gran parte della tecnologia creata dall’essere umano che porta all’incertezza sul futuro chi non è alla sua altezza. E qui si ritrova la maggior parte della gente semplice, senza formazione e risorse per accedere al sistema.

La sfida consiste nel trovare nella tradizione religiosa cristiana quegli elementi che permettano di vivere in pienezza e umanità i tempi insicuri di oggi. Se non si elaborano ritornano la paura e la superstizione, la ricerca dell’esorcismo, il timore delle possessioni demoniache e ansie simili provenienti da una grande insicurezza sostenuta da una tradizione religiosa estemporanea.

Ovunque si vive una certa caduta in questo pericolo, ma anche la religiosità come un grande spazio per cercare e pensare nuovi stili di vita; ed è noto Io sviluppo di tentativi di studio e conoscenza che già all’epoca dell’evangelizzazione liberatrice ebbero importanza e ora vengono attualizzati nella ricerca di risposte a nuove domande. Si vuole sapere che dice la chiesa su diversi punti controversi. Molti restano non chiari e c’è il desiderio di andare oltre risposte facili e stereotipate.

Insieme alla paura si è fatta largo la riflessività e qualsiasi risposta semplice non è accettata, specie in un paese in cui l’aspettativa educativa è stata sempre la più elevata dell’America latina. Il cristiano peruviano medio non sa, ma vuole sapere. Non ha il più alto indice di istruzione, ma il massimo desiderio di imparare. Alle persone non bastano risposte, devono sentirsele motivare con chiarezza, altrimenti non si convincono e, pur non perdendo la fede, fanno quel che pare loro meglio.

LA CHIESA DAVANTI ALLA RICERCA DI UNA NUOVA DEMOCRAZIA

Da una parte, alcuni settori scommettono sulla democrazia, senza però preoccuparsi poi che essa sia solidamente fondata su valori essenziali. Davanti al pericolo di una “democrazia senza valori”, come avvenuto in certi paesi europei, altri settori riducono il proprio interesse per la costruzione della democrazia e favoriscono posizioni rigide e lontane da essa. In mezzo si colloca un vasto settore democratico che persegue con chiarezza la vigenza dei valori nella nostra società, come nel caso del gruppo di cristiani che si muovono attorno alla “Commissione della verità”.

Una certa immagine di ambiguità si manifesta però in pubblico quando le dichiarazioni di alcuni con solida autorità morale sono smentite da altri che ricorrono alla propria autorità legale. Alcuni cristiani che sviluppano con libertà le proprie forme di preghiera e riflessione sono schiacciati da altri che con organizzazioni molto disciplinate e forti screditano il loro cristianesimo di ricerca e li invitano con insistenza a pratiche non previste nel legame fondamentale del battesimo e dell’appartenenza libera alla chiesa. La vita del cristiano comune sembra oggi meno qualificata di quella di alcuni più ferramente organizzati. E ciò crea sconcerto.

Nell’attuale momento storico questo costituisce un vero problema per la religiosità che per secoli è andata discernendo e integrando creativamente. La maggioranza della gente, di fronte all’emergere di gruppi disciplinati e forti, si ripiega timorosa, si rifugia negli aspetti più tradizionali della propria religiosità o emigra verso le sette. Il grosso, in verità, sta a guardare. Anche questa attesa è problematica perché una certa polarizzazione a volte è nota e nel mezzo della ricerca democratica del popolo cristiano peruviano continuano dichiarazioni, stili e decisioni troppo rigide che intaccano la vita quotidiana di comunità, centri, gruppi di gente comune.

Se tutti i settori della chiesa capissero che siamo davanti a una nuova sfida e le soluzioni finora adottate, coi loro punti di vista e le loro teologie, non sono più sufficienti per rispondere alle domande e alle ricerche di oggi, si potrebbe costruire in modo multiforme il reinserimento della chiesa nel Perù che desidera una solida democrazia nuova.

Lo spirito di dialogo pare farsi strada lentamente nella chiesa peruviana di oggi, dopo il discredito in cui sono cadute forme ambigue e a volte utilitaristiche di appoggio sociale che poco hanno fatto per i poveri o rigidità che per la loro identificazione con le esperienze più dittatoriali apparivano chiaramente distanti dal Vangelo. Si inizia a prestare attenzione a un popolo semplice che ha bisogno urgente di risposte profonde e testimonianze che rendano trasparente la verità.

I fedeli peruviani sono molto sensibili alla coerenza e alla testimonianza di amore e verità da parte della chiesa. Quando si cade nell’ambiguità o si commettono gravi errori, il popolo cristiano attende una profonda correzione. Non smette mai di rispettare sinceramente le sue legittime autorità, ma toglie il proprio assenso interiore e ciò si manifesta in una certa passività.

Poiché questo avviene in un processo di riflessione comunitaria nel pieno della crisi globale in atto, con pazienza e fermezza il popolo semplice che capisce, ma non dà il proprio assenso, favorisce tacitamente la creazione di vie di uscita i cui frutti si notano solo a lungo termine. In questo cammino la fedeltà credente non vacilla.

Perciò possiamo dire che il Perù continua a essere un laboratorio privilegiato di religione e alcune sorprese, semplici, ma profonde e fondamentali, sono in gestazione. E normale che ciò avvenga mediante una sintesi tra gli elementi polari che permetta di limare gli aspetti meno positivi di ciascun polo. Tale sintesi è quella che dovrebbe arrivare e sarebbe per la chiesa peruviana quanto di più salutare ci sia.



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