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Quando Albert Einstein giunse negli Stati Uniti, dovette compilare un formulario per l’immigrazione. Alla voce “razza”, scrisse “umana”. Questa lezione di civiltà è passata alla storia, ma, come spesso accade, la vicenda dei profughi provenienti dalla Tunisia dimostra che l’assunto secondo cui “la storia è maestra di vita” è uno dei più falsi. Purtroppo.

Come considerare altrimenti le condizioni in cui si trovano i disperati che attraversano il Canale di Sicilia su imbarcazioni tali solo di nome per finire nella trappola di Lampedusa?

Qui si tratta di dis-umanità: ogni altra considerazione a parte, il trattamento dei profughi provenienti dalla Tunisia mette a nudo l’anima di un paese, l’Italia (con il misto di impreparazione e cinismo con cui il governo si è mosso), che sembra perdersi nell’egoismo, nell’indifferenza, nella “chiusura” all’altro. Nulla più delle vittime scomparse in mare o sfracellate sugli scogli dell’isola mostra l’abisso che separa la necessità di sopravvivenza di chi vive in paesi poveri, governati da dittature o piagati da guerre, e la capacità di farvi fronte dei paesi più ricchi, che giustamente si vantano della loro democrazia e del loro rispetto dei diritti umani.

Certo, l’accoglienza di profughi non riguarda solo l’Italia, altri Stati e organismi hanno responsabilità in questo (la Francia, Malta, l’Ue), ma il punto resta: che paese siamo diventati? Tra i tanti aggettivi possibili, direi un paese “miope”.

Sì, perché come considerare altrimenti un comportamento che, a volersi limitare agli interessi nazionali e alla politica estera, sembra essere un concentrato di ottusità?

La “primavera araba” che da alcuni mesi scuote il Nord Africa e il Medio Oriente, cancellando le nostre convinzioni che questi fossero paesi “immobili” e cementati nel Medio Evo, testimonia l’universale aspirazione dei popoli alla libertà, “ch’è sì cara, come sa chi per lei vita rifiuta”. Un’aspirazione che ha i suoi valori, i suoi modi, i suoi tempi, la sua cultura, che vanno rispettati, ma che è una sorpresa solo per chi si nutre di pregiudizio e di senso di superiorità. È ovvio che il percorso di questa “primavera” non sarà lineare, che la cricca di cleptocrati che li governa non cederà facilmente, che non c’è una via tracciata da seguire, anche per la mancanza di libertà che ha impedito qualsiasi dibattito e la formazione di partiti politici. Non è forse vero che chi è giovane, chi aspira a una vita migliore, chi ha un progetto, chi ha voglia di riscatto sociale, personale o economico, chi è stato perseguitato, torturato o incarcerato, quando un regime sanguinario e dittatoriale crolla, coglie la prima occasione per fuggire?

È già successo, in misura ben maggiore, vent’anni fa, con il crollo del Muro di Berlino e il collasso dei paesi socialisti, succede di nuovo ora con la fine dei regimi nordafricani e mediorientali. Non c’è nulla di strano in questo. Quanta retorica è stata spesa sull’Italia “ponte” tra Europa e Africa? Ecco questa è un’occasione straordinaria per il futuro dell’Italia, per i suoi rapporti con i paesi della sponda sud del Mediterraneo, un buon motivo per aprire gli occhi, o meglio, per allargare le braccia dell’accoglienza e dell’aiuto: se non vogliamo parlare di umanità, se vogliamo limitarci all’aspetto del “quanto ci costa”, sarebbe comunque ben piccola cosa di fronte ai vantaggi di una prospettiva di pacificazione, di sviluppo, di libertà e, non ultimo, di sconfitta del terrorismo di matrice islamica, che dell’opposizione violenta a quei regimi si è finora nutrito.



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