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Purché la transizione egiziana non duri quarant’anni

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Leggendo il libro dell’Esodo, scopriamo che il popolo eletto, una volta che il faraone gli concesse di partire, si sottrasse rapidamente al suo potere. Gli ci vollero comunque quarant’anni per raggiungere la Terra Promessa. Questa lezione dalle Scritture può forse servire come memento ai rivoluzionari egiziani del 25 gennaio che mostrano segni d’impazienza.

Al movimento rivoluzionario è bastato un breve lasso di tempo, fino all’11 febbraio, per cacciare il presidente Hosni Mubarak, che era rimasto al potere per quasi trent’anni. Il sentimento di unità tra il popolo e l’esercito, intervenuto per mantenere l’ordine nel paese, ha svolto un ruolo determinante. Ma la vera rivoluzione, in particolare la riforma della Costituzione, la modifica delle norme che regolano la vita politica al fine di garantire una maggiore libertà e l’eliminazione della corruzione, richiederà molto più tempo. Il Consiglio supremo delle forze armate sta esaminando, con l’aiuto del governo, le richieste avanzate dai giovani rivoluzionari.

Per il 19 marzo è stato annunciato un referendum. Tutti coloro che hanno compiuto 18 anni potranno votare alcune modifiche della Costituzione riguardanti le norme sull’elezione, sul mandato e sui poteri del presidente. In passato c’è stato un vasto astensionismo tra gli elettori, molti infatti erano convinti che i risultati fossero decisi in anticipo. Ci si augura che il nuovo senso di unità nazionale e di responsabilità per il paese contribuisca a una vasta partecipazione al voto.

Come è stato sottolineato, la rivoluzione ha avvicinato musulmani e cristiani.

Hanno occupato piazza Tahrir insieme, sventolato la bandiera egiziana insieme, urlato gli stessi slogan e mischiato il sangue versato per la causa. Per tutte le vittime, o “martiri” come vengono chiamati, è stata celebrata una Messa speciale nella cattedrale copta cattolica del Cairo a cui sono stati invitati anche i musulmani. Alcuni fatti recenti, però, sembrano andare in senso contrario a questo spirito di unità che oltrepassa i confini religiosi. L’incendio di una Chiesa copta in un villaggio del governatorato di Helouan, a sud del Cairo, e la violenza che ne è seguita in diverse zone della capitale, sono segnali preoccupanti.

È necessario fare chiarezza sulle cause degli ultimi episodi di violenza.

Una relazione sentimentale tra un musulmano e una cristiana ha portato all’uccisione di musulmani da parte di membri della loro stessa famiglia, ma la colpa è stata attribuita ai cristiani, finendo nell’incendio della chiesa e di altri edifici. I copti del villaggio e altrove hanno fatto dimostrazioni di protesta, ma è circolata la voce che essi intendevano incendiare una moschea, il che ha causato una nuova violenta reazione. È importante sottolineare che l’esercito ha promesso di ricostruire la chiesa e che l’incendio della chiesa stessa è stato nettamente condannato dallo Sheikh al-Azhar (suprema autorità dell’Università islamica al-Azhar – n.d.r.) come totalmente contrario all’islam. Egli ha inoltre messo in guardia la popolazione dal compiere azioni in seguito al sentito dire.

C’è da augurarsi che questi ultimi episodi di violenza non distruggano il sentimento di unità nazionale e il desiderio di collaborare alla costruzione del nuovo Egitto.

Tutto ciò si è verificato durante la Quaresima, osservata da tutte le differenti Chiese. In quella di rito latino, il Vangelo letto nel mercoledì delle Ceneri ha chiamato alla preghiera, al digiuno e alla generosità con l’elemosina. C’è certamente un grande bisogno di pregare Dio perché guidi tutti gli egiziani nel loro cammino verso una maggiore giustizia, libertà, rispetto e dignità. Il digiuno è una forma di sacrificio personale che simboleggia la volontà di combattere l’egoismo in tutte le sue forme, compreso ogni tipo di corruzione. Il fare l’elemosina dimostra un senso di solidarietà e un desiderio di superare la distanza tra i ricchi e i poveri e di consentire a ogni cittadino di vivere con dignità.

Speriamo e preghiamo perché gli egiziani non ci mettano quarant’anni per raggiungere questo risultato.

Il Cairo, 10 marzo 2011.



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